Il caso Malika e un dibattito serio sulle donazioni


 

Il caso Malika ha aperto un dibattito sulla questione delle raccolte fondi. Da una parte si sono create le solite fratture all’italiana tra guelfi e ghibellini pro o contro la ragazza che è balzata agli onori della cronaca dopo aver dichiarato di essere stata cacciata di casa per una discriminazione di genere: ha raccolto 140mila euro perché senza casa né lavoro ma sui social ha postato foto in mercedes acquistata da qui soldi.

Tra polemiche, moralismi e anche molti dubbi sul ruolo di una certa informazione web e televisiva e la sua capacità di verifica o spettacolarizzazione Vita.it ha aperto un confronto che centra la vera questione: il ruolo delle donazioni oggi tra le piattaforme e le organizzazioni non profit. “Fatto salvo che i donatori dovrebbero chiedersi perché e a chi donano – ha detto Paolo Venturi, direttore di Aiccon – al netto di questo dalla riforma del Terzo settore sono previste delle linee guida sulle donazioni che non sono state emenate. Quindi una cornice di soft law che aiuterebbe a dare una forma normativa leggera dell’ambito. Per finire serve che le piattaforme si assumano anche una resposnabilità nel controllo e nella garanzia delle raccolte che ospitano”.

Secondo Valerio Melandri, direttore del Master in Fundraising per gli Enti Pubblici e il Nonprofit, serve “l’educazione al dono delle persone, serve una forte opera culturale”. Sulla stessa lunghezza d’onda Gabriele Sepio, giurista esperto di economia, fisco e Terzo Settore: “l’emotività legata alle raccolte che scaturiscono da fatti di cronaca a volte non favorisce questa selezione con lucidità, eppure la possibilità di scegliere in modo affidabile e trasparente oggi può trovare alcune risposte proprio nella riforma del Terzo settore”.

Giuseppe Manzo giornale radio sociale