Morire a 15-16 anni dopo aver assunto metadone o codeina. Ha ragione il Procuratore di Terni Alberto Liguori quando ha detto che c’è una responsabilità collettiva verso questi due minori e che il mondo degli adulti non è stato capace di fare il suo dovere.
E non è solo la responsabilità penale del 41enne tossicodipendente che ha ceduto la sua dose di metadone ai ragazzi.
“Nessuno può sentirsi assolto”, lo ha spiegato Luciano Squillaci – presidente della Federazione italiana comunità terapeutiche e si rivolge anche chi ci governa: “i dati parlano chiaro, quasi un morto al giorno per droga in Italia ma nessuno se ne preoccupa e l’unico dibattito che appassiona è cannabis si o cannabis no. Le droghe creano dipendenza e soprattutto gli adolescenti non hanno gli strumenti per poter fronteggiare questa sirena attrattiva, troppo seduttiva, se alla base non c’è, da parte della società tutta, una corretta informazione ed educazione emotiva”.
Nelle Comunità terapeutiche, spiega Squillaci, nel 2019 è stato registrato un incremento di prese in carico di quasi il 10% di minori e adolescenti rispetto al 2017. “Di questi il 39% ha assunto per la prima volta cannabis, il 12% eroina, l’11% cocaina ed il 25% alcol”.
Dov’è la prevenzione? Dove sta la scuola? Che impatto avrà la crisi covid con la mancanza di comunità scolastiche e il carico di solitudine on line? Non si può morire a 16 anni di metadone, è un fallimento per tutti.
Giuseppe Manzo giornale radio sociale