GRSWEEK 23/06/2018 – Il populismo dell’odio

Bentrovati all’ascolto del Grs week, in studio Francesca Spanò e Ivano Maiorella. C’era una volta la coesione sociale. Un valore che significava rispetto e dignitá umana, da conoscere e far conoscere, in Italia e in Europa. Per istituzioni piú autorevoli e relazioni piu civili tra le persone.

C’era anche un ministero per puntare alla coesione sociale e territoriale in un Paese, il nostro, nel quale l’idem sentire è sempre stato scarso.

Il ministero, oggi, in Italia, si chiama in maniera diversa e quel valore sembra essere evaporato sotto la canicola estiva di questi giorni. Una cappa strana, fatta di minacce verbali da agitare come un manganello, tutti contro tutti, le minoranze fastidiose è giusto che paghino, siano rom o migranti. Ascoltiamo Carlo Stasolla presidente associazione associazione 21 luglio.

 

[sonoro]

 

“ I nostri governanti non si rendono conto che stanno superando ogni limite. Ci sono responsabilità chiare. Preoccupa che l’opinione pubblica abbocchi a slogan populisti”.

 

 

Il populismo dell’odio fa leva sulla sicurezza che gli italiani richiedono a pieni polmoni. Ecco allora gli annunci di rimpatri forzati, blocchi navali, schedature coatte. Bullismo verbale, con l’unico risultato tangibile che è quello di moltiplicare l’opposto. Cioè l’insicurezza, la paura, la diffidenza. Le prove generali s’erano viste negli ultimi anni, laddove alcuni assessorati regionali e comunali del profondo nord d’Italia avevano addizionato la delega sulla sicurezza a quella per i migranti. Un’equazione naturale, un bersaglio preciso, del quale il populismo si nutre. Ascoltiamo lo scrittore Paolo Di Paolo

[sonoro]

 

“La parola populismo non è rappresentativa di questo fenomeno perché sembra sottintendere che si parli al popolo, a tutto il popolo. Ma non è così. Il popolo è un organismo complesso. In realtà il populismo parla ad una massa e gli costruisce una sorta di bersaglio, di capro espiatorio per ogni male”.

Coesione sociale significa anche sicurezza, perché la sicurezza è un diritto per tutti i cittadini, che lo stato deve garantire. Ma è il risultato di una serie di necessità sociali e materiali, come il lavoro e l’educazione, la salute e l’informazione. Farne un obiettivo a se stante significa mulinare il bastone della politica a beneficio della propaganda e non del bene comune. Scintille d’odio verso tutto e verso tutti, anche nei confronti di chi, in questi anni, ci ha aiutato a riflettere su una delle piaghe più profonde, la mafia. Parliamo di Roberto Saviano che per le sue denunce vive sotto scorta ed ha di fatto rinunciato alla sua vita. Un sacrificio che diventa privilegio, col sapore di uno slogan postelettorale. Ascoltiamo ancora Paolo Di Paolo

 

[sonoro]

 

“Perfino la scorta di Saviano diventa un privilegio nelle parole di Salvini, è chiaro che è una costruzione propagandistica, scollata dalla realtà, perché mette un cono d’ombra sulla figura di uno scrittore che in questi anni si è esposto e ha rischiato in prima persona, ha fatto nomi e cognomi. Tutto questo viene aggirato dalla costruzione di un bersaglio, quel bersaglio diventa il canale attraverso il quale gran parte dell’elettorato sfoga il suo malessere”.

Ci sarebbe bisogno di ripresa e sviluppo, di certezze e di diritto al futuro che i giovani, e non solo, cercano come l’ossigeno. E se il ministro dell’interno finisce per prendersela anche con Roberto Saviano, colpevole di godere di una scorta di cui potrebbe non avere bisogno, assegna alla parola “Valuteremo” un significato sinistro. Se il populismo dell’odio mostra i muscoli significa che di coesione sociale, di dignità e rispetto per la verità c’è davvero bisogno.

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