Palla al centro – La Nazionale maschile palestinese ha fatto il suo ritorno in campo a Bilbao, dove ha incontrato la selezione dei Paesi Baschi. La squadra non giocava in Europa dal 2009. Ad attendere i 26 giocatori un abbraccio collettivo di applausi, coraggio e solidarietà.
Quando sabato 15 novembre la Nazionale maschile palestinese ha fatto il suo ingresso in campo a Bilbao per sfidare la selezione dei Paesi Baschi, i riflettori sono tornati ad accendersi sul genocidio che continua a consumarsi a Gaza. Ad attendere i 26 giocatori convocati dal cittì Ehab Abu Jazar non sono stati il fragore delle esplosioni né il silenzio della devastazione, ma un abbraccio collettivo di applausi, coraggio e solidarietà: sugli spalti del San Mamés si è assistito alla più imponente affluenza di sempre per una gara casalinga della rappresentativa basca.
In appena tre settimane dall’apertura delle vendite, sono stati staccati oltre 50mila biglietti, accendendo l’attesa per una sfida in cui sono scese in campo alcune delle figure più note del calcio basco, come il centrocampista dell’Udinese Oier Zarraga. Per la Palestina si è trattato di un ritorno storico: non disputava un incontro su suolo europeo dal 2009, quando affrontò il Brussels Fc per celebrare i sessant’anni dell’Agenzia Onu per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (Unrwa).
Il 3-0 per i padroni di casa, quindi, non ha scalfito quello che Yasser Hamed, difensore palestinese nato e cresciuto nei Paesi Baschi, ha definito come «uno dei momenti più emozionanti della mia vita». E questo viaggio in Spagna avrà un secondo capitolo: martedì 18 novembre allo Stadio Olimpico Lluís Companys di Barcellona, la Palestina sfiderà la Nazionale della Catalogna, trasformando il proprio passaggio in Europa in un inno alla resistenza e alla memoria.
Dal campo alla mobilitazione globale
Del resto, uno degli obiettivi di questa tournée è ricordare le circa 70mila vittime del massacro che continua a colpire Gaza. Molti di coloro che avrebbero potuto indossare oggi la maglia della selezione palestinese – o che sognavano di farlo un giorno – non ci sono più. Secondo i dati forniti dalla Federcalcio palestinese, a partire dal 7 ottobre di due anni fa, 421 calciatori, tra cui 103 bambini, sono stati uccisi o lasciati morire di fame dall’esercito israeliano nella Striscia.
Un bilancio stimato all’indomani della morte di Suleiman Al-Obeid, soprannominato il “Pelé palestinese”, ucciso il 6 agosto durante un attacco che ha colpito persone in fila per ricevere cibo. Oggi quel bilancio potrebbe essersi ulteriormente aggravato ed è anche per rendere loro omaggio che la Federcalcio basca ha voluto organizzare questa amichevole. Nel caso della gara di Barcellona, invece, pur contando sul pieno sostegno della Federazione catalana, l’idea della partita è nata dalla coalizione “Basta complicità con Israele” (CPCI), un coordinamento di 21 movimenti sociali, collettivi e associazioni impegnati a rompere la complicità delle istituzioni e delle imprese catalane nella violazione dei diritti del popolo palestinese.
La coalizione è la principale piattaforma di mobilitazione della società catalana e tra i suoi successi più significativi figura la campagna che, nel 2023, ha portato alla sospensione del gemellaggio tra le città di Barcellona e Tel Aviv. Insieme alle principali organizzazioni palestinesi per i diritti umani e a un’ampia rete di associazioni europee, la coalizione ha preparato una campagna di mobilitazione globale chiamata Act X Palestine, che include tra i vari eventi anche l’amichevole tra Catalogna e Palestina.
