Mamma Roma, periferia di periferie

di Ivano Maiorella

Né grandiosa in bellezza, né infima in bruttezza. La Roma di mafia capitale torna ad essere metafore di tutte le periferie, miserabile come gli stradoni dei sobborghi sorti disordinatamente dagli anni ’60, quelli del sacco, quelli denunciati dal sociologo Franco Ferrarotti. Roma da capitale – che non è mai stata – a periferia: le proteste disordinate di Tor Sapienza, i rom, l’ex sindaco Alemanno che marcia con un manipolo di italiani contro immigrati e rom. Ma non era stato lui stesso, durante il suo mandato, a stiparli in quel modo?

Il guercio, la banda della Magliana, l’orrore della suburra, la violenza cieca, gli interessi della criminalità organizzata: Roma non ha mai smesso di essere periferia d’Italia. La politica di sinistra si indigna e risfodera, ora, l’orgoglio di una “diversità” che avrebbe dovuto essere regola, dovere. E’ vero: non tutti sono uguali, occorre prendere le distanze dalle tribù scatenate. Ci mancherebbe altro. Di questo passo arriverà a riflettere sul fatto che non c’è niente di moderno nel metodo delle cene elettorali e di partiti ultraleggeri e permeabili ad ogni interesse, elettorale o criminale.

Che c’entra tutto ciò col sociale del quale ci occupiamo? C’entra almeno tre volte.

La prima chiama in causa il metodo della partecipazione, della presenza sul territorio e del controllo collettivo. Le organizzazioni sociali, da quelle storiche alle più piccole e locali, hanno fatto e fanno di quel metodo un fondamento del loro essere. Non si tratta di un astratto ornamento ma di democrazia partecipata. Non di un vecchio arnese, costoso e lento, ma di un modernissimo antidoto all’autoritarismo.

La seconda chiama in causa il “racconto della realtà”, che non dobbiamo mai stancarci di fare. La storia di chi è nato nel fango va fatta in prima persona. Dare voce alle periferie sociali attraverso chi le abita.

La terza ragione per cui il sociale deve tenere ben alta la testa e ragionare su quanto sta avvenendo è che detesta “gli uomini vuoti”, l’indifferenza razzista, la perdita graduale della propria identità. “Mamma Roma”, nel film di Pasolini, c è disposta a tutto pur di vedere il proprio figlio sistemato, per “fare invidia a tutti i pezzenti”. Storia di periferia “accattona” e di rancori bastardi, che non ti fanno vedere niente altro se non te stesso.

Siamo in tempi di inconsistenza politica e il dilagante individualismo rischia di aprire la strada a conformismi autoritari. E’ vero, basta parlare con le persone in strada. Con i ricchi e con i poveracci. Noi conosciamo un antidoto, uno solo: partecipazione e associazionismo democratico. La nuova politica batta un colpo.