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Il primo cartellino bianco del calcio mondiale: estratto da un’arbitra portoghese per premiare il fairplay


Cartellino bianco

È apparso per la prima volta nel derby femminile tra Benfica e Sporting: durante il match una persona sugli spalti è stata colta da malore, così il personale medico di entrambe le squadre si è precipitato in soccorso riuscendo a mettere in sicurezza il tifoso.

L’arbitro estrae il cartellino bianco ed il pubblico applaude convinto: è una partita di calcio, anche se nessuno potrebbe pensarlo, visto che fino ad oggi gli unici cartellini conosciuti erano quelli gialli e rossi. Pur non sapendo assolutamente di cosa si tratti, gli spettatori del derby femminile di Lisbona tra Benfica e Sporting intuiscono che sia cosa buona e giusta e sottolineano il gesto del direttore di gara.

Ma che cosa è successo sabato scorso allo stadio da Luz e perché l’arbitro ha estratto il cartellino bianco? Ad un minuto dal termine del primo tempo del match valido per i quarti di finale della coppa nazionale, col Benfica in vantaggio per 3-0 sullo Sporting, una persona sugli spalti è stata colta da malore. Grande apprensione in campo e fuori, e gioco arrestato appena ci si è resi conto di quello che stava succedendo.

A quel punto il personale medico di entrambe le squadre si è precipitato in soccorso dello sfortunato tifoso, lasciando le rispettive panchine. Operazione portata termine con successo e quando gli staff sono ridiscesi sul terreno di gioco per tornare in panchina sono stati coperti da applausi scroscianti. È stato allora che l’arbitro della gara ha sorpreso tutti, estraendo un cartellino bianco mai visto prima nella storia del calcio a livello professionistico e mostrandolo ad entrambi i team sanitari.

Il pubblico ha capito che non si trattava di una sanzione, ma di una nota di merito ed ha aumentato il livello degli applausi. I cartellini bianchi infatti sono stati introdotti recentemente per fornire agli arbitri uno strumento con cui poter evidenziare i gesti di fairplay durante le partite: un’iniziativa per promuovere i valori etici nel calcio. Non è ancora una pratica comune, ma sarà qualcosa cui – auspicabilmente – dovremo abituarci. Per quanto riguarda la partita, il Benfica ha segnato altri due gol nel secondo tempo: il 5-0 finale lo ha qualificato alle semifinali di Coppa del Portogallo femminile.

 

Inaugurata a Genova l’Isola della Felicità, uno spazio accessibile con scivoli, giostre e giochi inclusivi


Per tutti

È stata inaugurata a Genova l’Isola della Felicità, uno spazio con scivoli, giostre e giochi inclusivi. Si tratta di un’area, completamente accessibile, dotata di un particolare arredo e materiale ludico, per garantire gli stimoli pedagogici necessari allo sviluppo del bambino, ponendo attenzione anche a tutte le disabilità.

«Oggi inauguriamo il recupero di un’area, nata con una vocazione aggregativa, ma mai di fatto utilizzata – spiega il vicesindaco e assessore ai Lavori pubblici Pietro Piciocchi – è sorto uno spazio dedicato ai bambini, anche con disabilità, con un occhio attento allo sviluppo dei sensi nella loro crescita attraverso il gioco e la socialità. Ringrazio i Rotary che hanno voluto aderire all’iniziativa ed in particolare la presidente Titti Farina del Rotary Genova Est per il grande impegno messo in questo progetto fortemente innovativo, che vorremmo esportare anche in altri quartieri della città. La nostra amministrazione sta portando avanti un piano di miglioramento delle aree gioco esistenti e la costruzione di nuove aree nel quadro del sostegno alle famiglie e della valorizzazione delle attività all’area aperta. Mettendo assieme i nostri sforzi con quelli di privati, associazioni e altri enti si possono raggiungere grandi risultati a servizio della nostra comunità».

I lavori di adeguamento dell’area sono stati realizzati dall’impresa Giustiniana srl, mentre il materiale ludico è stato sistemato e montato secondo il progetto approvato dalla Direzione Facility Management del Comune di Genova.

