È tempo delle scelte, coraggiose o meno, da parte di chi governa. L’impatto del Coronavirus sulla vita delle persone è ormai imminente o in alcuni già in corso: difficoltà a reperire beni di prima necessità, a pagare l’affitto, zero reddito in tante fasce della popolazione dopo la chiusura del Paese.
Con il decreto del 28 marzo l’unica scelta è stata quella di prendere tempo. Un’anticipazione del Fondo di solidarietà ai comuni per una boccata d’ossigeno e 400 milioni per creare buoni spesa. Il riparto di queste risorse straordinarie prevede che a Roma, per esempio, vadano 15 milioni, a Milano 7,2 milioni, a Napoli 7,6 milioni, a Palermo 5,1 milioni, a Bari quasi 2 milioni, a Venezia 1,3 e a Padova 1,1. In pratica, per una città del Sud in sofferenza come Napoli, sarebbero coinvolte poco più di 100mila persone per una somma pari a 50 euro. La macchina organizzativa sposta l’incombenza sui comuni, attraverso i servizi sociali, e il terzo settore che diventerebbe il front office del disagio e della rabbia. Se da una parte il non profit sembra essere legittimato dal governo dall’altra il suo ruolo viene delegato a operatori della carità.
Non era quello che era stato chiesto dalle principali reti associative e dalle fondazioni come Forum Disuguaglianze Diversità, Alleanza contro la povertà, Fondazione Con il Sud e Alleanza cooperative sociali e le tante esperienze di mutualismo sociale dei cittadini. Allargamento della platea del reddito di cittadinanza, sostegno al fitto di casa, protezioni per gli operatori del welfare e sostegno alle cooperative sociali, degli artigiani, delle piccole imprese.
È tempo delle scelte coraggiose, non bisogna rinviarle a Pasqua. Anche perché non c’è più tempo, il disagio bussa alla porta e non chiederà il permesso di entrare: la carità è un principio molto alto ma non è appropriato a chi governa che deve decidere da che parte sta.
Giuseppe Manzo giornale radio sociale