Palla prigioniera. I Mondiali di calcio che si svolgeranno in Qatar a partire dal 21 novembre vivranno un’atmosfera molto diversa da quella a cui siamo abituati, e non solo per il periodo dell’anno in cui si giocheranno. L’ultima novità è il divieto di rapporti sessuali tra persone non sposate, che si aggiunge a quello delle relazioni omosessuali e al consumo di bevande alcoliche.
Infatti, il sesso al di fuori del matrimonio e le relazioni omosessuali sono illegali nell’emirato e possono comportare una pena detentiva di sette anni. “Il sesso non è davvero nel menu a meno che tu non venga come marito e moglie. Di certo non ci saranno avventure da una notte a questo torneo”, ha detto una fonte della polizia ad un tabloid britannico. Gli unici rapporti sessuali consentiti saranno quelli tra marito e moglie. “Il Qatar è un paese conservatore e le manifestazioni pubbliche di affetto sono disapprovate, indipendentemente dall’orientamento sessuale”, ha affermato il Comitato Supremo del Qatar in una nota.
Il sesso al di fuori del matrimonio e le relazioni omosessuali sono illegali nell’emirato e possono comportare una pena detentiva di sette anni. A fine maggio, l’emiro del Qatar Sheikh Tamim Bin Hamad Al-Thani, interrogato sull’accoglienza delle persone LGBT durante i Mondiali, ha risposto che “tutti sono i benvenuti a Doha”.
“Non stiamo impedendo a nessuno di venire a Doha con origini diverse, convinzioni diverse, il Qatar è un Paese molto accogliente. Abbiamo milioni di persone che vengono a visitare il nostro paese e la Coppa del Mondo è una grande opportunità per persone provenienti da diverse parti del mondo di venire e sperimentare la nostra cultura”, ha affermato in una conferenza stampa.
All’inizio di aprile, il capo della sicurezza per i Mondiali del 2022, Abdulaziz Abdullah Al Ansari, ha dichiarato all’agenzia di stampa AP: “Se un tifoso sventola la bandiera arcobaleno in uno stadio e la porta via, non sarà perché vogliamo offenderlo, ma per proteggerlo. Prima di esortare il pubblico a esprimere il punto di vista sulla causa LGBT in una società dove questa sarà accolta”.
L’atmosfera sarà quindi tutt’altro che libera. E questo riguarda anche il consumo di bevande alcoliche. “La cultura del bere e delle feste dopo i giochi, che è la norma nella maggior parte dei luoghi, è severamente vietata”, ha detto la stessa fonte della polizia al “Daily Star”. Una sola certezza: questo Mondiale, spostato nel tempo anche per il caldo del Paese, non assomiglierà per niente ai precedenti.
Il rugbista McCarthy rivela la sua omosessualità: il sostegno del team “Leinster”
Liberi dentro e fuori dal campo. Il mediano di mischia Nick McCarthy, che gioca in Irlanda con il Leinster, ha rivelato la sua omosessualità. In un’intervista al sito web del club ha confessato che nascondersi “lo ha colpito così tanto che ha pensato di lasciare il rugby”. Per sostenerlo il blasonato team irlandese ha colorato di arcobaleno il proprio logo sui social.
“La mia esperienza da allora è stata del tutto positiva – giocatore, 27 anni, di nazionalità statunitense – Ho capito che coloro per i quali contiamo vogliono solo che siamo felici. Prima di tutto io stesso avevo bisogno di accettare di essere gay, per poterlo poi affrontare davanti agli altri. Ho grandi amici nel rugby ma non sapevo come l’avrebbero presa”.
McCarthy ha ringraziato gli allenatori Leo Cullen e Stuart Lancaster per il loro “incredibile” supporto. E il blasonato team irlandese colora di arcobaleno il proprio logo sui social. Il suo annuncio segue quello del suo compagno di squadra Jack Dunne, seconda linea, che lo scorso anno aveva rivelato la sua bisessualità.
Joy: parte la campagna estiva di solidarietà di Sport senza frontiere
Un’estate diversa. Parte Joy, la campagna estiva di solidarietà di Sport senza frontiere, che coinvolgerà anche 60 bimbi ucraini. L’iniziativa è già scesa in campo per altre emergenze, dal terremoto di Amatrice al crollo del Ponte Morandi. Uno strumento utile per vivere un’esperienza di amicizia, inclusione, attività sportiva e laboratoriale, oltre che di counselling psicologico.
