Calcio è politica


“Storia popolare del calcio tra lotte, sconfitte e rivoluzioni” di Valerio Moggia ci racconta lo sport più amato da una prospettiva nuova per imparare a vederlo davvero per quello che è. Infatti, secondo l’autore ogni singola partita giocata è stata a un certo livello un evento politico, anche gli aspetti più neutrali e tecnici del gioco, come gli stili, hanno un contenuto politico.

Sono tantissimi gli episodi raccontati da Valerio Moggia nel suo libro Storia popolare del calcio. Uno sport di immigrati, esuli e lavoratori (Ultra). «Il calcio nasce come sport d’élite», scrive l’autore nel primo capitolo. Il contesto sono le università dei ricchi britannici, borghesi e imprenditori furono i primi a codificare le regole del nuovo gioco. Ma era anche facile da praticare, non serve quasi niente a parte i piedi e la palla. E così il calcio viene espropriato ai suoi creatori e diventa uno sport popolare e globale. Furono i marinai a diffonderlo in tutto il mondo, i primi club nascono fuori dal Regno Unito nelle città di porto: Le Havre, Huelva, Genova.

Oggi il calcio lo conosciamo come prodotto, merce che si compra e che si vende. La pandemia lo ha trasformato in un’esperienza televisiva in purezza: puoi togliere le persone dagli stadi, puoi svuotare le strade e le curve e tutto sommato i campionati vanno avanti, le classifiche si muovono, si gioca come prima, anche più di prima. È per questo motivo che in questa assurda e indimenticabile stagione di calcio senza gente il libro di Valerio Moggia è una lettura preziosa. È un antidoto all’assuefazione, all’idea che tutto sommato non è male così, il calcio come palinsesto televisivo, con i campi in cui le uniche voci che si sentono sono le urla degli allenatori, il pallone da divano e social. Il calcio non è questa cosa qui, lo sappiamo benissimo, potremmo avere la tentazione di dimenticarlo, però.

Storia popolare del calcio è il racconto di un conflitto che va avanti da oltre 150 anni. I proprietari del pallone (tv, sponsor, presidenti) provano a farne merce da vendere, un prodotto professionalmente ben realizzato da recapitare a dei clienti paganti. Ma la storia che c’è sotto ribolle, si ribella, si sottrae, è una materia viva di personaggi, lotte, conflitti irriducibili, che alla fine sono il motivo per cui il calcio è ancora così interessante. La quantità di storie, nomi, fatti, eventi e partite contenuti in questo libro è esorbitante, attraversa ogni evento storico che abbia avuto una qualche rilevanza dalla metà dell’Ottocento a oggi: guerre mondiali, decolonizzazione, Shoah, lotte operaie, emancipazione femminile, globalizzazione. Ogni singola partita che si sia giocata è stata a un certo livello un evento politico, anche gli aspetti più neutrali e tecnici del gioco, come gli stili, hanno un contenuto politico, perfino il catenaccio. Per «cattivo maestro» Toni Negri era «lotta di classe» e per Antonio Ghirelli, militante socialista e direttore del Corriere dello Sport, era una metafora della Democrazia Cristiana, «attendista e ipocrita»