Archivio Andrea Volterrani

Perché non siano solo chiacchiere e distintivo. Sulla comunicazione sociale e dintorni

di Andrea Volterrani


Quando ero all’inizio del mio percorso umano e professionale, Raffaele Palumbio e Enrico Bianda curavano una newsletter giornaliera all’interno della Summer School del Master in Comunicazione e Media dell’Università di Firenze diretto da Giovanni Bechelloni. Ricordo di aver scritto una volta, sotto pseudonimo, un articolo che criticava i comportamenti supponenti e fintamente impegnati di alcuni partecipanti e docenti. Era, allora, accaduto un putiferio sia per conoscere chi si celasse dietro lo pseudonimo sia sul contenuto dell’articolo. Oggi senza celarmi dietro ad uno pseudonimo devo constatare che il “piccolissimo mondo antico” della comunicazione sociale ha bisogno di protagonismi, di supposte competenze e avanguardisti dell’ultima ora. Sono però molto felice che finalmente la comunicazione sociale sia al centro dell’attenzione di così tante persone che, fino a non molto tempo fa, la snobbavano oppure la usavano strumentalmente per altri fini. La speranza è che non sia much ado about nothing. Sono ancora molti i temi che meriterebbero attenzione da parte dei (ancora troppo) pochi studiosi e dei professionisti che con fatica agiscono sul campo. Ne cito soltanto due. Il primo è quello di dare una legittimazione più forte al settore proponendo, ad esempio, di dare un peso anche economico alla progettazione della comunicazione così come avviene in tanti altri settori delle attività umane. Troppo spesso in nome di una supposta capacità diffusa di conoscere la comunicazione (tutti sono bravi a comunicare!, chi pensa e progetta con difficoltà strategie complesse di comunicazione sociale non viene riconosciuto professionalmente). Il secondo tema è come entrare dentro al mainstream operando un ribaltamento di significati e stereotipi. Oltre all’adozione di conoscenze e competenze sullo storytelling molto più avanzate di quelle attuali, si può giocare sul dare senso diverso a quello dato dal mainstream. Un bell’esempio recente pubblicato su repubblica.it è il lavoro di rivisitazione effettuato su uno spot della Coca Cola del 1971 che mette in evidenza le disastrose conseguenze sulla salute delle persone usando alcune caratteristiche del video di allora. Sono tentativi interessanti ma ancora molto isolati di promuovere un modo adulto di fare comunicazione sociale. E per contraddire Al Capone- De Niro, non saranno tutte chiacchiere e distintivo.

Per approfondire:
Lievrouw L. (2011), Alternative and activist new media, Polity Press, London

Spot Coca Cola 1971 https://www.youtube.com/watch?v=1VM2eLhvsSM

Il video rivisitato dal Center for Science in the Public Interest (http://www.cspinet.org/) https://www.youtube.com/watch?v=hSoT-o4w96o

Al Capone/De Niro https://www.youtube.com/watch?v=5PoB9DADFO0

Le nuove diseguaglianze culturali: che fare?

di Andrea Volterrani


Sofferenza. E’ quella che sento perché stiamo dimenticando una parola e il suo contrario: uguaglianza e diseguaglianza. Non possiamo più parlarne per non essere tacciati di avere lo sguardo rivolto verso il passato. Passato? Le diseguaglianze sociali nella nostra società non sono frutto dell’immaginazione, sono reali e conseguono certamente dalla crisi economica profonda, ma anche da processi di cambiamento che hanno modificato e modificheranno la nostra vita quotidiana.
Mi riferisco in particolare alla rivoluzione digitale e alla crescita e complessità delle relazioni reticolari nelle quali siamo immersi, reali e virtuali.
La digitalizzazione ha reso difficile l’accesso ai cosiddetti non nativi digitali creando il digital divide. Il problema è stato affrontato ampiamente sia dal punto di vista teorico sia dal punto di vista delle soluzioni possibili per colmare il divario tecnologico. Una fra queste prevede l’alfabetizzazione informatica e digitale di tutti coloro che non sono nativi digitali senza tenere conto delle differenze sociali e culturali tra le persone. Io credo, invece, che proprio questo ultimo aspetto è quello maggiormente rilevante perché il digital divide riproduce le diseguaglianze sociali e culturali accentuandone le conseguenze sia fra i nativi sia fra i non nativi.
Una persona può aver colmato il digital divide attraverso la socializzazione (i nativi), l’alfabetizzazione o e l’addestramento tecnico, ma non è detto che abbia gli strumenti sociali e culturali per sfruttare a pieno le potenzialità derivanti dalla digitalizzazione. In questo modo si produce individualmente e, successivamente, anche collettivamente un digital cultural divide ben più difficile da colmare con percorsi di semplice alfabetizzazione. Le diverse “riserve” di capitale culturale fra gli individui di cui parlava Bourdieu più di 40 anni fa tornano ad essere ancora più rilevanti rispetto ad allora perché non riusciamo a distinguere il dito (l’accesso e l’uso delle nuove tecnologie) dalla luna (le competenze e le conoscenze culturali possedute dagli individui).
Infatti è fondamentale sottolineare che quella parte di popolazione che accede consapevolmente c con gli strumenti culturali adeguati alle nuove tecnologie di comunicazione sta vivendo una nuova stagione di partecipazione e di produzione culturale innovativa. La sensazione delle infinite possibilità di protagonismo offerte dai nuovi media però deve fare i conti con le scarse competenze culturali e sociali diffuse in ampi strati della popolazione. Si rende indispensabile e urgente un lavoro per colmare il gap culturale, educativo e di competenze diffuso in molti settori della popolazione.
E’ un tema che dovrebbe essere prioritario per il Terzo Settore perché coinvolge ampiamente strategie, azioni e progetti dei loro ambiti di attività prevalenti (sociale, socio-sanitario, educativo, sportivo e culturale) e pone al centro una concezione della comunicazione come cambiamento culturale. Che facciamo allora? Proviamo a colmare questa frattura fra generazioni, classi e gruppi sociali con azioni educative diffuse? Come ci consiglia l’antropologo Appaduraj, proviamo a riappropriarci del nostro futuro attraverso la cultura? Non ho risposte, ma la sofferenza non può continuare ancora.

Per approfondire:
Appaduraj Arjun, Le aspirazioni nutrono la democrazia, Et e al Edizioni
Bentivegna Sara, Diseguaglianze digitali. Le nuove forme di esclusione nella società dell’informazione, Edizioni Laterza
Bourdieu Pierre, La distinzione. Critica sociale del gusto, Il Mulino, Bologna