In questa iniziativa c’è anche un po’ d’Italia, grazie al contributo di Arci e Un Ponte Per e al fatto che il presidente della coalizione, Luca Gervasoni, è nato a Saronno da padre bergamasco. Gervasoni, che ha vissuto cinque anni in Palestina collaborando anche con l’ex vicepresidente del Parlamento europeo Luisa Morgantini, ha spiegato che l’opportunità di lanciare la campagna e organizzare l’amichevole ha trovato uno slancio ulteriore con il cessate il fuoco entrato in vigore il 10 ottobre scorso. «Seppur Israele abbia violato ripetutamente l’accordo, ora ci sono più possibilità di inviare aiuti umanitari a Gaza – ha detto – e abbiamo ritenuto che fosse il momento di esercitare maggiore pressione a livello europeo e organizzare grandi eventi capaci di raccogliere contributi dalla gente e destinarli alla Palestina».
Tutti i proventi della partita e della campagna, dunque, saranno indirizzati direttamente a sostenere le necessità del popolo palestinese attraverso tre linee di azione: aiuti umanitari e ricostruzione a Gaza, giustizia e fine dell’impunità, e cultura come forma di resistenza. Il programma completo di Act X Palestine è stato annunciato sabato in occasione dell’evento di lancio. Tutte le attenzioni, però, sono inevitabilmente concentrate sulla partita di martedì, che vedrà la partecipazione di diversi calciatori della massima divisione spagnola, tra cui Marc Bernal del Barcellona e Àlex Moreno del Girona.
Le partite sulle tv palestinesi
«Vogliamo estendere la solidarietà con la Palestina attraverso lo sport più popolare al mondo», ha spiegato Gervasoni, sottolineando l’importanza di farlo allo Stadio Olimpico di Barcellona. L’impianto, meglio noto come Montjuïc, ospitò le Olimpiadi popolari del 1936, evento sportivo antifascista ideato per contrapporsi ai Giochi Olimpici di Berlino organizzati dalla Germania nazista. «Utilizzare lo sport per promuovere pace e solidarietà è tra le cose più significative che abbia mai visto nella mia vita di attivista – ha aggiunto – e vogliamo che l’amichevole tra Catalogna e Palestina si inserisca in questa tradizione».
Il calcio non è visto solo come uno strumento per diffondere pace e solidarietà, ma anche come veicolo per restituire dignità a una popolazione sotto occupazione. «La partita sarà trasmessa anche dalle televisioni palestinesi. Dare ai palestinesi l’opportunità di vedere la propria Nazionale sul campo attualmente utilizzato dal Barcellona rappresenta un messaggio di speranza», ha detto Gervasoni.
Tutto ciò è favorito dal clima politico e sociale che si respira in Spagna. Tra i governi occidentali, quello di Pedro Sánchez è tra i più vicini alla causa palestinese e ha assunto un ruolo da capofila nel riconoscimento dello Stato palestinese all’Onu. A settembre, inoltre, il consiglio dei ministri spagnolo ha approvato un decreto legge che, secondo il governo, dovrebbe consolidare l’embargo totale sulle armi verso Israele. Non è un caso che sempre in Spagna si sia registrata la forma di opposizione più decisa contro un evento sportivo che coinvolgesse atleti o squadre israeliane: attivisti pro-Palestina hanno infatti causato l’annullamento dell’ultima tappa della Vuelta a Madrid interrompendo il passaggio dei ciclisti.
Il giorno dopo Catalogna-Palestina, a Badalona, sono previste proteste volte a impedire lo svolgimento della partita di Champions League di basket tra il Joventut e la squadra israeliana dell’Hapoel Holon. Gervasoni, però, non teme che l’amichevole possa degenerare in violenza. «Le autorità locali non l’hanno considerata una partita ad alto rischio», ha affermato. «A Barcellona, così come in tutta la Catalogna, il supporto al popolo palestinese è ampio e diffuso. Non la vivremo come una normale partita di calcio. Vogliamo che sia un momento di ritrovo familiare per offrire un’immagine di solidarietà per tutta la Palestina».
Progetto Sardinia Dakar: acqua e inclusione per il Senegal
Sardinia Dakar – È l’iniziativa organizzata dalla Federazione Italiana Nuoto, insieme a Progetto AlbatroSS e Aquatic Team Freedom per fornire supporto concreto a persone con disabilità in Senegal e promuovere la cultura dell’acqua, essenziale per prevenire incidenti come gli annegamenti.
A partire dal 20 novembre, un pulmino partirà da Porto Torres, pronto a percorrere oltre 5.000 chilometri fino a Dakar.