«Nel parco giochi inclusivo che salutiamo con grande gioia – ha commentato la presidente del Rotary Club Genova Est  Titti Farina – tutti i bambini devono poter giocare insieme. È questo il senso profondo del nostro Service. Uno spazio accessibile a tutti, dove non esistono barriere architettoniche o di “pensiero” ma dove, ponendo attenzione a tutte le disabilità e non, tutti i bambini e non solo quelli con problemi di mobilità, possano trovare il loro spazio di svago e di gioco anche con i così detti “normodotati”.
L’obiettivo del nostro service “L’isola della Felicità” – ha concluso Titti Farina – è quello di proporre giochi che possano far svolgere diversi tipi di attività ed interazioni sensoriali e sociali generando stimoli pedagogici necessari allo sviluppo dei bambini».

«Ringrazio il Rotary Genova Est, l’amministrazione comunale e tutti i soggetti che hanno contribuito a realizzare quest’opera inserita nel parco Dapelo di Pra’, una zona molto importante per tutti i nostri cittadini – afferma Guido Barbazza, presidente Municipio VII Ponente –. Si tratta di un parco molto bello caratterizzato fra le varie cose dall’assenza di cancelli e barriere, una vera e propria oasi per i praesi e per tutti i genovesi”.

Sport, donne e diritti: in Arabia Saudita si fa strada il calcio femminile


Frontiere

In Arabia Saudita si fa strada il calcio femminile. Il servizio di Elena Fiorani.

Nei giorni scorsi il Paese è stato al centro dell’attenzione per la finale di supercoppa tra Milan e Inter, 90 minuti di sportwashing secondo Amnesty International, allo stesso tempo il calcio nel paese del Golfo sta promuovendo una rivoluzione al femminile, partendo dal primo torneo internazionale di calcio femminile, che si sta giocando ora e a cui prendono parte le rappresentative di Arabia Saudita, Isole Comore, Isole Mauritius e Pakistan.

Inoltre, per la prima volta una donna, Anoud Al-Asmari, compare nella lista degli 8 arbitri internazionali sauditi selezionati dalla Fifa per il 2023. Ed anche se il primo torneo ufficiale, svolto a febbraio 2020, aveva un premio di circa 123 mila euro, che sono niente rispetto agli ingaggi milionari di Cristiano Ronaldo all’Al Nassr Football Club, in questo caso l’accesso allo sport ha un valore mille volte più alto.

La vittoria di Gunnarsdóttir, calciatrice che non veniva pagata perché incinta: ora il Lione dovrà risarcirla


Una vittoria fuori dal campo

Sara Björk Gunnarsdóttir, calciatrice islandese, ha vinto la vertenza contro il Lione, il suo ex club che non le aveva pagato l’intero stipendio durante la gravidanza. “La vittoria è più grande di me” ha commentato la centrocampista.

La centrocampista, ora nella Juventus, ha vinto la vertenza contro il suo ex club che non le aveva pagato lo stipendio durante la gravidanza. «Questa vittoria è una garanzia di sicurezza finanziaria per tutti i giocatori»

Il capitano della squadra di calcio islandese Sara Björk Gunnarsdóttir ha vinto la vertenza contro il suo ex club, il Lione, che non le aveva pagato l’intero stipendio durante la gravidanza e ha salutato la sentenza come un «campanello d’allarme per i club». Lo riporta il Guardian.

La centrocampista 32enne è passata alla Juventus dopo aver lasciato il club Olympique Lyonnais e aver giocato a Euro 2022 con l’Islanda. Rimasta incinta all’inizio del 2021, la Gunnarsdóttir si era rivolta alla Fifpro (Fédération Internationale des Associations de Footballeurs Professionnels) per presentare il suo reclamo alla Fifa. L’ente ha stabilito che il club deve pagare l’intero importo dovuto, pari a 82.094 euro.

Fifpro ha postato su Twitter: «La storica sentenza di Sara Björk Gunnarsdóttir contro l’ex club Olympique Lyonnais dà un messaggio chiaro ai club e ai calciatori di tutto il mondo. La rigorosa applicazione dei diritti di maternità è esecutiva». La Federazione ha descritto la sentenza in un comunicato come la prima del suo genere da quando i regolamenti sulla maternità della Fifa sono entrati in vigore nel gennaio 2021.