Andriy e Yulia sono due fratelli di 12 e 9 anni giunti a Roma da Leopoli, Ucraina occidentale, poco dopo lo scoppio della guerra, con la mamma Luba, attualmente incinta. Grazie a una segnalazione arrivano a Sport Senza Frontiere (SSF) che in poco tempo riesce a inserirli in un corso di nuoto e nei week end Joy Nature di Capranica, a maggio. Ora frequentano la scuola in Italia e il corso di nuoto due volte a settimana, hanno già preso il primo brevetto e parteciperanno al Joy Summer Camp di Leonessa. Marc e Kateryna, invece, hanno 11 e 9 anni. In Ucraina, a Marc era stato diagnosticato un disturbo di iperattività da deficit di attenzione e la frequenza regolare ad attività sportive, era di fondamentale importanza per il suo sviluppo. SSF, dopo visite mediche e psicologiche, riesce a inserire entrambi in corsi di pallacanestro e nuoto e a farli partecipare al weekend Joy Nature a Capranica a maggio e al prossimo Summer Camp di una settimana a Leonessa.
Sono solo quattro delle tante storie di bambini, mamme e nonne ucraini che SSF ha intercettato in questi mesi e di cui si è fatta carico. Fin da marzo è riuscita a inserire in corsi sportivi garantiti gratuitamente in varie città d’Italia, una sessantina di bambini ucraini che hanno trovato una concreta possibilità di attività, gioco e normalità anche nel nostro Paese. Vanno ad aggiungersi alle centinaia di bambini in situazioni di disagio socio-economico che la nota Onlus segue regolarmente durante l’anno. Ora che si apre la stagione estiva, l’associazione allarga il suo bacino di piccoli amici e garantisce una continuità di intervento attraverso la campagna Joy Summer 2022.
“Joy – spiega Alessandro Tappa, presidente di Sport Senza Frontiere – è il progetto che più di tutti si presta a emergenze. Lo abbiamo sperimentato la prima volta con i bambini delle famiglie rimaste senza casa a seguito del terremoto di Amatrice; poi lo abbiamo proposto a tanti bambini genovesi le cui case sono andate distrutte per il crollo del Ponte Morandi; negli ultimi due anni Joy si è mostrato un potente modello di intervento per uscire, fisicamente e mentalmente, dai durissimi mesi di pandemia e lock-down attraverso week-end, settimane, centri estivi per centinaia di bambini in tutta Italia, gravati dallo stress delle chiusure. Ci permette di offrire ai bambini che seguiamo durante l’anno e tanti altri che ci vengono segnalati a seguito di emergenze, la possibilità di vivere un’esperienza significativa di amicizia, inclusione, attività sportiva e laboratoriale, oltre che di counselling psicologico”.
Joy è il progetto estivo ideato da Sport Senza Frontiere, aperto a tutti i bambini e ragazzi e dedicato in special modo a coloro che vivono situazioni di fragilità sociale o situazioni emergenziali. Joy prende il nome e anche l’eredità valoriale dal primo campo residenziale multisportivo di Sport Senza Frontiere Joy Summer Camp, nato nel 2017, al Terminillo (Rieti). Il camp del 2017 voleva essere un’azione solidale nei confronti delle famiglie colpite dal sisma del Centro Italia, ma poi è continuato negli anni e ha accolto oltre 800 minori molti dei quali provenienti da diverse situazioni emergenziali, come i bambini del Ponte Morandi o ragazzi rifugiati e richiedenti asilo, i bambini dei corridoi umanitari e ora i minori ucraini. Negli anni, Joy è divenuto un vero e proprio laboratorio di inclusione sociale.
“Negli anni – dice Alessia Mantovani Coordinatrice nazionale – abbiamo rimodulato il nostro intervento a seconda delle diverse esigenze dei nostri bambini e delle emergenze che alcuni vivevano. Ciò ha permesso a SSF di allagare il proprio raggio di azione e programmare attività che aumentano incisività ed efficacia. Il progetto Joy ci ha consentito di estendere il nostro intervento ampliando la platea dei beneficiari e includendo non solo i bambini provenienti da contesti di disagio socio-economico che seguiamo regolarmente durante tutto l’anno, ma anche ragazzi in condizioni di isolamento psico-sociale, la piaga più diffusa ancora oggi tra i giovanissimi a causa dei lockdown e delle chiusure o, negli ultimi mesi, giovani provenienti dall’Ucraina. I centri estivi e i camp sono spazi aperti, luoghi di integrazione e grazie ai laboratori si pongono anche come occasione di crescita per i bambini dai punti di vista psicologico, alimentare, sociale”.