Un ponte culturale e sportivo
Il progetto si inserisce in un contesto più ampio di cooperazione internazionale, supportato dal Ministero degli Affari Esteri e in linea con gli obiettivi del Piano Mattei per l’Africa.
La missione non si limita solo alla donazione di beni materiali, ma si propone di costruire un dialogo duraturo tra le comunità italiane e senegalesi. Infatti, il viaggio toccherà diverse tappe nei vari Paesi attraversati, dove la delegazione avrà l’opportunità di incontrare rappresentanti istituzionali e sportivi locali.
Un carico di speranza e opportunità
A bordo del pulmino, troveranno spazio non solo carrozzine dismesse ma ancora funzionanti, ma anche materiale scolastico e attrezzature per il nuoto. Questa azione non è solo un gesto simbolico; rappresenta un vero e proprio messaggio di amicizia e solidarietà tra i popoli. Le donazioni includeranno anche sedie job, utili per facilitare l’ingresso in acqua delle persone con disabilità, e attrezzature destinate a centri di riabilitazione senegalesi.
La sicurezza acquatica come priorità
Uno degli aspetti fondamentali del progetto è la promozione della cultura dell’acqua, essenziale per prevenire incidenti come gli annegamenti, che colpiscono tragicamente circa 200 bambini all’anno in Senegal. Per affrontare questa problematica, il progetto include attività di formazione per formare istruttori di nuoto e bagnini, affinché possano insegnare competenze vitali ai giovani senegalesi.
Un impegno condiviso
Il progetto Sardinia Dakar non è solo un’iniziativa della Federazione Italiana Nuoto, ma coinvolge anche vari enti e istituzioni, tra cui la Regione Autonoma della Sardegna, i Comuni di Alghero, Porto Torres, Sassari e Sennori, e il Comitato Italiano Paralimpico Sardegna. Grazie a questo sostegno, è stato possibile raccogliere un numero significativo di carrozzine e attrezzature necessarie per migliorare la qualità della vita delle persone disabili in Senegal.
Un futuro di speranza e opportunità
Il viaggio verso Dakar non è solo una semplice missione di aiuto, ma una vera e propria celebrazione di valori condivisi. La Federazione Italiana Nuoto, infatti, mira a creare opportunità per i giovani senegalesi, contribuendo alla loro crescita attraverso lo sport. La presenza di atleti e rappresentanti locali, come Luca Dotto e Alessandra Sensini, durante eventi come il Business Forum ICE, sottolinea l’importanza di unire le forze per un obiettivo comune.
Infine, il progetto Sardinia Dakar rappresenta un esempio concreto di come lo sport possa fungere da veicolo per il dialogo interculturale e la cooperazione internazionale. Attraverso questa iniziativa, la Sardegna e il Senegal non solo si avvicinano fisicamente, ma si uniscono anche in un percorso di crescita e sviluppo umano. La speranza è che questo viaggio possa aprire la strada a futuri progetti e collaborazioni, sempre più solidi e significativi.
Muoviti che ti passa: il progetto che offre lezioni sportive gratuite nei parchi di Roma
Muoviti che ti passa – Rendere lo sport davvero accessibile a tutti, trasformandolo da «lusso» a diritto concreto. È l’obiettivo del progetto che a Roma metterà a disposizione lezioni sportive gratuite nei parchi di tutti i municipi della Capitale, con istruttori e allenatori professionisti pagati dal Campidoglio, grazie ad accordi con il Coni e gli enti di promozione sportiva.
Annunciato dall’assessore ai Grandi eventi, sport, turismo e moda Alessandro Onorato durante il primo convegno dell’associazione culturale Viva Roma Sempre, da lui stesso animata. L’iniziativa è stata presentata al Social Hub, davanti a un pubblico variegato e a ospiti d’eccezione come la campionessa paralimpica Bebe Vio, l’ex calciatore Hernanes e un videomessaggio del calciatore della Roma Edoardo Bove.