«Avevo diritto al mio intero stipendio. Fa parte dei miei diritti, e questo non può essere contestato, nemmeno da un club grande come il Lione. Questo non è ‘solo un business’. Riguarda i miei diritti come lavoratrice, come donna e come essere umano», ha commentato la calciatrice, sottolineato che «la vittoria è più grande di me. È una garanzia di sicurezza finanziaria per tutti i giocatori che vogliono avere un figlio durante la loro carriera».

Supercoppa e sportwashing: Amnesty critica la finale di Riad in Arabia Saudita


Novanta minuti di sportwashing

Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, critica la scelta di giocare, stasera, a Riad la finale di Supercoppa fra Milan e Inter. “Nel regno arabo – dice -si rischia la vita se si esprimono le proprie opinioni su Twitter. Ma al governo globale del calcio, e a quello italiano, non interessa”.

Alla vigilia della gara di Supercoppa a Riad fra Milan e Inter, Amnesty International Italia fa sentire la sua voce. Riccardo Noury,  presidente della sezione italiana dell’associazione che in tutto il mondo si batte per i diritti umani, in una lettera aperta attacca il sistema calcio italiano per avere scelto la capitale saudita come sede della partita: “Saranno almeno novanta minuti di sportwashing”, scrive Noury. Vale a dire, in perifrasi, l’utilizzo dello sport da parte dei governi per ottenere vantaggi dal punto di vista della reputazione, se questa è offuscata da condotta illecite o comunque impopolari.

La lettera prosegue: “Sarà la terza volta che il calcio italiano si trasferirà nel regno di Mohamed bin Salman, l’uomo che ha sulle spalle la responsabilità dell’omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, della rovinosa avventura militare contro lo Yemen, e della morsa sempre più stretta nei confronti del dissenso”.

La lettera, pubblicata sul portale online Articolo21.org interpreta il sentimento di migliaia di tifosi e appassionati di calcio, che sui social network e in particolare su Twitter stanno denunciando quella che ritengono essere una scelta inopportuna da parte della Lega di Serie A.

Un ulteriore elemento citato contro la decisione di giocare a Riad lo fornisce una notizia pubblicata due giorni fa dal quotidiano britannico The Guardian, che Noury sintetizza così: “Solo pochi giorni fa abbiamo appreso che uno dei più antichi critici di bin Salman, il docente universitario Awad al-Qarni, rischia la pena di morte per aver espresso le sue opinioni su Twitter. E solo pochi giorni fa sono trascorsi due anni dall’arresto dell’attivista Salma al-Shebab, che lo scorso agosto è stata condannata a 34 anni di carcere, seguiti da altrettanti anni di divieto di viaggio all’estero, sempre per aver espresso le sue opinioni sui social media. Per non parlare delle circa 150 condanne a morte eseguite nel 2022”.

La polemica in Gran Bretagna contro l’ingresso dei sauditi nel calcio va avanti da anni e ha avuto il momento di apice quando il 7 ottobre 2021 un consorzio guidato dal Public nvestment fund (Pif) dell’Arabia Saudita ha completato l’acquisizione del Newcastle United, club di Premier League. Più in generale, in Inghilterra c’è una parte di opinione pubblica che si oppone ai finanziamenti dei fondi sovrani e delle società para pubbliche dei Paesi del Golfo Persico nei campionati di calcio professionistici, fra cui la società Cfc fondata dallo sceicco Mansur bin Zayd Al Nahyan, proprietaria del Manchester City. Hanno scelto invece la Francia gli sceicchi del Qatar, che undici anni fa anni fa hanno assunto il controllo del Psg, sorta di “prova generale” per il Mondiale di Doha dello scorso autunno.

