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GRSWEEK 10-11 febbraio 2018 – Macerata, il racconto delle migrazioni e il ruolo del Terzo settore

Bentrovati all’ascolto del GRSweek da Anna Monterubbianesi.

Macerata da tranquilla provincia marchigiana è diventata la punta  di un iceberg che è impossibile ignorare: odio e razzismo affiorano. Il neofascismo ha il volto della xenofobia in Italia come in Europa. L’ultimo episodio ha visto un estremista sparare diversi colpi di arma da fuoco su alcuni passanti inermi, tutti stranieri e di origine africana.

Questi fatti accadono in un clima di tensione, che l’attuale campagna elettorale non fa che amplificare e l’incapacità di affrontare e raccontare una situazione giunta ormai al limite favorisce il proliferare di una narrazione che vede i cittadini di origine straniera bersaglio di notizie tendenziose e pregiudizi che soffiano sul fuoco un clima di odio.

Le organizzazioni sociali hanno fatto da subito sentire la propria voce, manifestando presenza e solidarietà per dire con fermezza NO al degrado sociale, NO ogni forma di fascismo e razzismo, NO alla criminalità e ad un clima di odio. “Rivolgiamo il nostro appello, prima di tutto, alle istituzioni e alla politica perché facciano la loro parte affinché non vengano alimentate paure né tantomeno incitate forme di xenofobia e razzismo.” – così ha dichiarato il Forum del Terzo Settore in una nota: “Vorremmo non dover più assistere a simili atti di odio ma avere risposte autorevoli che mettano al centro accoglienza e rispetto dei diritti di ogni persona.” Anche il CSV delle Marche ha ricordato che i fatti di Macerata “sono un campanello d’allarme da non sottovalutare come cittadini, prima di tutto, e poi come operatori del terzo settore”. Queste le parole del presidente del Simone Bucchi…

Ci troviamo davanti ad un racconto sbagliato del fenomeno delle migrazioni e dell’accoglienza, che non tiene conto di moltissimi aspetti, e che anzi porta a crescere il binomio “immigrati e criminalità”. Alcuni dei dati più recenti, diffusi lo scorso settembre dal Sole24Ore, riguardano le persone arrestate e denunciate fra il 1 agosto del 2016 e il 31 luglio del 2017. Quello che emerge è uno squilibrio tra il numero di immigrati presenti sul territorio – un 8,5% – e quello di reati commessi dalle stese persone – il 28,8%. Come stanno davvero le cose ce lo racconta Adriano Biondi, giornalista di Fanpage.it…

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GRSWEEK 3 febbraio 2018 – Sanremo, tra musica e impegno sociale

 

Bentrovati all’ascolto del Grs week, l ‘approfondimento settimanale del Giornale Radio Sociale. In studio Clara Capponi.
La sessantottesima edizione del Festival della Canzone Italiana è alle porte. Venti sono i big e 8 le nuove proposte che si sfideranno sul palco dell’Ariston dal 6 al 10 febbraio. Stesso canale, stessa ora per cinque giorni fino a tarda notte; si rinnova un rituale che ogni anno tiene incollato allo schermo quasi il 50% degli italiani, attirati dalla curiosità generata dalle anticipazioni pubblicate su tutti i network.

Ma cos’è cambiato su quel palco in tanti anni storia? Ce ne parla Fabio Piccolino

 

La storia del Festival di Sanremo attraverso i cambiamenti del costume e della società. Racconti di diritti civili ma anche di mutamento dei tempi, di modernità che spesso si scontra con il conservatorismo e la censura. Quasi settant’anni di storia che sono la storia del nostro Paese.

Nel 1959 Jula De Palma presenta al Festival il brano “Tua” e fa scandalo. La sua performance viene giudicata sopra le righe e il pezzo, che parla di un rapporto tra un uomo e una donna, troppo esplicito. La cantante riceve migliaia di lettere di insulti e il disco viene censurato.

 

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Nel 1961 Umberto Bindi sfoggia un vistoso anello al dito mignolo: un elemento sufficiente ad alimentare i pettegolezzi di stampa e pubblico riguardo alla sua presunta omosessualità e a rendere l’artista vittima della discriminazione per gli anni a seguire.

Dieci anni dopo, nell’edizione del 1971, Lucio Dalla è costretto a cambiare il titolo e parte del testo di quella che sarebbe diventata una delle sue canzoni più celebri: “Gesù Bambino” diventa “4 marzo 1943”.

 

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Vittima della censura è anche Massimo Troisi nel 1981: al suo monologo su Dio e gli angeli custodi vengono richiesti troppi tagli, e l’artista decise di non salire sul palco.

A rompere gli schemi nel 1978 è Rino Gaetano con la sua “Gianna”: per la prima volta sul palco dell’Ariston viene pronunciata la parola “sesso” in una canzone.

 

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L’edizione del 1984 è segnata dalla protesta degli operai dell’Italsider di Genova, che contro la minaccia dei licenziamenti, occupano l’ingresso del teatro minacciando il blocco del Festival. Il conduttore Pippo Baudo fa salire alcuni di loro sul palco per spiegare i motivi della mobilitazione. Il loro intervento sarà molto applaudito.

Lo sketch comico a sfondo religioso del trio Marchesini-Lopez-Solenghi a Sanremo 89 viene giudicato troppo blasfemo e provoca una levata di scudi da parte di tutto il mondo cattolico.

“Nessuno tocchi Caino” è il pezzo che Enrico Ruggeri e Andrea Mirò presentano nel 2003 per promuovere la campagna mondiale contro la pena di morte. La canzone si classificherà quarta.

 

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Nell’edizione del 2016 diversi artisti salgono sul palco dell’Ariston portando nastri arcobaleno: servono per manifestare il sostegno alla legge sulle unioni civili che in quei giorni è in discussione in Parlamento.

 

“Le canzoni in gara Sono “punti di osservazioni del nostro tempo, di un’epoca non chiara e di passaggio” – ha spiegato il direttore artistico Claudio Baglioni.
Non mancheranno quindi temi sociali come la violenza sulle donne al centro della canzone di Nina Zilli, una delle sole 4 donne in gara.
Precarietà, lavoro, sfruttatori, identità confuse: è la vita dei giovani che racconteranno il gruppo indie gli Stato Sociale. Tra i big anche Fabrizio Moro ed Ermal Meta che all’Ariston porteranno “Non mi avete fatto niente” una canzone sul terrorismo e contro la paura che si è generata nel mondo.
Tra le nuove proposte l’emozionante brano di Mirkoeilcane che tratta il drammatico tema dei migranti visto con gli occhi di un bambino.

 

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