Rendere lo sport davvero accessibile a tutti, trasformandolo da «lusso» a diritto concreto. È l’obiettivo di «Muoviti che ti passa», il progetto annunciato dall’assessore ai Grandi eventi, sport, turismo e moda Alessandro Onorato durante il primo convegno dell’associazione culturale Viva Roma Sempre, da lui stesso animata. L’iniziativa è stata presentata al Social Hub, davanti a un pubblico variegato e a ospiti d’eccezione come la campionessa paralimpica Bebe Vio, l’ex calciatore Hernanes e un videomessaggio del calciatore della Roma Edoardo Bove.
La proposta
Il progetto prevede lezioni sportive gratuite nei parchi di tutti i municipi della Capitale, con istruttori e allenatori professionisti pagati dal Campidoglio, grazie ad accordi con il Coni e gli enti di promozione sportiva. L’iniziativa punta a dare una risposta concreta alle difficoltà di gran parte della popolazione italiana: secondo l’ultimo rapporto Istat, il 62 per cento degli italiani non pratica attività fisica.
Un tassello che può cambiare la vita
«Lo sport ha un valore fondamentale e tutti, indipendentemente dall’età, devono praticarlo. Però – spiega Onorato – oggi è un lusso, non è un diritto concreto, reale, come dice la Costituzione. Alle tante iniziative che stiamo mettendo in pratica per renderlo davvero a portata di tutti, penso ai voucher sportivi per ragazze e ragazzi; ai nuovi impianti dove si svolgerà sport a prezzi calmierati; ai nuovi playground pubblici che stiamo costruendo, vogliamo aggiungere un altro tassello che può cambiare la vita di tanti romani: la possibilità di praticare sport, gratuitamente, in 5 parchi di ogni municipio di Roma seguiti da istruttori professionisti e preparati che pagherebbe Roma Capitale, tramite accordi con il Coni e con tutti gli enti di promozione sportiva».
La dimensione sociale dell’iniziativa
Onorato ha insistito anche sulla dimensione sociale dell’iniziativa: «Immaginate una persona anziana, ma anche una mamma o un papà che non riescono per motivi di tempo e di soldi a fare sport regolarmente in palestra o in un circolo. Con il progetto “Muoviti che ti passa” possono scegliere un parco vicino casa, senza pagare abbonamenti, e frequentare una lezione all’aria aperta. I benefici sarebbero enormi, sia a livello fisico, sociale che mentale e psicologico. Vogliamo sperimentare questo progetto, sicuri che possa essere una vera rivoluzione».
Il Cio verso lo stop alle atlete transgender nelle gare femminili
Vengo anch’io, no tu no. Il Cio chiude alle atlete transgender nelle gare femminili. Il servizio è di Elena Fiorani.
Si profila una svolta dopo le polemiche sorte durante le Olimpiadi di Parigi 2024. Il Comitato Olimpico Internazionale, infatti, potrebbe introdurre nuove linee guida che vietano la partecipazione delle atlete transgender alle competizioni femminili in tutte le discipline. Il Cio, in una nota, ha precisato che “il gruppo di lavoro sta proseguendo le discussioni su questo argomento e non è stata ancora presa alcuna decisione”. Il tema è stato affrontato anche durante la campagna elettorale della presidente del Cio Kirsty Coventry, che ha dichiarato a gennaio al Telegraph Sport di essere favorevole a un divieto assoluto e, dopo aver conquistato la presidenza a marzo, ha commissionato una revisione che valutasse i vantaggi fisici permanenti dell’essere nati maschi. La decisione finale non è ancora arrivata, ma il percorso sembra ormai tracciato.
Strade insicure per i ciclisti: il Politecnico di Milano mappa le vittime
La mappatura della strage – In Italia quella dei ciclisti è una strage silenziosa. Solo quest’anno sono già 174 le vittime. Il Politecnico di Milano ha realizzato l’Atlante italiano dei morti e dei feriti gravi in bicicletta, la più completa mappatura mai prodotta nel Paese.
Secondo i dati dell’Osservatorio Ciclisti Asaps–Sapidata dal 1° gennaio al 26 ottobre 2025 risultano 192 ciclisti deceduti sulle nostre strade. Sono 174 uomini e 18 donne. Numeri che raccontano la pericolosità di un sistema stradale che continua a considerare la bicicletta un mezzo di trasporto secondario anziché un diritto di mobilità da tutelare.
