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GRS WEEK 16-17 MARZO 2018 – LE OLIMPIADI SONO FINITE. VIVA LE OLIMPIADI

 

Cala il sipario sui Giochi olimpici invernali di PyeongChang: il 18 marzo si chiuderanno, infatti, anche le Paralimpiadi, che rimarranno nell’albo dei record per essere stati i giochi paralimpici che hanno venduto più biglietti in assoluto nella loro storia iniziata nel 1960 a Roma con i Giochi estivi. Il n.1 del Cio, Thomas Bach, ha dato appuntamento a Pechino 2022, mentre in Italia iniziava la discussione sulla eventuale candidatura di Torino ai Giochi invernali 2026. Le olimpiadi coreane, cui hanno preso parte quasi tremila atleti di 92 paesi diversi, erano attese per le loro potenzialità come canale diplomatico e in parte hanno sicuramente assolto a questo ruolo, simbolicamente rappresentato dalla stretta di mano tra la sorella del leader della corea del nord e il presidente sudcoreano. Possiamo definirle le Olimpiadi del disgelo? Lo abbiamo chiesto a Cosimo Cito, giornalista de la Repubblica.

Proprio a PyeongChang  i presidenti del Cio e del Comitato paralimpico internazionale hanno firmato un accordo a lungo termine: anche nelle prossime edizioni dei Giochi la stessa città e gli stessi impianti ospiteranno prima le Olimpiadi e le Paralimpiadi, per ora la fusione dei due eventi non è in programma. Ma cosa rappresentano i Giochi paralimpici per il sistema sportivo? Si tratta di un modello vincente per la promozione dello sport per tutti o è solo un’omologazione allo sport campionistico? Ecco cosa ne pensa l’atleta paralimpica Laura Coccia.

Le nostre capacità sono più importanti dei nostri limiti e lo sport paralimpico lo dimostra, ma è un paradigma che può valere sempre e per tutti? Sentiamo Vincenzo Falabella, presidente Federazione italiana per il superamento dell’handicap.

Grs week 10-11 febbraio/Stampa e potere: libertà d’informazione sotto attacco

Bentornati all’ascolto del Grs week da Giovanna Carnevale.

Viviamo “un mondo in cui gli attacchi contro i media sono diventati ordinari e gli uomini forti sono in ascesa. Abbiamo raggiunto l’età della post-verità, della propaganda e della soppressione delle libertà, soprattutto nelle democrazie”. A dirlo è l’ultimo rapporto di Reporter senza frontiere, che ogni anno analizza la situazione a livello globale della libertà di stampa.

Censura, autocensura, minacce, aggressioni ai giornalisti creano uno scenario in cui libertà di informare e diritto ad essere informati sono sotto attacco. E spesso per raccontare la realtà si perde la vita: non serve tornare troppo indietro negli anni, alle scomparse di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, Graziella De Palo e Italo Toni per fare degli esempi: Giulio Regeni, lo slovacco Jan Kuciak che indagava sulla ndrangheta, la maltese Daphne Caruana Galizia che investigava sui Panama papers sono casi recenti di giornalisti morti perché avevano scoperto qualcosa che le persone avevano diritto di sapere. Altissimo è il prezzo che oltre a loro, pagano le democrazie: ascoltiamo Paolo Borrometi, presidente di Articolo21.

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Se per Reporter senza frontiere Norvegia, Svezia e Finlandia sono i primi tre Paesi per la libertà di informazione, ai confini dell’Europa un altro Stato, la Turchia, vive uno dei suoi periodi più bui per i diritti umani, tra cui anche quello dei giornalisti. Come ci spiega Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International

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