Grs week 11-12 marzo/Welfare, con una mano si dà con l’altra si toglie

Bentornati all’ascolto del Grs week, in studio Giovanna Carnevale.
Politiche sociali al centro dell’agenda politica di questa settimana. Disabilità, non autosufficienza, povertà, servizi per l’infanzia, sostegno al reddito: parole che nei giorni scorsi hanno ottenuto l’attenzione dei media e fatto da protagoniste nelle dichiarazioni di ministri e parlamentari come accade raramente. Ma in che modo si è parlato di sociale o, meglio ancora, in quale direzione si è mossa la politica nell’affrontare le emergenze socio-economiche del Paese?
Difficile a dirsi, in realtà: a distanza di pochi giorni, due provvedimenti di segno praticamente opposto hanno reso complicata una lettura precisa di quale sia la strategia del governo in ambito sociale. Rimane il chiaroscuro di misure che con una mano danno alle persone in condizione di maggior disagio e con l’altra tolgono. Ma ascoltiamo cos’è accaduto nel dettaglio nella scheda di Giordano Sottosanti.

L’8 marzo è stata confermata quella che fino a pochi giorni prima era solo una dichiarazione del Ministero dell’economia passata in sordina: i fondi sociali delle Regioni verranno tagliati, a partire da quest’anno, di oltre 485 milioni di euro. Una riduzione di circa 210 milioni quella che riguarda il Fondo per le politiche sociali, mentre 50 sono i milioni ritirati dal Fondo per le Non Autosufficienze. Solo due giorni dopo una notizia che si aspettava da tempo come un grande passo in avanti per un Paese abitato da più di 4 milioni di persone in povertà assoluta: il Ddl che prevede l’introduzione del Reddito di Inclusione e il riordino dei servizi sociali è diventato legge dopo l’approvazione definitiva al Senato. Grazie a questa nuova misura verranno raggiunte circa 400 mila famiglie con minori a carico, alle quali arriveranno fino a 400 euro al mese. Un miliardo e mezzo il totale delle risorse a disposizione, almeno per il primo anno di applicazione della misura.

Aiuto ai più poveri, quindi, ma anche drammatico peggioramento della condizione di chi, a vari livelli, ha bisogno del sostegno delle istituzioni: i tagli, infatti, riguarderanno i servizi di cura delle persone, quelli per la prima infanzia o per i non autosufficienti, i servizi territoriali comunitari e le misure di inclusione sociale.
Alla portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore, Claudia Fiaschi, abbiamo chiesto un bilancio della situazione alla luce degli avvenimentidi questa settimana e cosa si può prevedere per i prossimi anni.
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Grs week 11-12 febbraio – Buona scuola? L’istruzione a un bivio

Bentornati all’ascolto del Grs week, in studio Giovanna Carnevale. “L’educazione è l’arma più potente che si possa usare per cambiare il mondo”, diceva Nelson Mandela. Cruciale, si potrebbe aggiungere, è allora pensare bene a come lo si vuole cambiare. Perché  se è scontato che i bambini di oggi saranno gli uomini di domani, non lo è pensare a lungo termine in un’ottica culturale e porre le basi adesso  per una società futura che non contempli solo il valore della competizione e della produzione. La scuola è lo specchio di un Paese in fase embrionale. Quella italiana in questi anni sta cambiando molto velocemente. Ma come lo sta facendo? Ascoltiamo la scheda di Giordano Sottosanti.

Ma sono tanti i punti della riforma che non accontentano né gli insegnanti né gli studenti e si parla anche di “accanimento riformatore” di un’istituzione che ha sì bisogno di miglioramenti ma che tutelino il diritto alla conoscenza da un sistema sbilanciato sulla valutazione. Un esempio è l’alternanza scuola-lavoro di cui ci parla Giammarco Manfreda, coordinatore Nazionale della Rete degli Studenti Medi.

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E c’è poi la questione degli studenti con disabilità. Continuità didattica degli insegnanti e inclusione sono le parole d’ordine che il Governo dovrebbe avere per realizzare davvero una buona scuola. Ma per il mondo associativo non si sta andando in questa direzione e il perché ce lo spiega Vincenzo Falabella, presidente della Federazione italiana per il superamento dell’handicap.

