Giacimenti d’oro e gruppi armati: così si muore nel Congo


 

L’ambasciatore Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista Mustapha Milambo uccisi nella Repubblica democratica del Congo rappresentano una ferita per il Paese e non solo.

Portano dalle nostre parti il sangue di una guerra e di una violenza quotidiane in quel Paese.

Dietro l’attacco ci sarebbero le Forze democratiche ruandesi. Le fonti di intelligence confermano che le autorità locali, per quanto l’identità degli assalitori non sia ancora conosciuta, sembrerebbero per il momento privilegiare la pista del Forze democratiche per la liberazione del Ruanda (Fdlr-Foca), principale gruppo residuo di ribelli ruandesi di etnia Hutu.

A novembre 2020 le cronache raccontavano che in Congo si registravano scontri tra gruppi armati per l’accesso a un giacimento d’oro naturale vicino al Monte Namoya, spesso accompagnati da attacchi alla popolazione civile. Violenza, rapimenti, saccheggi e distruzione di beni sono all’ordine del giorno. Medici Senza Frontiere era particolarmente allarmata dall’elevato numero di episodi di violenza sessuale, quasi 1.000 le persone assistite dalle équipe della ong dall’inizio dell’anno. L’85% degli attacchi sono stati compiuti da uomini armati.

Nell’estate del 2019 le violenze nelle regioni del nord-est hanno costretto migliaia di persone ad abbandonare le loro case e a far registrare il diffondersi della mortalità anche per la diarrea e la malaria.

Conosceva bene questi rischi e quei luoghi Luca Attanasio che nonostante la giovane età occupava un ruolo così importante, in un Paese dove prima di Ebola e Covid è il morbillo a causare 50mila contagiati e 500 morti lo scorso anno. Che il mondo conosca bene quello che accade in Congo: dove si muore per l’oro, per il morbillo e per mano di gruppi armati che sono pronti a tutto.

Giuseppe Manzo giornale radio sociale