E proprio con riferimento al campionato del Mondo, la lettera di Noury conclude: “I mondiali del Qatar, appena terminati e giudicati dal presidente della Fifa Infantino i migliori di sempre (e pazienza per i 6500 lavoratori migranti morti per renderli possibili), hanno normalizzato il futuro. Tanto che sui mondiali del 2030 c’è una preoccupante candidatura: ovviamente, quella dell’Arabia Saudita. Tutto questo non pare interessare al governo globale del calcio e neanche a quello italiano. L’uno e l’altro hanno bisogno di soldi e i soldi (insieme agli idrocarburi) stanno in quella zona del mondo: il golfo Persico”.

Donne e violenza: il protocollo di Procura, Coni e Procura generale dello sport per tutelare le vittime


Codice rosso nello sport

Procura, Coni e Procura generale dello sport hanno firmato un protocollo per tutelare le vittime di violenza. L’intesa permetterà uno scambio “proficuo” e “immediato” di informazioni tra giustizia ordinaria e giustizia sportiva.

Lo ha spiegato il procuratore aggiunto di Milano Letizia Mannella, coordinatore del dipartimento che tutela le fasce deboli e vulnerabili, illustrando il protocollo d’intesa tra la Procura, il Coni e la Procura Generale dello Sport per tutelare le vittime di violenza.
Il protocollo dà il via a uno scambio “proficuo” e “immediato” di informazioni tra giustizia ordinaria e giustizia sportiva, nel rispetto e con l’obbligo di mantenere il segreto istruttorio, con lo scopo di accelerare i procedimenti e per “rendere giustizia soprattutto a giovani atleti maltrattati e abusati ma anche agli istruttori ingiustamente accusati”. Il documento, redatto solo per i 14 milioni di tesserati, riguarda ogni forma di violenza contro la persona, come quelle al centro del caso ora alla ribalta delle cronache delle Farfalle della ginnastica ritmica.

Le “Boxing Sisters” del Kurdistan iracheno, oltre cento donne yazidi sfollate danno un pugno alla paura


Un pugno alla paura

Il progetto della ong The Lotus Flower propone alle donne yazidi sfollate nella regione del Kurdistan in Iraq il programma “Boxing Sisters”, che ha permesso l’accesso agli allenamenti di pugilato di oltre cento ragazze. Lo scorso anno l’iniziativa ha vinto l’innovation Award promosso da UNHCR.

In una recente lezione, circa 15 giovani donne indossano i guantoni da boxe e si esercitano con jab e pugni incrociati con le compagne di allenamento, mentre Nathifa urla le istruzioni.

Shaare Sharaf Sameer, 21 anni, è una di loro. Frequenta le lezioni di boxe di Nathifa da quando sono iniziate e dice di sentirsi annoiata se passa un giorno senza una lezione. “È molto utile per la nostra salute e per il nostro benessere mentale”, dice, dopo il suo turno con il sacco da boxe. “Non importa quanto siamo tristi o annoiate, non appena partecipiamo alle lezioni dimentichiamo tutto”.

Quando Nathifa Wadie Qasim era una ragazzina a Sinjar, nel governatorato iracheno di Ninive, la sua scuola aveva un sacco da boxe che veniva usato dagli studenti maschi per esercitarsi. Nathifa lo prendeva a pugni quasi ogni giorno. “Ricordo che ero l’unica ragazza tra i miei amici ad avere il coraggio di avvicinarsi a quel sacco rosso e sferrare pugni”, ricorda. “Mi aiutava a scaricare lo stress”.

A casa, Nathifa si occupava principalmente della madre malata e dei fratelli più piccoli, mentre il padre era fuori a lavorare i campi della famiglia. Sua madre è morta pochi giorni prima che i militanti dell’ISIS attaccassero Sinjar nell’agosto 2014. I militanti hanno preso di mira la popolazione a maggioranza yazidi di Sinjar, la cui antica religione si ispira sia al cristianesimo che all’islam, sottoponendola a un regno di terrore che le Nazioni Unite hanno definito un genocidio. Migliaia di uomini yazidi sono stati giustiziati, mentre donne e ragazze sono state rapite e spesso vendute come schiave sessuali.

Nathifa e la sua famiglia sono riusciti a fuggire, finendo a Rwanga, un campo per circa 12.000 sfollati interni, la maggior parte dei quali yazidi, nella regione del Kurdistan in Iraq. Otto anni dopo sono ancora lì, anche se il padre di Nathifa si è risposato e Nathifa, ora 28enne, è l’unica a occuparsi dei suoi quattro fratelli adolescenti.

