Fermate il massacro – Le organizzazioni italiane lanciano un appello per la crisi umanitaria in Sudan. Il servizio è di Fabio Piccolino.
Dall’aprile del 2023 la guerra in Sudan ha causato almeno 150.000 morti e 12 milioni di persone sfollate: le Nazioni Unite l’hanno definita “la peggiore crisi umanitaria del mondo”. Alcune organizzazioni italiane, tra cui AOI, Caritas, Arci e Acli, hanno chiesto al Governo italiano di intervenire con misure concrete, come la sospensione delle esportazioni militari e l’attivazione di canali diplomatici per aprire corridoi umanitari.
Le organizzazioni inoltre chiedono alla stampa di dare visibilità a questa crisi.
Spagna, in arrivo una rete di rifugi climatici contro il caldo estremo
Correre ai ripari – Entro la prossima estate il governo spagnolo creerà una rete di rifugi climatici all’interno di edifici pubblici per proteggere le persone dai rischi delle alte temperature. I nuovi spazi, destinati alle persone più fragili, si aggiungeranno a quelli già esistenti in diverse città iberiche.
Il 2025 tra paure e finta sicurezza: il bilancio di Ivano Maiorella
Aborto sicuro, sì del Parlamento UE all’iniziativa dei cittadini
My voice, my choice – Il Parlamento Europeo ha approvato la risoluzione per l’aborto sicuro e accessibile presentata su iniziativa dei cittadini europei, raccogliendo oltre un milione di firme. Entro marzo 2026 la Commissione europea dovrà decidere se trasformare il mandato politico in un’iniziativa concreta.
My Voice, My Choice è un movimento di amiche, attivisti e attiviste e organizzazioni che hanno unito le forze per rendere l’Europa un posto migliore per tutte le persone, per un’Europa che protegga l’uguaglianza e chieda giustizia e rispetto per i diritti fondamentali, tra cui quelli legati alla riproduzione.
Il Gridas di Scampia a rischio dopo la sentenza: appello per salvare lo spazio sociale
Gaza senza tregua: piogge e gelo aggravano la crisi, l’appello di ActionAid
Senza pace – Le forti piogge e il freddo gelido continuano a colpire duramente la Striscia di Gaza, aggravando le difficoltà degli sfollati. Actionaid ha lanciato un appello per aprire con urgenza i valichi di frontiera e aumentare l’ingresso degli aiuti.
“La sofferenza a Gaza è incessante. Le bombe forse sono diminuite, ma il dolore no. Ha semplicemente cambiato forma. Ora la sofferenza cade dal cielo sotto forma di pioggia gelida. Le inondazioni travolgono le tende. Le tempeste colpiscono famiglie che non hanno più nulla da perdere. Gaza è diventata un inferno dove ogni mese porta un nuovo modo di lottare o morire”. Alaa AbuSamra, è il responsabile del Programma di risposta all’emergenza di ActionAid in Palestina, e da Gaza racconta la vita dei gazawi da giorni sotto tempeste, piogge intense e inondazioni. “Sono un genitore. Ho dei figli. E come ogni madre e padre sfollato in Palestina, temo che il freddo riuscirà dove le bombe hanno fallito – racconta -. Sono stato nei campi allagati e ho visto famiglie scavare canali a mani nude per impedire all’acqua di raggiungere i loro bambini durante la notte. Ho visto madri e figli costretti a rimanere svegli tutta la notte, in piedi nell’acqua gelida che invade le tende, senza elettricità, senza riscaldamento, e senza più la forza di fare altro. Ho ascoltato genitori raccontare di aver avvolto i loro bambini in teli di plastica perché non ci sono più coperte. Questa non è sopravvivenza con dignità. Qui si costringono persone a sopportare l’insopportabile. Questo deve finire”. Da qui l’appello: “Un cessate il fuoco non è reale se continuano i bombardamenti e gli aiuti vengono bloccati, lasciando le persone a morire di freddo. Diversi bambini sono morti lo scorso inverno, e diversi sono già morti anche quest’anno. Le famiglie hanno bisogno di ripari adeguati per sopravvivere all’inverno, e farlo con dignità. I termini del cessate il fuoco devono essere rispettati: ciò significa permettere l’ingresso di materiali per i rifugi, interrompere la dipendenza da beni commerciali costosi e consentire alle organizzazioni umanitarie di distribuire aiuti su larga scala. Oggi, a causa dei blocchi, un singolo riparo costa più di 1.000 dollari sul mercato. È un prezzo impossibile in un luogo in cui le persone hanno perso tutto. Questa non è una carenza – conclude AbuSamra – è una scelta. E queste scelte stanno costando vite umane”.
