GRSWEEK 28-29 gennaio 2017 – Giulio Regeni: un anno dopo

Bentrovati all’ascolto del Grs Week, l’approfondimento settimanale del Giornale Radio Sociale. In studio Clara Capponi e Anna Ventrella

 

E’ passato un anno dalla morte di Giulio Regeni, il giovane ricercatore universitario rapito, torturato e ucciso al Cairo. Ancora la verità è lontana, dopo mesi di depistaggi da parte del governo egiziano. Ma il dolore e il desiderio di giustizia crescono nel tempo tanto che in tutta Italia il 25 gennaio, giorno della sua scomparsa, sono state realizzate diverse manifestazioni e incontri per ricordarlo e chiede chiarezza sulla sua fine.
La morte di Regeni non parla solo del metodo intimidatorio del potere egiziano, ma anche della debolezza che spesso il governo italiano mostra in queste situazioni.
Accade che nel nostro Paese ci siano ragazzi e ragazze che partono per documentare la violenza dei regimi autoritari e aiutare le popolazioni colpite.
Giulio Regeni non è stato l’unico italiano ad essere stato lasciato solo; è accaduto anche a Giovanni Lo Porto, il cooperante ucciso in Pakistan da un attacco statunitense, per il quale il governo italiano non è riuscito ad avere informazioni e scuse adeguate dall’allora presidente Obama. Sentiamo la scheda di Giuseppe Manzo

 

Un morte dimenticata. Giovanni Lo Porto non è stato ucciso durante un attacco terroristico ma da un drone americano nel rifugio pakistano dove era tenuto in ostaggio. Sono passati due anni da quel 15 gennaio 2015 e il nostro Paese, tranne rare eccezioni, non mantiene viva la memoria del cooperante italiano. Durante il suo sequestro si levò la voce del Forum del Terzo settore. Gli Stati Uniti hanno ricompensato la famiglia con una donazione di oltre un milione di dollari ma Gvc Onlus, Ong con cui Lo Porto aveva lavorato ad Haiti, ha continuato a chiedere “giustizia” e a richiamare “ su questa metodologia offensiva dei droni di cui si sa forse troppo poco e quel poco non riceve la giusta attenzione”.
Per Lo Porto non ci furono funerali di Stato. A due anni di distanza la sua vicenda è stata dimenticata dalle nostre istituzioni e dall’opinione pubblica mentre l’anno scorso fu scoperta una targa alla London Metropolitan University dove aveva studiato. Eppure Giovanni era un cooperante italiano, un uomo di pace in tempo di guerra: una memoria da tenere viva.

 

Forti gli appelli al governo oltre che dalla famiglia, dal mondo politico, dalle associazioni, dalla magistratura affinchè si muova qualcosa, si faccia pressione sulle autorità egiziane, perchè gli assassini vengano scoperti e puniti. Il parere di Lorenzo Declich, autore del libro “Giulio Regeni le verità ignorate”

 

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Negli ultimi mesi grazie al lavoro della prpocura e la pressione dell’opinione e dei mezzi di informazione ci sono dei segnali di collaborazione ma non bastano. Come sottolinea ai nostri microfoni Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International.

 

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