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Una conquista di civiltà


In Islanda la parità salariale tra uomini e donne è legge, con la previsione di un’ammenda per aziende e uffici pubblici che non dimostrino l’uguaglianza di trattamento. Nel mondo, il gender gap negli stipendi continua ad esistere nonostante, come in Italia, vi siano già norme all’avanguardia.

Bombe made in Italy


Cresce la protesta delle associazioni dopo l’inchiesta del New York Times sulla vendita di armi italiane all’Arabia Saudita. Il servizio di Giovanna Carnevale.

Bombe italiane, morti yemeniti: questo il titolo dell’inchiesta del New York Times che nei giorni scorsi ha denunciato come le bombe dell’aviazione saudita, che hanno provocato più di 10mila vittime, tra cui civili nella guerra nello Yemen, siano state prodotte in Sardegna. Nel 2016, 45 licenze di vendita sono state rilasciate dall’Italia per un totale di oltre 480 milioni di euro. Già mesi fa le associazioni avevano lanciato al nostro governo un appello per interrompere la vendita di armi a Paesi implicati nel conflitto yemenita, dove è proprio l’Arabia Saudita a guidare la coalizione militare. La Camera, tuttavia, aveva votato per il respingimento dell’ipotesi di embargo verso il Paese che, attualmente, non subisce ancora alcuna restrizione internazionale e europea, nonostante la sua presenza stia alimentando nello Yemen una crisi umanitaria di estrema gravità.

L’Onu boccia Trump


Contro la decisione di spostare a Gerusalemme la capitale di Israele si sono schierati 128 Paesi. Ora si riconosca lo stato della Palestina, dice ai nostri microfoni Luisa Morgantini di Assopace che in questi giorni si trova a Gaza. (sonoro)

Emergenza Yemen


A mille giorni dall’inizio della guerra, il Paese è a un passo dalla carestia, a causa del blocco dei principali porti a nord, che impedisce l’ingresso di cibo, carburante e medicine. “Una barbarie priva di decenza e senso di umanità”, dicono le tante ong che invitano la comunità internazionale a farsi avanti.

Penne scomode


Quest’anno sono stati 65 i giornalisti uccisi nel mondo mentre svolgevano il loro mestiere. A rivelarlo è l’ultimo rapporto di Reporter senza frontiere, che registra un leggero calo rispetto ai 79 che hanno perso la vita nel 2016. In aumento, invece, le morti delle giornaliste, passate da 5 a 10 negli ultimi dodici mesi.

Pugno di ferro


Continuano in Turchia gli arresti legati al fallito golpe del 2016. Nell’ultima settimana sono finite in manette 882 persone con accusa di terrorismo, 148 quelle per supposti collegamenti con il PKK curdo. Dall’anno scorso sono stati più di 50mila gli arresti per presunti reati di terrorismo.

Mare agitato


Oggi è la giornata internazionale del migrante, un’occasione per ripensare le politiche di accoglienza. Il servizio di Giovanna Carnevale.

 

Dall’inizio dell’anno, 15mila bambini hanno attraversato il Mediterraneo per raggiungere l’Italia dalla Libia. In 400 hanno perso la vita. Sono alcuni dei numeri pubblicati da Unicef in occasione della giornata internazionale del migrante, il 18 dicembre, proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2000. L’agenzia Reuters, intanto, ha fatto sapere di essere entrata in possesso di un piano che dimostrerebbe l’intenzione dell’Italia di trasferire nelle mani della guardia costiera libica il coordinamento dei salvataggi dei migranti in mare. Questo, nonostante i numerosi attacchi di Tripoli alle ong e alle accuse, rivolte alle autorità libiche, di non rispettare il protocollo di sicurezza durante i salvataggi.

Al bando


Pochi giorni fa, ad Oslo, la consegna ufficiale del nobel per la pace alla Campagna Ican. Un’occasione per rafforzare l’impegno di costruire un mondo senza armi nucleari. Come sottolinea Leo Axthelm-Hoffmann, responsabile della coalizione in Germania. (sonoro)

Siamo umani


A Parigi e in altre città francesi si moltiplicano gli espedienti per impedire ai senza dimora di trovare riparo in strada. È polemica per un getto d’acqua fredda installato all’ingresso di un parcheggio sotterraneo. Per la Fondazione transalpina Abbé Pierre “invece di fare la guerra ai poveri, facciamo la guerra alla povertà”.

Lo stupro come arma di guerra in Birmania


Decine le testimonianze raccolte da Associated Press di donne di etnia che hanno subito violenze metodiche da parte delle autorità militari, rimaste impunite. Le vittime sopravvissute sono riuscite a fuggire in Bangladesh dove, comunque, la minoranza musulmana è poco tollerata.