L’ultima impresa di Andrea Devicenzi: il ciclista con disabilità che ha attraversato tutta l’Islanda


Rinascere con lo sport. Andrea Devicenzi, amputato a una gamba a 17 anni dopo un incidente stradale, ha attraversato tutta l’Islanda: duemila chilometri in bici tra vulcani, geyser e sfide da superare, guidato da resilienza e coraggio. Un’impresa documentata da video, fotografie e racconti che daranno vita ad ottobre a un docufilm e poi ad un libro.

Andrea è un tipo abituato alle imprese: cammini, scalate, gare sportive, ciclismo estremo. Breve riassunto di qualcuna di queste, giusto per capire. La montagna è una delle sue passioni: nel 2010 è stato il primo ciclista amputato ad arrivare in vetta del KardlungLa, 5.602 metri, percorrendo in bicicletta la strada carrozzabile più alta del mondo. Lo sport è stato una costante della sua vita, arrivando a quello di più alto livello: Azzurro di paratriathlon per oltre 3 anni, ha vinto un argento agli Europei nel 2013. La bicicletta sempre nel cuore: nel 2016 in Perù ha pedalato per oltre 1200 chilometri in 11 giorni, da Lima e a Cusco.

L’ultima impresa è di quelle che lasciano il segno, nella mente e nel cuore: «Oltre 2000 chilometri circumnavigando l’Islanda in bici tra vulcani, geyser e natura incontaminata, alla scoperta delle sue terre e della sua gente, raccogliendo storie di resilienza, coraggio e successo». Una specie di «ciclismo lento», anche se poi questa parola non è la più adatta perché Andrea è uno che va forte. Campione si rimane sempre. «Mi piace questo modo di fare sport: senza avversari, ma sempre con energia, concentrazione, determinazione, anche coraggio. Si impara a vivere ogni metro, ogni pedalata, ogni luogo che si attraversa». L’Islanda l’ha affrontata così: «Ho vissuto un sogno. Mi sono goduto ogni istante. Anche se è stato un viaggio complesso». Anche perché ha attraversato l’isola in senso antiorario, con il vento contro.

Un’impresa documentata da video, fotografie e racconti (pronto a ottobre un docufilm e poi un libro) vissuta in tenda e sacco a pelo: «Circa 120 chilometri al giorno, una bella prova dal punto di vista mentale, organizzativo, alimentare e fisico». Affrontata non da solo, ma con amici («Simone Pinzolo, che mi ha aiutato per la logistica, e Andrea Baglio, straordinario videomaker») e aiuti, anche economici e organizzativi, senza i quali non sarebbe stata possibile, e con il supporto della compagna Jessica e delle figlie Giulia, 17 anni, e Noemi, 12: «Una impresa che senza il loro sostegno non sarebbe stata possibile, come quello delle principali aziende che mi hanno sostenuto, Pomì, Progetti del Cuore e Quixa. Portare a termine questa impresa è un riconoscimento a chi ha creduto in me. A differenza di altre occasioni, non ho avuto fretta nel concludere le singole tappe. Perché ho capito che è il percorso fatto a dare valore alla totalità del progetto».