A fronte di questa realtà non bastano più denunce o appelli. Servono strumenti per capire, prevenire e intervenire. Con questo spirito è stato realizzato l’Atlante italiano dei morti (e dei feriti gravi) in bicicletta, la più completa mappatura dell’incidentalità ciclistica mai realizzata in Italia, a cura del Politecnico di Milano che lo ha da poco presentato.
Frutto di una ricerca condotta dal Competence centre on anti-fragile territories – Craft del Politecnico, l’Atlante analizza e geolocalizza i dati Istat sugli incidenti ciclistici dal 2014 al 2023, offrendo per la prima volta una visione precisa e accessibile comune per comune di dove, come e quando accadono gli incidenti. A guidare il progetto Paolo Bozzuto, docente del Dipartimento di architettura e studi urbani del Politecnico, insieme ai professori Emilio Guastamacchia, Fabio Manfredini e Shidsa Zarei.
«La ricerca è nata quasi come una reazione civile alle continue notizie di incidenti e morti in bicicletta degli ultimi anni», spiega Fabio Manfredini, «con i colleghi ci siamo chiesti se fosse possibile conoscere meglio il fenomeno, capire dove e perché accade e offrire strumenti concreti alle amministrazioni. Perché come Dipartimento di architettura e studi urbani ci occupiamo di costruire quadri conoscitivi utili per orientare le politiche pubbliche».
Women’s Forum di Parigi: lo sport femminile chiede pari visibilità
Il coraggio delle donne. Al Women’s forum di Parigi si è parlato anche di sport, veicolo di emancipazione che però ha ancora sfide significative da affrontare. “Lo sport femminile non riceve l’attenzione di quello maschile, e non c’è motivo per cui debba essere così.
Quest’anno si è svolta la ventesima edizione del Forum delle donne a Parigi. Leader e atlete riuniti a Parigi parlando di empowerment al Women’s forum. Coraggio è la parola dell’edizione 2025 Il coraggio è stato il tema della 20esima edizione del Forum delle donne per l’economia e la società che si è tenuto questa settimana a Parigi. Giovedì e venerdì, leader d’azienda, atleti, attivisti e politici si sono riuniti per discutere di uguaglianza, empowerment e delle persistenti violenze e discriminazioni che colpiscono le donne in tutti i settori della vita. Dal 2005, il Forum offre alle donne una piattaforma indipendente per lo scambio di idee su questioni economiche e sociali. Quest’anno ha evidenziato i progressi compiuti e la strada ancora da percorrere.
Crediti foto: Women’s Forum/ Prodigious
Mauro Berruto porta la pallavolo per la pace in Palestina
Ritorno in campo – Portare la pace in Palestina con un pallone da volley. È la “missione” di Mauro Berruto, ex ct della Nazionale maschile di pallavolo, medaglia di bronzo alle Olimpiadi del 2012, che a fine novembre sarà a Ramallah dove terrà una serie di allenamenti con la nazionale e corsi per allenatori e sportivi.
«Sono sinceramente emozionato e onorato», dice sorridendo l’ex ct azzurro che è pronto a rimettersi in gioco per una causa giusta. «Non entravo in una palestra da dieci anni. Per scelta, forse per rispetto verso una parte di me che aveva chiuso un cerchio perfetto. Ho trascorso venticinque anni ad allenare, ho avuto l’onore di guidare la Nazionale italiana di pallavolo maschile fino al bronzo olimpico di Londra 2012. Non pensavo di poter avere nulla di più. Ora, dieci anni dopo, accadrà di nuovo», spiega Berruto che ha già il biglietto aereo pronto per volare a Ramallah dai pallavolisti palestinesi. «Sarò lì nell’ultima settimana di novembre. Quello è il periodo in cui tornerò ad allenare. Lo farò nel posto più simbolico e fragile che si possa immaginare: la Palestina. Su invito del Comitato Olimpico Palestinese e della Federazione Palestinese di Pallavolo, avrò l’onore di diventare per qualche giorno il Commissario Tecnico della Nazionale Palestinese di pallavolo maschile – spiega Berruto -. Condurrò una serie di allenamenti con la squadra nazionale, corsi di formazione per allenatori e sportivi palestinesi, e parteciperò a incontri istituzionali dedicati allo sviluppo dello sport e alla diplomazia sportiva. Partirò per questo viaggio nel significato più profondo dello sport con Ouidad Bakkali, Laura Boldrini, Sara Ferrari, Valentina Ghio e Andrea Orlando. Insieme, porteremo un messaggio di pace, dialogo e cooperazione, convinti che lo sport possa ancora essere un linguaggio di riconciliazione».
