Audio

Grs Week – 6-7 febbraio 2016 – La crisi di Schengen

 

Il trattato di Schengen è forse l’elemento più tangibile dell’Europa unita.
La progressiva abolizione delle frontiere tra gli stati sarebbe dovuto essere il primo passo verso una unità che nei fatti ha trovato molti ostacoli sul suo percorso.
Il sistema oggi è in forte crisi: la minaccia del terrorismo e ancora di più il dramma dei rifugiati e dei richiedenti asilo ha determinato il ripristino dei controlli in Austria, Germania, Slovacchia, Francia, Olanda, Repubblica Ceca e Danimarca.
Ma cosa significherebbe la fine di Schengen da un punto di vista geopolitico?
Lo abbiamo chiesto a Daniele Scalea, presidente dell’Isag, istituto di alti studi in geopolitica e scienze ausiliarie.

 

[sonoro]

 

La chiusura delle frontiere non è soltanto un problema politico: secondo l’organismo governativo France Strategie l’eventuale fine di Schengen potrebbe costare all’Europa fino a 100 miliardi di euro, colpendo scambi commerciali, turismo e investimenti.

 

Per scongiurare un cambiamento così drastico è nato un movimento di opinione che ha già raccolto numerose adesioni. La campagna #DontTouchMySchengen è partita dai Giovani Federalisti Europei.
Ascoltiamo ai nostri microfoni il responsabile della comunicazione Lorenzo Berto.

 

[sonoro]

 

Alla campagna #DontTouchMySchengen aderisce anche il Forum del Terzo Settore.
Secondo il portavoce nazionale Pietro Barbieri, “non è possibile immaginare che davanti all’emergenza immigrazione la risposta più semplice sia quella di ripristinare le politiche frontaliere. La libera circolazione nell’area è, e deve rimanere, un diritto dei cittadini del vecchio continente”.