I diritti dei più fragili nelle zone di guerra

Bentornati all’ascolto del Grs Week. In studio Patrizia Cupo.

Cosa significa vivere in guerra quando sei un bambino, una persona con disabilità o un componente della comunità LGBTQ+?   Spesso significa essere invisibile. Vivere tra macerie e silenzi, senza voce e senza protezione.

In Ucraina, più di 14 milioni e mezzo di persone necessitano di assistenza umanitaria: un terzo sono bambini e minori di 18 anni.  Un bambino su cinque  ha dichiarato di aver perso un parente o un amico in guerra; uno su tre ha riferito di sentirsi così disperato e triste da non poter svolgere le proprie attività abituali. I danni sociali e psicologici su di loro sono enormi. Sentiamo Arianna Benesso, cooperante di Ai.Bi. Amici dei Bambini in Ucraina e Moldova.

La guerra rende più fragile anche la comunità LGBTQ+ a causa della perdita di accesso a servizi di supporto, assistenza sanitaria e rifugi. Oltre alle normali sfide legate al conflitto, come sfollamento e violenza, la comunità LGBTQ+ affronta anche omofobia e transfobia, sia da parte dell’esercito russo che all’interno del paese. Mentre il mondo, nel mese di giugno, è chiamato a celebrare con i Pride la rivendicazione dei diritti delle persone Lgbtq+, nelle zone di guerra molti sono costretti a scegliere tra la fuga, con il rischio di finire in paesi omofobi, o rimanere e affrontare la discriminazione e la violenza.  Sentiamo Federica Valcauda, tesoriera di Europa Radicale.

E se i conflitti attivi nel mondo sono ad oggi oltre 120 secondo le Nazioni Unite, la zona considerata tra le più pericolose resta la Striscia di Gaza. Lì, specie le persone con disabilità stanno affrontando una crisi devastante. Ce lo racconta Yousef Hamdouna, responsabile progetti per EducAid nella Striscia di Gaza

E’ proprio in guerra che i diritti umani andrebbero protetti con più forza. Il volontariato non si ferma. Va dove nessuno vuole stare. Si muove nelle crepe. Costruisce dove tutto sembra crollare.

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