Lega Dilettanti lancia una campagna social per dire basta ai femminicidi
Fare squadra contro la violenza – Due genitori fiorentini che hanno perso la figlia, vittima di femminicidio, incontreranno domani i club della Lega Dilettanti per dare il via alla campagna social su responsabilità e condivisione nella lotta ad ogni forma di violenza.
“Fare squadra contro la violenza” partirà da Sesto Fiorentino, alle porte di Firenze, città dei genitori di Michela, alla biblioteca Ragionieri, martedì 11 novembre alle 17, con il primo incontro con un club della LND, la ASD Rinascita Doccia, in un confronto organizzato in collaborazione con il Comitato Regionale Toscana della LND. Interverranno anche il Comune di Sesto Fiorentino, il Coni Toscana e il Centro Antiviolenza Artemisia.
Il progetto nasce da un’idea della giornalista Gaia Simonetti con il supporto dall’Area Responsabilità Sociale della Lega Dilettanti, che ha lanciato anche una campagna social su frasi legate ad un amore che non è amore.
“E’ geloso perché mi vuole bene”, ed ancora, “è mia e non sarà di nessun altro”: sono alcune delle frasi della campagna sociale contro la violenza, indicate dalla stessa mamma Paola.
“Il calcio deve fare la sua parte nella lotta alla violenza di genere – afferma Luca De Simoni, coordinatore Area Responsabilità Sociale della Lega Dilettanti – ricordando che la violenza non è solo fisica, ma anche psicologica e verbale. Penso alle vessazioni che spesso sentiamo nei cori agli stadi rivolte alle atlete, ma anche alle spettatrici e in uno sport a predominanza maschile dobbiamo farci portatori dei giusti messaggi”.
“Ogni giorno portiamo nelle scuole e nei luoghi dei giovani la storia di nostra figlia – dichiarano Paola e Massimo, genitori di Michela- che a 31 anni aveva la vita davanti e tanti sogni da realizzare. Crediamo che il calcio possa essere un ambasciatore potente di messaggi che valorizzano la vita e il rispetto di essa. Lo dobbiamo a nostra figlia e a tutte le bambine e donne che sono vittime di violenza”.
Ricerca SIMO: una donna su tre si sente discriminata nello sport
Presentata stamattina a Roma la ricerca SIMO – Sport Inclusion Modern Output, in cui sono state raccolte oltre 800 testimonianze di atlete attive ed ex atlete italiane. I dati emersi restituiscono un quadro preciso: nello sport femminile, la disparità non è un’impressione, è un sistema. Infatti il 29% delle atlete si percepisce discriminata.
Lo sport praticato da donne è ancora considerato una “derivazione” di quello maschile e raramente viene messo al centro. Le difficoltà iniziano presto: quasi la metà delle atlete ha avuto problemi a conciliare sport e studio prima dei 16 anni , una delle cause principali di abbandono.
Tra i 15 ei 35 anni, le donne tesserate in ambito agonistico sono solo il 30% e chi resta spesso si scontra con precarietà e disuguaglianze: il 77% delle atlete non ha mai avuto un contratto con la propria società sportiva, pur dedicando allo sport gran parte dell’anno.
Anche le prospettive dopo la carriera restano limitate: il 59% vorrebbe continuare nello sport con ruoli di responsabilità, ma solo il 23% dei tecnici federali è donna, e il 96% dei presidenti federali è uomo. Persino alle Olimpiadi di Parigi 2024, su 449 membri della delegazione italiana solo 71 erano donne, mentre sette delle dodici medaglie d’oro sono state vinte da loro. La disparità economica è altrettanto evidente: l’86% delle atlete percepisce un’ineguaglianza negli investimenti tra uomini e donne, l’82% nelle tabelle premi, l’80% nei montepremi.
