Qua la mano


Dario Bolis è un papà di Lecco che ha riunito attorno a sé una decina di adolescenti e contattato tutte le squadre giovanili del territorio, proponendo agli allenatori incontri amichevoli con la sua squadra senza uniforme e senza tecnico. Dopo le perplessità iniziale l’iniziativa sta prendendo piede: i ragazzi si incontrano, giocano, si divertono senza ansie, frustrazioni né esasperazioni.

 

L’unica classifica che conta è quella del divertimento. E non può essere altrimenti, se scegli di scendere in campo senza una uniforme, senza un allenatore e anche senza un nome. Aspettando il fischio d’inizio per fare quello che più ti piace fare, alla faccia di allenatori opprimenti, genitori frustrati e ansie da prestazione ingestibili: tirare calci a un pallone. “Mio figlio ha smesso di giocare perché non reggeva più lo stress dell’ambiente. Il clima dentro e fuori lo spogliatoio gli aveva fatto passare la voglia. Il serbatoio della passione si era esaurito. È bastato aprire gli occhi e fare un po’ di passaparola per rendersi conto che erano tanti i coetanei nelle sue stesse condizioni. Da lì è nata l’idea: mettiamoci insieme e giochiamo. Solo per il piacere di farlo”. Una squadra che fa solo le amichevoli. Ecco l’intuizione di Dario Bolis, 48 anni. La formazione è liquida: cambiano i ragazzi, se ne aggiungono dei nuovi, alcuni hanno altri impegni, non servono tesseramenti e cartellini. I novanta minuti però sono veri, autentici. Si corre, si passa, si lotta comunque per vincere, mettendoci cuore e muscoli. I ragazzi della squadra non squadra sono senza un tecnico in panchina e non hanno genitori urlanti sulle tribune. Ma sanno giocare. Si divertono loro e si divertono gli avversari.