Report Istat, CSVnet, FVP: ecco quanto vale il volontariato in Italia

di Clara Capponi

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giovani volontarie_ParmaNiente di nuovo sotto il sole: fare volontariato fa stare bene; ma quelli che s’impegnano di più per gli altri sono principalmente coloro che vivono in buone condizioni economiche, adulti e con un elevato titolo di studio.

A confermare questa fotografia il report “Attività gratuite a beneficio di altri” realizzato da Istat, CSVnet – Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato –  Fondazione Volontariato e Partecipazione e con il Supporto del Centro di Servizio per il Volontariato del Lazio Spes. La rilevazione è stata condotta nel 2013, nell’ambito dell’indagine multiscopo Istat “Aspetti della vita quotidiana”, che ha ospitato un modulo di approfondimento per implementare il manuale OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) sulla misurazione del valore economico e sociale del lavoro volontario.
Si tratta quindi della prima rilevazione sul lavoro volontario armonizzata agli standard internazionali. Nel report infatti si fa riferimento ad un’accezione ampia di volontariato, non legata solo alla partecipazione ad un’organizzazione del terzo settore, ma anche a comitati, movimenti, gruppi informali e altro.

Ecco i risultati: un italiano su otto fa volontariato; 6,63 sono i milioni di volontari operativi stimati, di cui 4,14 sono attivi in organizzazioni (7,9%) mentre  3milioni (5,8%) si impegnano in modo non organizzato .

A livello geografico il Nord Italia primeggia con un tasso di volontariato del 16%, rispetto al Sud che si ferma ad un tasso dell’8,6%.

Istruzione e condizione sociale influenzano l’impegno: la percentuale dei volontari con un elevato titolo di studio, come la laurea (22,1%), è superiore a quella di chi ha la licenza elementare (6,1%). Il report evidenzia anche il ruolo fondamentale di donne e anziani nelle attività di aiuto non organizzate e quantifica in 19 il monte ore (calcolate su quattro settimane) che in media gli italiani impegnano in volontariato. Coincidono, se quantificate con il criterio del monte ore lavorativo, con circa 875.000 unità occupate a tempo pieno.

Il volontariato sembra inoltre un’attività consolidata nel tempo, quasi una scelta di vita: il 76,9% dei volontari organizzati si dedica alla stessa attività da più di 3 anni, il 37,7% da oltre dieci. Le motivazioni identitarie solidali e valoriali guidano questa scelta: quasi i due terzi (62,1%) dei volontari organizzati fanno volontariato perché “credono nella causa sostenuta dal gruppo”.  La possibilità di stare con gli altri e di conoscere nuove persone (per il 41,6 % ), mettersi alla prova e acquisire competenze utili per il mondo del lavoro (28,1%) sono invece le ragioni che stimolano i giovani fino ai 34 anni e gli studenti a intraprendere un’attività di volontariato.

I commenti

Grazie a questa indagine siamo in grado di meglio conoscere i ‘profili’ di quei milioni di cittadini che ogni giorno spendono gratuitamente il loro tempo per gli altri – afferma Stefano Tabò, presidente di CSVnet – Il fatto che 4 milioni di questi preferiscano impegnarsi in organizzazioni strutturate dimostra come il volontariato sia ormai un fenomeno maturo e radicato in tutto il paese. Una realtà che il sistema dei Centri di Servizio per il Volontariato contribuisce a valorizzare con competenze e professionalità diffuse e capillari. La possibilità di equiparare i dati agli standard internazionali non può che accrescere il valore della ricerca, primo frutto di una intelligente collaborazione con Istat e Fondazione Volontariato e Partecipazione“.

La quantificazione del lavoro volontario in Italia -commenta il presidente della Fondazione Volontariato e Partecipazione Alessandro Bianchiniè una sperimentazione di grande rilievo perché fornisce dei numeri che fanno comprendere più a fondo cosa rappresenti oggi in Italia il volontariato e quali sono i suoi tratti distintivi, senza togliere importanza al valore dell’aspetto umano e relazionale del volontariato stesso. Abbiamo partecipato alla sperimentazione dando il nostro contributo scientifico perché crediamo che possa rappresentare un utile strumento di analisi, approfondimento e discussione per tutti i soggetti che a più livelli operano nell’attività volontaria, dalle reti del volontariato ai decisori pubblici“.

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