La ricerca verrà presentata Roma venerdì 7 novembre, in occasione del corso di formazione per i giornalisti, organizzato da Giulia Giornaliste e Ordine dei giornalisti, dal titolo “Donne, media, sport: genere e informazione sportiva”. L’appuntamento è dalle 9.30 alle 13.30 in via Sommacampagna 19, sede dell’Ordine dei gironalisti. Dopo i saluti di Guido D’Ubaldo , presidente OdG Lazio, interverranno Antonella Bellutti; Andrea Soncin, commissario tecnico della Nazionale Femminile di calcio; Mara Cinquepalmi, giornalista; Tiziano Pesce, presidente Uisp; Mimma Caligaris, vicepresidente vicaria Ussi; Vittorio di Trapani, presidente Fnsi. Modera la giornalista Alessandra Mancuso.
E laddove ci sono stereotipi e disparità, cresce anche il rischio di violenza. Il 44% delle atlete ha subito violenza psicologica, nell’81% dei casi da membri dello staff tecnico e nel 15% da dirigenti. Il 22% ha sofferto di disturbi alimentari, un dato tre volte più alto della media nazionale. Il 4% riporta casi di violenza sessuale. Ma, più spesso, la violenza è invisibile e normalizzata, agita sotto forma di commenti sull’aspetto fisico o di pressioni legate alla performance.
Infatti, il 29% delle atlete si percepisce discriminata, e in questo gruppo le critiche aumentano: il 77% ha subito violenza psicologica, il 63% ha avuto difficoltà nello studio, il 61% vive disagio per il proprio corpo. Eppure, sebbene nel 2021 sia stata introdotta la figura del guardiano, incaricata di ricevere segnalazioni di abusi o discriminazioni, un’atleta su quattro non si rivolgerebbe a questa figura, per timore di ripercussioni o per mancanza di fiducia. Un segnale chiaro: le norme da sole non bastano se non cambiano i contesti e le relazioni di potere.
Un breve atlante di donne e sport: il libro di Mara Cinquepalmi su madri e calcio
Venerdì 7 novembre, alle 17.30 a Roma si tiene la presentazione di Breve atlante delle (altre) madri e dei (nostri) figli, il nuovo libro della giornalista Mara Cinquepalmi. Le protagoniste sono quattro madri, con le loro storie che si muovono sullo sfondo di eventi calcistici significativi per la storia sociale del nostro Paese, come i Mondiali del 1982 o la sfortunata finale del 1994.
Quattro madri, quattro storie che esplorano le fragilità e i segreti delle famiglie. Venerdì 7 novembre 2025, alle ore 17.30, il Circolo Pd Monte Mario di Roma (via Avoli, 6) ospita la presentazione di Breve atlante delle (altre) madri e dei (nostri) figli, il nuovo libro della giornalista Mara Cinquepalmi edito da Scatole Parlanti. Intervengono con l’autrice Marina Artusi, segretaria Pd Monte Mario, e Paola Vaiarello, coordinamento Democratiche Monte Mario.
Breve atlante delle (altre) madri e dei (nostri) figli esplora le fragilità e i segreti delle famiglie, in particolare quelle di donne che, per vari motivi, hanno dovuto rinunciare ai propri figli, costrette ad affidare i loro bambini a terzi, spesso in circostanze drammatiche. Di queste madri la cronaca ci restituisce quasi tutto. Conosciamo le loro storie fin nei minimi dettagli, ma di quello che accade dopo un abbandono restano poche tracce. Tranne quando madri e figli si ritrovano. I protagonisti dei quattro racconti, tutti legati a una madre di nome Agata, si muovono sullo sfondo di eventi calcistici significativi, che riflettono la storia sociale del nostro Paese (i Mondiali del 1982, lo spareggio per lo scudetto Bologna-Inter del 1964, la finale dei Mondiali del 1994, lo scudetto del Cagliari del 1970). Un viaggio emozionante tra passato e presente, tra ricerca e riconciliazione.