Solidarietà e pace al Giro Donne: la maglia rosa 2022 donata a Unhcr
Solidarietà e pace. Giro Donne, la più prestigiosa competizione a tappe nel panorama del ciclismo femminile, dona la maglia rosa 2022 a UNHCR nella Giornata Mondiale del Rifugiato “alla luce del grande impegno che da oltre 70 anni UNHCR rivolge alla protezione e all’assistenza dei rifugiati in tutto il mondo”.
“Alla luce del grande impegno che da oltre 70 anni UNHCR rivolge alla protezione e all’assistenza dei rifugiati in tutto il mondo e dell’ulteriore emergenza dovuta al conflitto in Ucraina abbiamo sentito l’urgenza di fare la nostra parte mettendo a disposizione l’elemento più prezioso e caratterizzante del Giro Donne, la Maglia Rosa”, afferma Roberto Ruini, Direttore del Giro Donne e fondatore di PMG Sport/Starlight. “Ritengo che lo sport, per sua stessa natura, possa e debba dare segnali importanti a favore della pace, dell’accoglienza e della fratellanza globale. Siamo certi che anche le atlete che avranno la fortuna di indossarla proveranno lo stesso sentimento di onore e orgoglio”.
Una partnership che unisce sport e solidarietà e che esprime la vicinanza di PMG Sport/Starlight, all’attività dell’Agenzia dell’ONU per i Rifugiati, due volte insignita del Premio Nobel per la Pace, presente in 135 Paesi e impegnata con 100 milioni di persone, per la maggior parte donne e bambini.
“Siamo estremamente lieti del supporto che il Giro Donne ha deciso di riconoscere a UNHCR e che insieme si possa celebrare, anche attraverso lo sport, il coraggio di milioni di donne e uomini costretti a fuggire da guerre, persecuzioni e violenze. Ognuno di loro ha bisogno di protezione e ciò significa sicurezza ma anche opportunità di esprimere liberamente il proprio talento. In questo senso lo sport assume un valore fondamentale”, afferma Chiara Cardoletti, Rappresentante UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San Marino.
La consegna ufficiale della Maglia Rosa del Giro Donne 2022 a UNHCR si terrà lunedì 20 giugno in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato durante la tavola rotonda dal titolo Rifugiati, dall’asilo all’integrazione: partnership e soluzioni innovative per una crisi senza precedenti che si terrà al Centro Congressi Palazzo Rospigliosi a Roma.
Il Giro Donne 2022, la più prestigiosa competizione a tappe nel panorama del ciclismo femminile prende il via il 30 giugno da Cagliari per terminare a Padova il 10 luglio dopo aver attraversato Sardegna, Emilia-Romagna, Lombardia, Trentino-Alto Adige e Veneto. Un percorso di 1.000 km che vedrà contendersi la Maglia Rosa 144 atlete delle migliori 24 squadre al mondo.
Flamingo Loophole: arrampicata inclusiva lungo la rotta balcanica
Flamingo Loophole. Lungo la rotta balcanica, dopo lo sportello sociale per i migranti, un’iniziativa all’insegna dell’inclusione, per la popolazione locale. Ascoltiamo Marta Bernardini, coordinatrice di Mediterranean Hope.
Parte la Dolomiti for Duchenne: previsti circa 230 cicloamatori a sostegno della ricerca
Dolomiti for Duchenne: Parte oggi, in Val Pusteria, il grande evento solidale di mountain bike che sostiene la ricerca sulla distrofia muscolare. Previsti circa 230 partecipanti: ogni giorno gli appassionati di 2 ruote potranno scegliere tra 3 percorsi con difficoltà diverse in base alle proprie esigenze.
Ritorna, nella favolosa cornice della Val Pusteria, per una quarta edizione molto attesa, Dolomiti for Duchenne (DXD), l’evento di 3 giorni non competitivo in mountain bike organizzato da Parent Project aps, l’associazione di pazienti e genitori di bambini e ragazzi con la distrofia muscolare di Duchenne e Becker.
