Siria, la partita dei diritti umani

 

Bentrovati all’ascolto del Grs Week da Fabio Piccolino ed Elena Fiorani.

L’attacco turco in Siria è un atto di guerra che mira al respingimento del popolo curdo nel nord-est del paese e rappresenta una prova di forza del presidente Erdogan dalle conseguenze molto gravi per tutta l’area. Di mezzo c’è la fragile condizione della Siria, fiaccata da otto lunghi anni di conflitto che hanno distrutto il paese, l’avanzamento dell’Isis, a cui giova il ritiro delle truppe americane, l’autodeterminazione del popolo curdo e dell’esperimento politico del Rojava, la situazione politica internazionale che si trova a fare i conti con le scelte del presidente Trump, la debolezza dell’Unione Europea, la difficile situazione del Medio Oriente. Soprattutto, ci sono le vite delle persone, che un’altra guerra mette ancora più in pericolo.

La tregua firmata nelle scorse ore accende qualche speranza e molte perplessità, come ci spiega Roberto Zichittella, giornalista Di Radio Tre Mondo

Dopo l’attacco turco, alcuni paesi europei hanno deciso di interrompere le forniture di armi ad Ankara. Una scelta che però ha evidenziato ancora una volta le divisioni all’interno dell’Unione. Ascoltiamo ancora Roberto Zichittella.

La nazionale turca che durante le partite di qualificazione per i campionati europei di calcio si esibisce nel saluto militare come sostegno alle politiche di Erdogan in Siria, è un’immagine piuttosto potente del rapporto tra sport e potere e fa tornare indietro nel tempo, a quando gli atleti italiani erano costretti al saluto romano prima degli incontri o delle esibizioni pubbliche.

Il sostegno al regime è arrivato dagli sportivi anche attraverso i social: i post dei calciatori Under e Demiral sono esempi della forza della propaganda nell’epoca dei social. E’ necessario però non può minimizzare l’impatto di certi gesti e al contempo sottolineare il valore sociale che ricopre lo sport. Ascoltiamo Vittorio Di Trapani, segretario nazionale UsigRai

Anche il ministro per lo sport e le politiche giovanili, Vincenzo Spadafora, ha rivolto un appello al presidente Uefa Aleksander Ceferin in cui chiede di valutare se non sia inopportuno mantenere ad Istanbul, la finale della Champions League in programma per il prossimo 30 maggio. «Sappiamo bene che la drammaticità di quanto sta avvenendo in Siria – spiega il ministro – non si risolverà con questo atto ma siamo tutti consapevoli dell’importanza – politica, mediatica, economica, culturale – che riveste uno degli appuntamenti sportivi più importanti a livello mondiale». E ha concluso con un appello: «Mi auguro che il calcio europeo nella sua massima espressione possa, prendere la scelta più coraggiosa e dimostrare, ancora una volta, che lo sport è uno strumento di pace».

Anche dalla società civile giungono appelli allo spostamento di sede della finale, tra cui Amnesty International e Uisp-Unione italiana sportpertutti che in un comunicato stampa chiede che lo sport non rimanga indifferente di fronte a questo nuovo conflitto, lanciando l’hashtag #losportèaltracosa.

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