Avete appena ascoltato un passaggio dell’intervento alla Camera dei deputati di Francesco Maria Chelli, presidente dell’Istat. Davanti ai membri della Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica, Chelli ha aggiornato il borsino del depopolamento italiano e della fuga dei cervelli.
Ancora numeri negativi, ancora scenari bui sul fronte degli italiani che lasciano l’Italia. L’Istat conferma la tendenza alla fuga da parte dei nostri connazionali. Dai più recenti indicatori demografici, resi pubblici il 31 marzo, si registra che nel 2024 sono aumentate di oltre il 20% le emigrazioni per l’estero. Dalle 158mila persone emigrate nel 2023 alle 191mila del 2024. Si tratta del valore più elevato finora osservato negli anni Duemila. Gli espatriati si dirigono prevalentemente in Germania, Spagna e Regno Unito, ma sono tanti i Paesi pronti ad accogliere soprattutto giovani italiani in cerca di un futuro migliore. Migliaia di ragazze e ragazzi cresciuti nel nostro sistema di pubblica istruzione, che mettono le competenze e le conoscenze apprese al servizio di altre realtà. Emblematico è il caso del settore sanitario, dove l’Italia forma medici altamente qualificati, che poi vengono attratti dalle offerte provenienti da fuori. Abbiamo ascoltato la testimonianza di un giovane “expat” di Torino, il dottor Lorenzo Treglia, specializzando in otorinolaringologia all’ospedale di Alicante in Spagna. Com’è nata l’idea di trasferirsi all’estero? Quali sono le principali differenze notate rispetto al contesto lavorativo in Italia?
Fare un biglietto aereo di sola andata può essere una scelta sofferta, non per forza maturata per ragioni di natura economica. Nel racconto di Lorenzo Treglia sono emerse priorità legate alla qualità del lavoro svolto, dell’ambiente lavorativo, ma anche dell’equilibrio tra vita passata in ospedale e vita privata. È sempre più frequente il bisogno delle giovani generazioni di bilanciare in modo sano e soddisfacente il tempo e le energie dedicati al lavoro con quelli destinati alla vita personale, quindi famiglia, amici, hobby, riposo, benessere e così via. Alla luce di queste considerazioni, quali sarebbero i provvedimenti che la classe dirigente del Paese dovrebbe compiere per fermare l’emorragia di giovani, nello specifico di giovani medici?
🎙 Sfaticati – La risposta dei giovani, a cura di Pierluigi Lantieri