L’evento si svolgerà dal 16 al 19 giugno, avrà come base il Comune di Villabassa-Niederdorf, con il quale viene rinnovata ancora una volta una collaborazione preziosa, e prevede la partecipazione di circa 230 persone.
Ogni giorno gli appassionati di 2 ruote potranno scegliere tra 3 percorsi diversi – lungo, medio e corto, in base alle proprie esigenze – per immergersi nelle stupende montagne dolomitiche. In comune, l’obiettivo di contribuire a sostenere la ricerca sulla distrofia muscolare di Duchenne e Becker, grave patologia genetica rara che si manifesta nell’infanzia e non ha ancora una cura.
Verranno rispettate tutte le norme e precauzioni legate alla situazione sanitaria. La comunità di Parent Project sarà rappresentata da numerosi giovani pazienti, famiglie, volontari che saranno il vero cuore della manifestazione.
Il programma comprenderà momenti dedicati agli accompagnatori “non ciclisti” che partecipano a DXD: ogni giorno saranno organizzati, per chi lo desidera, gradevoli percorsi di escursionismo a piedi per esplorare il territorio.
L’evento prenderà il via giovedì 16 alle 19, con la prima cena di accoglienza. Le giornate del venerdì e del sabato prevederanno una scaletta comune. La partenza sarà al mattino per tutti i biker e gli escursionisti; il rientro degli atleti nel pomeriggio sarà accompagnato da un momento di ristoro e da un massaggio, per chi lo desidera; alla sera ci si ritroverà nella palestra comunale per la cena e una serata di condivisione, con momenti di informazione e di intrattenimento a cura di Parent Project.
La domenica i percorsi saranno più brevi e ci si ritroverà tutti in piazza Von Kurz per le premiazioni e la festa finale. Tutti gli aggiornamenti e i dettagli saranno disponibili sui siti e sui canali social di Parent Project e del Dys-Trophy Tour.
Dolomiti for Duchenne è la tappa conclusiva del Dys-Trophy Tour, circuito di eventi in mountain bike. Il circuito prevede eventi di ogni categoria, dalle Marathon fino alle pedalate ecologiche, per permettere ad ogni tipologia di biker di partecipare.
Sul sito web dedicato al circuito www.dystrophytour.it ogni biker può attivare un proprio profilo attraverso il quale si possono effettuare le donazioni e nel quale sono raccolte tutte le informazioni sportive e di raccolta fondi del singolo atleta (o dell’intera squadra).
Parent Project aps è un’associazione di pazienti e genitori con figli affetti da distrofia muscolare di Duchenne e Becker. Dal 1996 lavoriamo per migliorare il trattamento, la qualità della vita e le prospettive a lungo termine dei nostri bambini e ragazzi attraverso la ricerca, l’educazione, la formazione e la sensibilizzazione. Gli obiettivi di fondo che ci hanno fatto crescere fino ad oggi sono quelli di affiancare e sostenere le famiglie dei bambini che convivono con queste patologie attraverso una rete di Centri Ascolto, promuovere e finanziare la ricerca scientifica al riguardo e sviluppare un network collaborativo in grado di condividere e diffondere informazioni chiave.
Si chiude oggi il progetto Next: promuovere la coesione attraverso lo sport
Next: si chiude oggi a Roma il progetto europeo che è sceso in campo per promuovere coesione e benessere, attraverso lo sport. Il servizio di Elena Fiorani.
Il progetto europeo NEXT si chiude con una Conferenza finale, cui prenderanno parte i rappresentanti dei 5 paesi partner Italia, Romania, Croazia, Germania e Spagna. In due anni di attività sono state studiate e condivise buone pratiche rivolte agli abitanti delle nostre città, affinchè nei diversi quartieri o nei condomini, aumenti il benessere fisico attraverso la condivisione di spazi ed esperienze, con l’obiettivo di costruire comunità che vivono meglio.
Le iniziative sperimentate per primi dai Comitati Uisp di Reggio Emilia, Sassari e Firenze sono arrivate in Europa come modello per la promozione di attività fisica in ambiti di prossimità e sono quindi state sviluppate anche negli altri Paesi coinvolti.
