Incontrarsi in piscina, contro gli integralismi

di Ivano Maiorella

”Noi la piscina, voi la Medina”: non un odioso atto razzista ma soltanto difesa dell’orgoglio nazionale. Si sono giustificati così, domenica, di fronte alla piscina comunale di Mestre. Un gruppo di estremisti di destra ha deciso di mandare in scena l’odio e il rancore. Nelle giornate internazionale contro l’omofobia. La piscina pubblica di Mestre è diventata il simbolo della loro mancanza di idee.

La scelta che avrebbe scatenato la sguaiata protesta sarebbe quella di consentire l’ingresso, per due ore alla settimana, alle sole donne. Un pretesto per rifiutare il diritto alla privacy di chi non vuole mostrarsi in costume da bagno. Lo aveva spiegato il Comune di Venezia e lo aveva ribadito l’associazionismo sportivo che gestisce la piscina. Non soltanto per le donne musulmane ma anche per donne vittime di menomazioni o semplicemente desiderose di evitare sguardi indiscreti.

Un esperimento, lanciato dalla Polisportiva Bissuola e dall’Uisp, esattamente come è avvenuto da tempo in altre città, come Torino. Nonostante le intimidazioni dei giorni precedenti la piscina, domenica 18 maggio, è rimasta aperta. Senza clamori inutili, senza trasformare quel luogo in un crocicchio di orgogli contrapposti, senza giocare sul fatto che tra una settimana ci saranno le elezioni.

Semplicemente perché lo sport è un diritto, è un’occasione di incontro e di dialogo per le donne che lo scelgono e le opportunità vanno costruite per tutti e per tutte. Dalle opportunità nascono nuove consapevolezze: pensiamo che dalla piscina di Mestre, dalle donne che domenica mattina hanno deciso di incontrarsi lì, è partito fortissimo il grido “Liberatele!” contro l’odio fanatico di Boko Haram in Nigeria. E contro chi stava fuori a protestare contro le loro due ore di nuoto la settimana. Contro gli integralismi della paure e della divisione, fuori dalla storia e fuori da quella piscina.