Il sacco da boxe è tornato nella sua vita dopo che ha iniziato a lavorare per The Lotus Flower, un’organizzazione comunitaria che sostiene le donne e le ragazze sfollate nel nord dell’Iraq. Quando le è stato chiesto di pensare a un’attività sportiva per le ragazze del campo, Nathifa ha pensato subito alla boxe. “La maggior parte delle donne e delle ragazze del campo erano sopravvissute all’ISIS e avevano subito un trauma a causa della prigionia”, racconta. “Ho pensato che se quelle donne e quelle ragazze fossero state fisicamente forti, avrebbero potuto avere maggiori possibilità di fuggire dall’ISIS o di difendersi”.

Per caso, la fondatrice di The Lotus Flower, Taban Shoresh, stava pensando a qualcosa di simile. Anche lei è sopravvissuta alla violenza e ha osservato gli alti livelli di trauma tra le donne yazidi e il loro bisogno di supporto per la salute mentale e di uno sfogo per le loro emozioni.

“Ho incontrato molte donne e ragazze yazidi che portano dentro di sè le conseguenze dell’ISIS”, racconta. “Ho potuto vedere la rabbia e le emozioni intrappolate dentro di loro. Ho pensato: cosa può aiutarle a ricostruire la fiducia in se stesse e a recuperare il potere che è stato loro tolto? Quale sport c’è? Ed è venuto fuori il pugilato”.

Nel 2018, Taban ha portato a Rwanga Cathy Brown, ex pugile professionista e terapeuta cognitivo-comportamentale, per insegnare a Nathifa e ad altre giovani donne come tirare di boxe e diventare loro stesse allenatrici.
È nato il programma “Boxing Sisters” e da allora Nathifa dice di aver allenato oltre un centinaio di ragazze e donne.

Calcio e violenza ultras, minacce a due giornalisti dopo gli scontri sulla A1: “Vili e sciacalli”


Cartellino rosso

Le tifoserie violente non ci stanno e minacciano i giornalisti. Il servizio di Elena Fiorani.

“Vili e sciacalli”, così un gruppo del tifo organizzato della Roma ha definito in uno striscione una giornalista di Fanpage.it e uno di Romatoday. Il messaggio intimidatorio di matrice ultras è apparso nella notte, in zona San Basilio, citando i cronisti “colpevoli” a quanto pare di avere fatto il loro lavoro.

I gruppi organizzati e violenti, protagonisti degli scontri di domenica scorsa sulla A1, se la prendono di nuovo con i giornalisti dopo il gravissimo episodio che ha portato a chiudere l’autostrada all’altezza di Arezzo per 50 minuti: ultrà del Napoli e della Roma in trasferta al nord hanno dato vita ad una sorta di resa dei conti dopo la morte del supporter napoletano Ciro Esposito, nel 2014 a Tor di Quinto, per mano di un ultrà romanista. Solidarietà ai due giornalisti è stata espressa da parte di molti giornalisti e delle redazioni coinvolte.

Matteo Berrettini al fianco dei bambini dell’Ospedali di Rimini: donata una fornitura di gelati per un anno


Atleti al tuo fianco

Il tennista Matteo Berrettini sostiene l’associazione bresciana che aiuta i bambini che lottano contro gravi patologie. Con una donazione ha garantito la fornitura di gelati per un anno al reparto di Oncoematologia pediatrica dell’Ospedale di Rimini.

Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia, cantava Francesco De Gregori. Nessuna di queste doti manca a Matteo Berrettini, specie la seconda, come sanno bene i bresciani di «Atleti al tuo fianco», l’associazione creata dal dottor Alberto Tagliapietra per aiutare i piccoli che lottano nei reparti di Oncologia pediatrica.