Perché è importante lo psicologo dello sport: l’ebook dell’Ordine Psicologi Lazio
Nella mente degli atleti. Una figura poco conosciuta, ma sempre più presente in occasione di manifestazioni sportive nazionali e internazionali è lo psicologo dello sport. Per chiarire le specificità di questa figura professionale, il gruppo di lavoro specifico dell’Ordine degli Psicologi del Lazio ha pubblicato l’ebook, “La Psicologia dello Sport. Dalla teoria alla pratica”.
Di cosa si occupa? Come interviene? Con quali risultati? Per chiarire meglio i contorni, i compiti e il lavoro di questa figura professionale, il gruppo di lavoro in Psicologia dello sport e dell’esercizio fisico dell’Ordine degli Psicologi del Lazio pubblica un ebook, “La Psicologia dello Sport. Dalla teoria alla pratica”, che offre una risposta a queste domande e una carrellata delle esperienze più significative e di maggiore successo nell’ambito delle federazioni sportive italiane.
Il volume si apre con la prefazione di Fabio Lucidi, preside della facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza, ed è strutturato in due parti. Nella prima, introduttiva, Maurizio Bertollo – vicepresidente della Federazione Europea di psicologia dello sport e dell’esercizio – descrive la nascita e l’evoluzione della psicologia dello sport, dell’esercizio fisico e della prestazione fino ai nostri giorni. A seguire, i contributi di due professionisti – Antonio Daino e Sara Landi – riportano l’esperienza di due federazioni all’avanguardia nella valorizzazione degli aspetti psicologici nei rispettivi settori giovanili: la Federazione Italiana Tennis e la Federazione Italiana Giuoco Calcio.
La seconda parte dell’e-book, invece, ospita il contributo più saliente e innovativo dell’opera, rappresentato dalla raccolta di 33 progetti originali, realizzati in diversi contesti del mondo sportivo, suddivisi in cinque sottosezioni: sport individuali; sport di squadra; fitness e wellness; sport e inclusione sociale; strumenti o protocolli di intervento specifici. I contributi spaziano tra le diverse discipline, a disegnare un ricchissimo panorama di suggestioni e tematiche: dall’allenamento mentale in Serie A alla gestione dell’energia e del controllo del corpo nella danza professionistica, dalla costruzione dell’alta prestazione nel nuoto al ruolo della mindfulness nella preparazione mentale della scherma, dai progetti di calcio integrato per bambini con disabilità intellettiva alle strategie adottate per fronteggiare l’impatto dell’emergenza Covid-19 sulla mente degli atleti.
Spiega Luana Morgilli, coordinatrice del Gruppo di Lavoro in Psicologia dello Sport e dell’Esercizio Fisico dell’Ordine degli Psicologi del Lazio: “Mentre in altri Paesi quasi tutte le Società e Federazioni sportive si avvalgono di uno psicologo sportivo, culturalmente riconosciuto come valida risorsa integrativa, nel nostro, che ha il vanto di aver organizzato ed ospitato il primo Congresso Mondiale di Psicologia dello Sport, questo stesso servizio è ancora poco conosciuto, riconosciuto e, quindi, richiesto. Crediamo che quest’opera corale possa accompagnare il lettore in un interessante viaggio dentro la psicologia dello sport e del movimento, utile a mostrare la vastità dei suoi ambiti di applicazione e l’incredibile patrimonio di esperienze che ha da raccontare”.
Un intero capitolo del volume è dedicato al tema “Inclusione sociale e disabilità”: qui viene innanzitutto spiegata e chiarita la classificazione sportiva per le disabilità: “All’interno del movimento paralimpico – scrive Ivana Spatola – è la classificazione il veicolo destinato a promuovere la partecipazione degli atleti disabili sia essi fisici che intellettivi, così da consentire lo svolgimento di una competizione sportiva in maniera equa, raggruppando in ‘classi’ atleti aventi le medesime potenzialità. Inizialmente la classificazione si basava sulla valutazione medica, ponendo poca enfasi sulla valutazione dell’impatto sullo sport. Negli anni ’80 e ’90 molti atleti e classificatori hanno riconosciuto questa mancanza e si è passati ad un sistema di classificazione funzionale incentrato maggiormente sulla prestazione sportiva. Ad oggi esistono dieci tipi di impedimento eleggibili per lo sport paralimpico, suddivisi in tre grandi gruppi: disabilità motorie, disabilità visive e disabilità intellettiva”.
