Restare sommersi – Per rimuovere le macerie presenti a Gaza servirebbero almeno sette anni, senza considerare il rischio di imbattersi in ordigni inesplosi. Lo dicono i dati del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo secondo cui, nel corso del 2025, sono stati portati via circa 225.000 tonnellate di detriti.
Una quantità equivalente a circa 8.400 camion colmi di macerie è stata rimossa nel corso del 2025 nella Striscia di Gaza. Si tratta di 225.000 tonnellate di detriti movimentati e raccolti che sembrano, però, briciole se paragonate ai 57,5 milioni accumulati e che oggi si stima ingombrino strade, quartieri e in generale il territorio dell’enclave.
Sono i dati aggiornati sulle operazioni di smaltimento di quanto è stato raso al suolo o gravemente danneggiato in due anni di guerra, contenuti nell’ultimo Debris Management Situation Report diffuso il 19 dicembre dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (Undp). Per il ministero della Salute e la Protezione Civile di Gaza sarebbero circa 10.000 le persone ancora sepolte là sotto. Alcune valutazioni preliminari che risalgono al settembre 2024 ipotizzavano fino a vent’anni di lavoro per rimuovere le macerie. I team tecnici di Undp sul campo hanno invece stimato, il mese scorso, che «la maggior parte dei detriti potrebbe essere rimossa entro sette anni, ma solo alle giuste condizioni. Ciò richiede accesso senza ostacoli ad aree prioritarie, permessi per macchinari pesanti e attrezzature specializzate, un ingresso costante di carburante e, soprattutto, un ambiente operativo stabile».
Per il report di Undp, sono quasi un’ottantina i macchinari pesanti all’opera, tra cui trenta ruspe, cinque gru, poi escavatori, frantumatrici, compattatori e camion. Al momento si è riusciti a sgombrare tre moschee, nove scuole, alcuni pozzi d’acqua, depositi e il complesso medico di Al Shifa. Novantuno chilometri di strade che erano ostruiti sono tornati ora percorribili. L’impegno nella gestione dei detriti prevede anche che questi poi vengano reimpiegati. Sono poco più di 43.900 le tonnellate di macerie riutilizzate e consegnate a partner come World Central Kitchen, Unicef, Programma Alimentare Mondiale, Comitato internazionale della Croce Rossa e altri, ma anche alle comunità di quartiere per venire impiegate, ad esempio, nel ripristino della pavimentazione stradale, nelle basi dei rifugi e per costruire barriere per la gestione dell’acqua piovana.
Maltempo a Gaza, nuove alluvioni: ong chiedono più aiuti a Israele
Piove sul bagnato – Il forte maltempo continua a colpire la Striscia di Gaza: nelle scorse ore le alluvioni hanno allagato il campo profughi di Khan Younis. Le organizzazioni umanitarie chiedono ancora a Israele l’ingresso nel territorio di ulteriori aiuti.
Gaza, Ong a rischio: nuove regole Israele minacciano la presenza umanitaria
Pericolo concreto – Le nuove misure introdotte da Israele sulla registrazione delle Ong mette a rischio la presenza delle organizzazioni nella Striscia di Gaza dal primo gennaio. “La risposta umanitaria, già limitata, non può essere ulteriormente ridotta” ha detto Emergency, che nella Striscia supporta attualmente sei ospedali pubblici e gestisce due ospedali da campo.
Guerra in Sudan, appello delle ONG italiane: dal 2023 150mila morti
Fermate il massacro – Le organizzazioni italiane lanciano un appello per la crisi umanitaria in Sudan. Il servizio è di Fabio Piccolino.
Dall’aprile del 2023 la guerra in Sudan ha causato almeno 150.000 morti e 12 milioni di persone sfollate: le Nazioni Unite l’hanno definita “la peggiore crisi umanitaria del mondo”. Alcune organizzazioni italiane, tra cui AOI, Caritas, Arci e Acli, hanno chiesto al Governo italiano di intervenire con misure concrete, come la sospensione delle esportazioni militari e l’attivazione di canali diplomatici per aprire corridoi umanitari.