“Ci sono storie – spiega l’autrice – che vengono da lontano, te le porti dentro e poi prendono vita, quasi ti chiedono di essere raccontate. Così è stato per questi quattro racconti che affrontano un tema delicato e drammatico. Madri e figli che fanno i conti con le proprie fragilità, con i pregiudizi. La riconciliazione col proprio passato o con la propria storia, se c’è, non è mai facile o scontata. Questa è anche una piccola raccolta di storie sull’essere figli. Lontani, perduti, ritrovati”.
L’autrice
Mara Cinquepalmi (1976), foggiana ma bolognese d’adozione, è giornalista professionista Ha scritto Te lo leggo negli occhi per l’antologia Hanno deciso gli episodi: 20 racconti sul calcio e i suoi luoghi comuni (Pendragon, 2015) e La cura della memoria, pubblicato in Emilia Romagna, La religione della cura (Les Flaneurs, 2022). È autrice dell’e-book Dispari. Storie di sport, media e discriminazioni di genere (Informant, 2016) e dei libri Donne di carta. Il Poligrafico nei documenti dell’Archivio di Stato di Foggia e nei ricordi delle lavoratrici (Il Castello, 2017) e Turista per calcio (e non per caso) (Il Castello, 2020). Ha curato, per l’associazione GiULiA, il libro Donne Media & Sport (2019), poi rieditato dalla Fondazione Murialdi per il giornalismo (2021).
Sinossi dei quattro racconti
La crepa
Estate 1982. Mentre l’Italia impazzisce per Paolo Rossi e la Nazionale di calcio, Marisa e Giovanni scoprono di essere fratello e sorella. Ventisei anni prima, infatti, Agata è stata costretta a dare in adozione il figlio partorendo in un ospedale dedicato ad accogliere le ragazze madri. Complice Lina, una compagna di stanza in ospedale, divenuta negli anni un punto di riferimento per Agata, Marisa e Giovanni si ritrovano nell’estate del 1982 per poi allontanarsi. Sarà il funerale di Agata a riunirli di nuovo vent’anni dopo.
Dormono sulla collina
Inverno 2021, un cimitero crolla all’improvviso. Decine di bare galleggiano in mare. Altre sono trascinate via dalla corrente. Tra queste anche quella di Enrico, che nell’estate del 1994, mentre l’Italia di Roberto Baggio perde ai rigori il Mondiale contro il Brasile, scopre di essere stato abbandonato dalla sua madre naturale, Agata, per questioni economiche. Sette anni dopo, nell’estate 2001, Agata ed Enrico si incontrano per la prima volta. Il tempo, però, non ha mai rimarginato la ferita dell’inganno. Anzi, ha lavorato, invece, come un tarlo. Fino a morirne.
Un altro posto nel mondo
Ciascuno di noi ha il proprio posto nel mondo. Basta solo cercarlo. A volte, però, non è così semplice. E allora occorre salvarsi. Luca lo sa bene. Non ha mai conosciuto i suoi genitori e Agata, sua madre, per inseguire l’amore di un uomo ha scelto di scappare e affidarlo a una famiglia, quando era molto piccolo. Luca ha scelto il calcio per salvarsi. Voleva essere come il suo beniamino Giacomo Bulgarelli, ma ha trovato il suo posto tra i pali.
Agata, invece, ha continuato a cercare il suo posto nel mondo senza successo e dopo ventidue anni ha deciso di tornare. Una domenica di maggio Luca e la sua squadra si giocano la salvezza, Agata si gioca una vita da madre in un incontro che può segnare un nuovo inizio per entrambi.
Millennium bug
Tre tempi come quelli di una fotografia: messa a fuoco, esposizione e scatto. La storia prende spunto dal ritrovamento di una foto. Siamo a fine dicembre 1999, a poche ore dal nuovo Millennio. A trovarla è Fabrizio, un ragazzo che sta riordinando la casa della nonna Agata insieme a sua madre Nina. La foto è quella di un bimbo mai visto prima. Non è un parente, non è un amico. Eppure, qualcosa li lega. Il ritrovamento della foto sarà occasione per Nina per rivelare un segreto di famiglia, una “giornata particolare” vissuta da lei e da suo fratello, Michele, nel giugno 1970, nell’anno del primo scudetto del Cagliari di Gigi Riva.




