Il 2025 tra paure e finta sicurezza: il bilancio di Ivano Maiorella


 

[Intro: Questa è la voce di un attivista a Milano dove davanti al Duomo si continua a manifestare per Gaza e per i palestinesi che oggi sono travolti dalle tempeste, dal freddo e dal fango nelle tendopoli dove sono rifugiati i profughi. Questa è Ad Alta Velocità oggi 19 dicembre 2025: nello stesso giorno del 2005 viene inaugurata la ferrovia Roma-Napoli ad alta velocità. Ben trovati da Giuseppe Manzo].

Oggi torna l’appuntamento settimanale con il direttore Ivano Maiorella che chiude questo 2025 di Ad Alta Velocità. Questa volta si traccia un bilancio dell’anno che va a volgere al termine e dove la parola comune è “paura”.

Good Bye 2025, anno di guerre, di paure. Violenza sui social dove è difficile sottrarsi a video e reel sul: si salvi chi può, dove si legittima l’ossessione di una difesa fai da te. La cultura della violenza fa spettacolo e aumenta i click, tutti contro tutti, carnefici e vittime. Il grande assente è lo stato. La corsa al riarmo si basa sulla paura, è uno tsunami che coinvolge tutti, individui singoli e nazioni. Chiunque ha un torto subito da esibire, un rancore, una vendetta. Nel rapporto tra cittadini e governanti si fa strada una logica distorta che arriva a considerare “una colpa il fatto che non ci si prepari abbastanza alla guerra, a reagire agli attacchi, a rispondere alle violenze”. Lo denuncia Papa Leone XIV nel suo Messaggio per la Giornata della Pace (1 gennaio 2026 – “La pace sia con tutti voi: Verso una pace ‘disarmata e disarmante'”).

Un altro tema è il trumpismo come vera e propria ideologia politica che dilaga come metodo e prassi superando i dettami delle democrazie liberali.

La spirale asfissia qualsiasi ragionamento possibile. La guerra è giustizia sommaria. I ripetuti appelli a incrementare le spese militari e le scelte che ne conseguono sono giustificati da molti governanti con la pericolosità altrui. Il diritto internazionale viene oltraggiato dagli interessi in gioco, dall’individualismo sfrenato e aggressivo. Trumpismo è diventato sinonimo di strategia della tensione, permanente, in nome della sicurezza degli stati degli individui. Se cresce il nazionalismo crolla l’idea di nazione, di stato, di patria. Se cresce il populismo arretrano i popoli, la loro possibilità di decidere, in quanto cittadini che partecipano e si sentono parte di una comunità

Infine la questione della sicurezza che deve trovare il suo equilibrio con la democrazia al di là della propaganda politica.

Questa idea di sicurezza è compatibile con la democrazia? Che significa abbandonare i valori dell’uguaglianza per imboccare la strada del suprematismo occidentale, bianco e maschile/maschilista? Il rischio è quello di un arretramento di civiltà che l’Europa e il mondo non possono permettersi. Trump e i suoi, come Elon Musk, ripetono che l’Europa andrebbe abolita e che le nazioni dovrebbero riappropriarsi della loro sovranità. Siamo in una fase più evoluta della strategia della tensione, a livello internazionale da controbattere con attivismo civico e fatti. La tensione è quella della violenza e della continua minaccia. Le superpotenze non fanno prigionieri, gli Usa chiedono mano libera in America Latina e la Russia in Europa. Se c’è chi teme un’Europa unita da valori non soltanto economici forse significa che è proprio da lì che bisogna ricominciare. Pace, democrazia, giustizia sociale, libertà, coesione sociale: benvenuto 2026. Gli strumenti della comunicazione sociale chiedono un’altra narrazione, non sono a caccia di like, solo di raccontare un’umanità in marcia, fatta di attivismo civico e di impegno sociale.

Ascolta Ad Alta Velocità, rubrica quotidiana a cura di Giuseppe Manzo – giornale radio sociale