Le organizzazioni inoltre chiedono alla stampa di dare visibilità a questa crisi.
Spagna, in arrivo una rete di rifugi climatici contro il caldo estremo
Correre ai ripari – Entro la prossima estate il governo spagnolo creerà una rete di rifugi climatici all’interno di edifici pubblici per proteggere le persone dai rischi delle alte temperature. I nuovi spazi, destinati alle persone più fragili, si aggiungeranno a quelli già esistenti in diverse città iberiche.
Il 2025 tra paure e finta sicurezza: il bilancio di Ivano Maiorella
Aborto sicuro, sì del Parlamento UE all’iniziativa dei cittadini
My voice, my choice – Il Parlamento Europeo ha approvato la risoluzione per l’aborto sicuro e accessibile presentata su iniziativa dei cittadini europei, raccogliendo oltre un milione di firme. Entro marzo 2026 la Commissione europea dovrà decidere se trasformare il mandato politico in un’iniziativa concreta.
My Voice, My Choice è un movimento di amiche, attivisti e attiviste e organizzazioni che hanno unito le forze per rendere l’Europa un posto migliore per tutte le persone, per un’Europa che protegga l’uguaglianza e chieda giustizia e rispetto per i diritti fondamentali, tra cui quelli legati alla riproduzione.
Il Gridas di Scampia a rischio dopo la sentenza: appello per salvare lo spazio sociale
Gaza senza tregua: piogge e gelo aggravano la crisi, l’appello di ActionAid
Senza pace – Le forti piogge e il freddo gelido continuano a colpire duramente la Striscia di Gaza, aggravando le difficoltà degli sfollati. Actionaid ha lanciato un appello per aprire con urgenza i valichi di frontiera e aumentare l’ingresso degli aiuti.
“La sofferenza a Gaza è incessante. Le bombe forse sono diminuite, ma il dolore no. Ha semplicemente cambiato forma. Ora la sofferenza cade dal cielo sotto forma di pioggia gelida. Le inondazioni travolgono le tende. Le tempeste colpiscono famiglie che non hanno più nulla da perdere. Gaza è diventata un inferno dove ogni mese porta un nuovo modo di lottare o morire”. Alaa AbuSamra, è il responsabile del Programma di risposta all’emergenza di ActionAid in Palestina, e da Gaza racconta la vita dei gazawi da giorni sotto tempeste, piogge intense e inondazioni. “Sono un genitore. Ho dei figli. E come ogni madre e padre sfollato in Palestina, temo che il freddo riuscirà dove le bombe hanno fallito – racconta -. Sono stato nei campi allagati e ho visto famiglie scavare canali a mani nude per impedire all’acqua di raggiungere i loro bambini durante la notte. Ho visto madri e figli costretti a rimanere svegli tutta la notte, in piedi nell’acqua gelida che invade le tende, senza elettricità, senza riscaldamento, e senza più la forza di fare altro. Ho ascoltato genitori raccontare di aver avvolto i loro bambini in teli di plastica perché non ci sono più coperte. Questa non è sopravvivenza con dignità. Qui si costringono persone a sopportare l’insopportabile. Questo deve finire”. Da qui l’appello: “Un cessate il fuoco non è reale se continuano i bombardamenti e gli aiuti vengono bloccati, lasciando le persone a morire di freddo. Diversi bambini sono morti lo scorso inverno, e diversi sono già morti anche quest’anno. Le famiglie hanno bisogno di ripari adeguati per sopravvivere all’inverno, e farlo con dignità. I termini del cessate il fuoco devono essere rispettati: ciò significa permettere l’ingresso di materiali per i rifugi, interrompere la dipendenza da beni commerciali costosi e consentire alle organizzazioni umanitarie di distribuire aiuti su larga scala. Oggi, a causa dei blocchi, un singolo riparo costa più di 1.000 dollari sul mercato. È un prezzo impossibile in un luogo in cui le persone hanno perso tutto. Questa non è una carenza – conclude AbuSamra – è una scelta. E queste scelte stanno costando vite umane”.