Silvia Bartocci si sofferma poi su un’esperienza di inclusione attraverso lo sport, il Joy Summer Camp, ideato e sostenuto dalla Onlus Sport Senza Frontiere che si occupa di far praticare sport a bambini che vivono un disagio sociale ed economico. “Nello specifico, il Joy Summer Camp è, a tutti gli effetti, un centro estivo o meglio un camp polisportivo residenziale che si è svolto al Terminillo nell’estate del 2017 per dare sostegno alle famiglie che avevano vissuto il terremoto del Centro Italia del 2016/17. Il grande successo della prima edizione ha trasformato il Joy in un progetto estivo permanente a vocazione sociale. Un laboratorio socio – educativo che utilizza lo sport come strumento di coesione, inclusione ed educazione, accogliendo gratuitamente i bambini che vengono da situazioni emergenziali, sia temporanee che permanenti”.
Un’altra esperienza positiva viene raccontata da Alberto Cei e Daniela Sepio: “Calcio Insieme”, esperienza nata nel 2015 dalla collaborazione tra l’accademia calcio integrato, la fondazione Roma Cares e l’AS Roma per “l’insegnamento del calcio a bambini con disabilità intellettiva, in prevalenza con disturbo dello spettro autistico, ma anche sindrome di Asperger, disprassici e sindrome di Sotos. Il progetto, nato in via sperimentale, accoglie inizialmente un gruppo di 30 bambini, che aumenteranno nel corso degli anni fino a raggiungere gli 80 della stagione sportiva 2021/22.
L’esperienza del progetto “Insuperabili”, rivolto ad atleti e atlete dai 5 anni in su, con disabilità legata all’area cognitiva, relazione, emotiva e/o motoria, viene raccontata da Marco Salvatore Mancini, mentre Luca Palazzoli si sofferma su un corso di atletica per ragazzi con sindrome dello spettro autistico con bisogno di supporto non intensivo e Myriam Santilli racconta lo sport della vela come promotore dell’inclusione sociale, attraverso il progetto pilota della Lega Navale Italiana, sezione di Santa Marinella. .
L’e-book integrale è scaricabile gratuitamente sul sito dell’Ordine degli psicologi del Lazio.
di Pierluigi Lantieri
Calcio, è nata la nazionale femminile ‘curvy’
Il calcio delle donne. È nata la nazionale femminile ‘curvy’ di calcio, il gruppo è composto da 10 donne che vogliono impegnarsi in prima persona per supportare e sostenere iniziative benefiche e di solidarietà per aiutare chi vive situazioni di disagio a non sentirsi messo in un angolo.
Donne in campo con la Nazionale italiana curvy calcio. È questa una delle novità di questo 2022. Il gruppo della neonata Italia curvy calcio è composto da 10 donne che vogliono anche impegnarsi in prima persona per supportare e sostenere iniziative benefiche e di solidarietà che possano aiutare anche chi vive situazioni di disagio ma non per questo deve sentirsi messo in un angolo. Tra le calciatrici Francesca Angelo di Corsico (Milano); Barbara Braghin di Porto Viro (Rovigo); Maria Gallo di Napoli; Julieta Harrow di Torino; Silvana Carlone di Milano; Debora Jessica Tufano di San Giuliano Milanese (Milano); Alessandra Peluso di Cesano Maderno (Monza Brianza); Raffaela Pennino di Maranello (Modena); Roberta Nerone di Roma ma vive in Brianza; Flavia Gentiluomo di Cinisello Balsamo (Milano); Barbara Barbati Biondo di Milano.
Francesca Angelo insieme a Moreno Buccianti, mister e fondatore della Selecao internazionale Sacerdoti calcio e della Nazionale italiana Suore calcio, hanno fondato la Nazionale italiana curvy calcio. “Sappiamo benissimo che dare una ‘etichetta’ è un principio sbagliato, spesso discriminante, ma mettendo in campo la Nazionale curvy vogliamo raggiungere obiettivi che sono diametralmente opposti a questo concetto – spiegano i promotori dell’iniziativa – Frequentemente si associa una fisicità “generosa” ad abitudini di vita sbagliata, come ad esempio può essere l’immagine junk food che viene legata ad un corpo in carne. Sfatare il mito errato legato alle donne formose da una parte ci permetterà di dimostrare che anche noi ‘curvy’ amiamo il mondo dello sport, delle sane abitudini e ci prendiamo cura di noi stesse spinte dall’unico desiderio di migliorare sempre di più”.