Il tennista si è sempre spinto oltre il suo ruolo di testimonial, con donazioni a cavallo di Natale prima di partire per i tornei in Australia, dove ha già raggiunto la finale di United Cup. Quest’anno, un ricco assegno ha garantito la fornitura di gelati per un anno al reparto di Oncoematologia pediatrica dell’Ospedale di Rimini. Così saranno aiutati i piccoli che soffrono di mucosite durante le terapie e possono mangiare solo gelati. Spiega Tagliapietra: «Molti doni di Matteo non sono pubblicizzati, è la punta di un iceberg: il suo esempio serve per far capire agli altri sportivi quanto conti il loro ruolo educativo nella lotta al cancro».

“Io vengo dallo sport”: online l’avviso pubblico per il finanziamento di progetti proposti da asd e ssd


‘Io vengo dallo sport’

Online l’avviso pubblico per il finanziamento di progetti proposti da associazioni e società sportive dilettantistiche per la creazione di presidi sportivo-educativi e la promozione dell’accesso alla pratica sportiva gratuita di bambini e adulti con background migratorio.

‘Io vengo dallo sport’ è un intervento realizzato nell’ambito del Progetto ‘Sport e Integrazione’, promosso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dal Ministero per lo Sport e i Giovani, in collaborazione con Sport e Salute S.p.a., Società interamente partecipata dallo Stato per la promozione dello sport e dei corretti stili di vita.

L’intervento è volto al finanziamento di progetti proposti da Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche, anche in partnership con altri soggetti pubblici o privati, quali organismi sportivi, Istituzioni locali (comuni, università, scuole, ecc.) per la creazione di presidi sportivo-educativi in aree urbane e in quartieri ad alta concentrazione di cittadini stranieri, per la promozione dell’accesso alla pratica sportiva gratuita di bambini e adulti con background migratorio. L’iniziativa è finalizzata ad offrire uno spazio alternativo e positivo rispetto a contesti territoriali e familiari difficili.

Andrea Abodi, Ministro per lo Sport e i Giovani: “Sport è anche inclusione e coesione: due degli obiettivi nobili che possiamo raggiungere attraverso la pratica sportiva e la cultura del movimento. Grazie allo sport viviamo e condividiamo il valore della solidarietà e della socialità, dell’essere comunità, correndo, non solo idealmente, insieme affinché anche gli ultimi si sentano meno soli. Questo è il lavoro che intendiamo portare avanti attraverso bandi come il “Progetto Sport e Integrazione”, per il quale ringrazio la collega Calderone, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, che l’ha finanziato. Sarà fondamentale la collaborazione e la partecipazione delle nostre associazioni e società sportive dilettantistiche, degli organismi sportivi ai quali aderiscono, del terzo settore sportivo, tutti pilastri fondamentali della società nazionale e base indispensabile del sistema sportivo italiano”.

Maria Teresa Bellucci, Viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali: “Lo sport è vita ed emancipazione per tutti. Ed è proprio partendo da questo presupposto che saluto con soddisfazione questo avviso pubblico. Le associazioni sportive dilettantistiche e il terzo settore, da sempre impegnato in prima linea in questo ambito, rappresentano una risorsa centrale per aiutare i giovanissimi a emanciparsi e trovare la loro dimensione in particolar modo all’interno di contesti urbani difficili. Anche oggi dimostriamo di credere per davvero nella collaborazione tra pubblico e privato sociale come strumento per migliorare l’Italia”.

Vito Cozzoli, Presidente e ad di Sport e Salute: “È un’opportunità da cogliere per la crescita dello sport nei territori, figlia di un lavoro di squadra cui teniamo e che sta dando i suoi frutti. Come per tutti gli altri che portiamo avanti o che sosteniamo, ‘Sport e Integrazione’ è espressione dell’anima sociale che Sport e Salute coltiva quotidianamente, affinché lo sport sia davvero per tutti”.

Le ASD/SSD interessate dovranno proporre progetti della durata massima di 9 mesi, incentrati su attività sportive, extra-sportive ed educative, diversificate per fasce d’età.
Le candidature potranno essere presentate esclusivamente attraverso la piattaforma informatica indicata nell’Avviso Pubblico a partire dalle ore 12.00 del 23/1/2023 sino alle ore 12.00 del 20/2/2023.
Ulteriori informazioni sono disponibili all’interno del sito di progetto al seguente link: https://www.sportesalute.eu/sporteintegrazione