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Quale scuola vorremmo che fosse vissuta dagli uomini di domani? Uno spunto potrebbe venire da una persona, Simonetta Salacone, che ha insegnato per gran parte della sua vita difendendo sempre il valore dell’integrazione. Deceduta poche settimane fa, credeva in una scuola che aiutasse bambini e adolescenti a confrontarsi con idee e culture diverse, a incontrare altre narrazioni e a non credere a certezze dogmatiche.

Grsweek – Edizione del 11-12 giugno – Speciale Elezioni

Bentrovati all’ascolto del Grs Week.

In studio Giuseppe Manzo. E’ la nuova maggioranza, silenziosa e invisibile. Rappresentano la  metà degli italiani, soprattutto nelle grandi città: sono gli astensionisti. Questo è il dato che è  emerso dal voto del 5 giugno e che si appresta ad essere confermato anche nel giorno dei ballottaggi del 19. Sono numeri che spiegano un fenomeno strutturato con la crisi economica che mette in primo piano il sentimento di disillusione, le nuove forme di partecipazione e le incapacità della politica. Ascoltiamo il direttore dell’agenzia stampa Redattore Sociale Carla  Chiaramoni …
Oltre alla mancanza di temi che la campagna elettorale esprime e all’affezione della politica mediatica alla polemica social c’è un quadro più profondo che allontana l’elettorato dal voto. E non vuol dire che sia mancanza di partecipazione civile.

Ascoltiamo il servizio di Giordano Sottosanti: “Sono stati 1.342 i Comuni chiamati al voto lo scorso 5 giugno.  Ancora in crescita l’astensionismo. La scelta di tenere aperti i seggi solo la domenica non ha aiutato. Sono ormai un lontano ricordo le lunghe file ai seggi registrate fino agli anni ’90. Sarà che non esistono più i partiti di massa della Prima Repubblica o che ormai gli italiani abbiano smesso di credere nell’utilità del proprio voto, a causa di sempre più Comuni commissariati e Governi scelti da organismi sovranazionali. In questa ottica, purtroppo, il non voto ha rappresentato una forma di protesta. Anche i media ci hanno messo del loro, cercando di cavalcare polemiche sterili ma sensazionalistiche tra candidati, anziché raccontare i loro programmi.  Soffia un sentimento di sfiducia che sembra inarrestabile, nonostante un Premier giovane, l’avanzare di movimenti “di protesta” o l’introduzione della preferenza di genere. Di certo, per portare la gente a votare occorrono candidati capaci e credibili. Ma i partiti sembrano aver perso la capacità di selezionare la loro classe dirigente. E allora spesso preferiscono mimetizzarsi dietro figure e liste “civiche” che disorientano l’elettorato. Addirittura in tre piccoli Comuni le elezioni sono state   rinviate   per assenza di candidati.”

Il rifiuto o l’indifferenza verso il voto è un dato che coinvolge soprattutto le grandi città. Sono i grandi agglomerati urbani, da Nord a Sud, che esprimono le tensioni sociali più forti e la lontananza dal voto. Ascoltiamo il servizio di Anna Monterubbianesi: “Il 5 giugno l’Italia è andata al voto per scegliere il sindaco in molte città. Il Paese è arrivato al momento elettorale con grande tensione, molte aspettative e tanta incertezza che i risultati delle comunali hanno pienamente confermato delineando un quadro nuovo: tutte le principali città sono finite al ballottaggio, i vecchi partiti hanno perso forza e radicamento nei territori e una nuova forza politica si è fatta ampio spazio in questo clima di crescente insicurezza. Ma il dato che è emerso su tutti è stato quello della forte astensione nelle città metropolitane. Il 5% in meno in media di affluenza rispetto alla precedenti amministrative con dei picchi importanti, come a Milano e Bologna, anche se in alcune città si è votato di più. E se la campagna elettorale non è stata di quelle che spingono gli elettori ad andare alle urne, la rassegnazione e la crescente disaffezione da parte dei cittadini alla politica, più che la disillusione per i singoli candidati, sono ormai piuttosto evidenti.”
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