“Finalmente con questo meraviglioso progetto sfatiamo che le curvy non amano lo sport e non amano curarsi di loro! Anzi dimostreremo con la grinta sfatando anche questo stereotipo, che possiamo sempre migliorare. Curvy sì ma in salute” aggiunge Francesca Angelo.
“Sono una donna curvy, mi piace il mio corpo perché me lo sono conquistato dopo l’intervento di chirurgia bariatrica – spiega Barbara Braghin -. Far parte della Nazionale italiana curvy è un’altra conquista perché non sono mai stata una sportiva. Ma visto che nel mio percorso di vita c’è questa opportunità l’ho colta al volo. Non mi voglio perdere nulla, voglio assaporare la vita in tutte le sfaccettature e grazie a questa nazionale sto scoprendo nuovi mondi. È tutto bellissimo e anche noi donne curvy”.
“Mi sono innamorata del progetto sin da subito, non ho mai giocato a calcio in tutta la mia vita. Questa non solo è una sfida personale, ma una sfida contro chi crede ed è convinto che noi curvy sappiamo solo fare sport da tavola!!! Il nostro motto è ‘Curvy sì, ma in salute!’. Dimostreremo di essere sportive anche noi” afferma Raffaela Pennino. Alessandra Peluso dice: “La mia passione per il calco mi ha spinto a partecipare a questa nuovissima iniziativa. Cosa non ultima, è un ottimo modo per rimettersi in forma in bellissima compagnia”.
“Da quando ho iniziato ad amarmi adoro mettermi in gioco e scoprire nuovi lati di me. Lo sport è amor proprio, è salute ed impegno e anche noi curvy rispecchiamo a pieno questi concetti”: le parole di Deborah Jessica Tufano. “Il progetto della squadra di calcio curvy è qualcosa a cui nessuno aveva mai pensato prima. Molte di noi hanno calcato passerelle, fatto servizi fotografici e la maggior parte delle persone è abituata a vederci sempre sui tacchi a spillo. Ecco, noi non siamo solo questo. Io e le mie compagne di squadra vogliamo urlare a gran voce che essere curvy racchiude un mondo meraviglioso” spiega Roberta Nerone.
Silvana Carlone dice: “Penso che non ci sia un’età e una forma fisica per poter giocare a calcio e questo lo stiamo dimostrando noi curvy”. “Non ho mai immaginato di poter partecipare a far parte di una squadra e molto meno di calcio e quando ho saputo del progetto me ne sono subito innamorata. Chi dice che le curvy non possono essere sportive e in forma?” afferma Julieta Harrow.
“Ho sempre amato questo sport e questa è un’opportunità per dimostrare che quando si desidera qualcosa non ci sono limiti, anche noi curvy possiamo essere in forma e soprattutto determinate”: le parole di Maria Gallo. “Il rapporto con il mio corpo non lo definirei facile. Quando ero piccola me ne vergognavo e invidiano le altre ragazze, che dalla mia prospettiva, erano perfette, mentre io ero goffa, grassa e nanerottola. Così mi sono buttata sullo sport (arti marziali) con la speranza di modificarlo rendendolo ‘migliore’, ma inaspettatamente ho imparato a conoscerlo, ad apprezzarne le qualità a prescindere dalla forma: non sono bassa sono compatta, non sono grassa sono massiccia, non sono sgraziata sono dirompente. Così il mio corpo è diventano la mia corazza, il mio compagno di viaggio, il mio biglietto da visita. Lo sport mi ha aiutata a capire molto di me e spero che questo progetto, che per me è un’occasione per rimettermi in gioco e cimentarmi nell’esperienza di una squadra, possa aiutare altri a fare lo stesso” continua Flavia Gentiluomo.
“Per me far parte della nazione italiana curvy, significa far passare al mondo, che non siamo diverse da nessuno. Che siamo in forma nel nostro corpo, fiere di avere le nostre forme. Ma soprattutto, far capire al mondo, che anche le donne, come gli uomini, possono correre davanti ad un pallone con costanza e determinazione” conclude Barbara Barbati Biondo.