In tandem contro le barriere: il Viaggio oltre il buio di Alessandro sulla Route66
Libano, cessate il fuoco fragile: 4 milioni hanno bisogno di aiuti
Occhi sul Libano – Nonostante il cessate il fuoco in corso, nel Paese l’insicurezza è alta a causa delle violazioni persistenti e degli attacchi aerei israeliani quasi quotidiani, soprattutto nel Sud. Lo dice Intersos che spiega come 4 milioni di persone hanno bisogno di assistenza.
“Da alcune settimane sono ripresi gli ordini di evacuazione in Libano da parte di Israele, nelle aree più soggette ai loro attacchi, soprattutto nel Sud”. Inizia così il suo racconto dal campo Vincenzo Paladino, operatore umanitario di INTERSOS nel Paese, testimone diretto di quanto sta accadendo su tutto il territorio. “Anche parte del nostro staff è sfollato, arrivano ordini di evacuazione immediata ai quali seguono attacchi mirati che distruggono case e villaggi. Questo è un modus operandi dell’esercito israeliano”, dice Paladino.
Tra gli attacchi più pesanti, in termini di perdite umane, va ricordato quello avvenuto lo scorso 18 novembre nel campo palestinese di Ein El Hilwe, il più letale compiuto da Israele sul territorio libanese dalla tregua siglata nel novembre 2024 con il gruppo Hezbollah. Un missile sganciato tra le case del campo, non lontano dalla città di Sidone, ha ucciso decine di palestinesi, in gran parte adolescenti.
Questo è lo scenario che si presenta in Libano da più di due anni, dall’inizio degli attacchi israeliani contro Gaza che poi sono estesi nella regione: sono stati coinvolti il Libano, la Siria, lo Yemen, l’Iraq e l’Iran. Dopo Gaza, è sicuramente in Libano che si sono manifestate le più gravi conseguenze di questa guerra per la popolazione civile, costretta a lasciare le proprie case in gran parte dei villaggi del sud e di altre aree del Paese, per via degli attacchi israeliani compiuti con l’intento di colpire le forze armate di Hezbollah.
Crediti foto: Save the Children
Adolescenti e benessere emotivo: a Bollate un progetto introduce la “figura cerniera”
Gaza sotto l’acqua: la tempesta Byron aggrava la crisi degli sfollati
Piove sul bagnato – La tempesta Byron ha colpito anche Gaza, mettendo a rischio circa 800 mila sfollati interni. Le forti piogge hanno allagato centinaia di insediamenti temporanei e le persone cercano rifugio negli edifici pericolanti, colpiti dai bombardamenti.
Secondo l’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, nonostante il cessate il fuoco, i palestinesi che hanno dovuto abbandonare le proprie case continuano a vivere in zone sovraffollate con poca protezione contro l’innalzamento del livello dell’acqua. In poco più di 48 ore due neonati e un bambino di nove anni sono morti assiderati nelle tende che non forniscono adeguato riparo dall’acqua e dal fango. Il bilancio sale così ad almeno 16 morti. Le Nazioni Unite stanno cercando di trasferire parte della popolazione dalla costa, più esposta al maltempo, verso l’interno, dove maggiore è il riparo, sebbene secondo dati Onu, oltre l’80% degli edifici della Striscia è stato abbattuto o danneggiato e le autorità sconsigliano di cercare rifugio tra le strutture pericolanti e a rischio crollo.




