GRSWEEK 4-5 marzo 2017 – Una comunicazione più etica

 

Bentornati all’ascolto del GRSWEEK da Fabio Piccolino

 

Quello dell’etica nella comunicazione è un tema che riguarda, a vario titolo, diversi settori della società. Oggi tutto è comunicazione e per questo non si può prescindere da un’attenzione alle parole, così come alle immagini e ai temi che vengono trattati. E’ un argomento  che riguarda i mezzi di informazione, ma che coinvolge anche i singoli cittadini, sempre più alle prese con una rappresentazione della realtà che passa anche per l’utilizzo massivo dei social network.
La violenza da verbale si tramuta in virtuale, e l’odio sul web diviene un meccanismo subdolo dal quale è sempre più difficile difendersi. Ma un’alternativa è possibile: per tentare di sensibilizzare sull’utilizzo delle parole, è stato lanciato nei giorni scorsi a Trieste il Manifesto della comunicazione non ostile; dieci punti che hanno l’obiettivo di rendere la Rete un luogo migliore e più sicuro. Come ci spiega Rosy Russo, creativa ed ideatrice del Manifesto.

 

[sonoro]

 

Comunicare in modo diverso significa anche interrogarsi sui contenuti : il mondo del non profit in particolare ha bisogno di proporre un proprio modello etico che rifiuti il pietismo e che allo stesso tempo  respinga la spettacolarizzazione del dolore.
Il rispetto della dignità umana e la correttezza nei confronti delle persone e delle comunità coinvolte sono alla base dell’adesione di Aoi e di Link 2007 all’Istituto di Autodisciplina della Pubblicità.
Ai nostri microfoni Silvia Stilli, portavoce dell’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale

 

[sonoro]

 

Si tratta di un tema che riguarda la credibilità delle organizzazioni di terzo settore, che per prime sentono la necessità di mettere in campo azioni concrete. Ascoltiamo Nino Santomartino, responsabile per la comunicazione di Aoi.

 

[sonoro]

 

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GRSWEEK 4-5 febbraio 2017 – Nell’Italia di Sanremo

 

Bentrovati all’ascolto del GRSWEEK da Fabio Piccolino

 

Il Festival di Sanremo è spesso lo specchio del presente dell’Italia: che piaccia o meno, offre uno sguardo sul nostro paese e sullo stato della sua offerta culturale.
Ma a che punto è l’Italia del 2017?
Un paese vecchio che ha paura di guardare al futuro, di sbilanciarsi, di perdere il suo fragile equilibrio.
Che guarda al nuovo con diffidenza, a distanza di sicurezza.

Sanremo diventa così un grande contenitore popolare che ha l’ambizione di piacere a tutti, unendo la tradizione da cui non si prescinde a cauti cambiamenti.

Cambiare: difficile immaginarlo in questa edizione 2017:  Carlo Conti è alla terza conduzione di fila e sembra  il padrone di casa perfetto per un immaginario immobile e rassicurante. Con lui  c’è Maria De Filippi, la signora della televisione dei sentimenti artefatti e delle lacrime, dei talent mangiasogni e del gossip della gente comune. I due principali concorrenti televisivi  uniti nel segno del nazional-popolare e quindi del successo  senza scossoni, benedetto dalla satira  di Maurizio Crozza, pungente all’apparenza ma innocua nella sostanza.
Annunciato da spot pubblicitari di dubbio gusto, Sanremo 2017 è in primis una gara canora anche se paradossalmente questo sembra essere un aspetto di secondo piano.
Tra i 22 artisti in gara abbondano quelli venuti  direttamente dai talent show, assieme a quelli perfettamente a proprio agio con il palco dell’Ariston , oltre ai soliti e rari esperimenti di musicisti estranei al meccanismo Sanremo.
Ascoltiamo il parere di Paolo Bassotti, esperto di cultura pop:

 

[sonoro]

 

Il Festival della Canzone Italiana può ancora definirsi tale? Quella che va in scena è la rappresentazione dell’offerta musicale del paese o è solo una delle sue sfaccettature?
Per dimostrare che il festival non rappresentava in pieno la musica italiana, negli anni 80 nacque la contro-manifestazione Sanremo Rock in cui, nelle diverse edizioni, si esibirono molti musicisti fuori dal circuito dell’Ariston.
Oggi la musica cosiddetta indie non è più di nicchia ma punta al grande pubblico e lo conquista, come dimostrano gli exploit di artisti come Calcutta e The Giornalisti, o il boom della musica rap. Uno scollamento della realtà che coinvolge soprattutto i giovani, i veri consumatori culturali di questo paese.
Ai nostri Tommaso Zanello, in arte Piotta

 

[sonoro]

 

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