Regolarizzare i braccianti e non solo: ripristinare quella norma abrogata dalla Bossi-Fini


 

È scontro sulla regolarizzazione dei migranti che lavorano in agricoltura. Migliaia di braccianti che devono emergere dal lavoro nero e irregolare contro cui si oppongono pezzi di maggioranza e l’opposizione leghista.

Secondo la ministra Bellanova che minaccia le dimissioni se “non sarà applicato contratto temporaneo per sei mesi, rinnovabile. Per dare una risposta attesa soprattutto dal mondo agricolo, altrimenti qualcuno si dovrà assumere la responsabilità di far marcire i prodotti nei campi”.

Sulla stessa volontà di regolarizzazione ma partendo da un punto di vista diverso c’è la proposta dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi)che ha raccolto centinaia di adesione tra cui Don Ciotti, Saviano, Zagrebelsky e Gad Lerner.

La proposta, se approvata, supera la regolarizzazione limitata a determinati settori produttivi, come indicato dalla bozza governativa, e la amplia per tutti coloro che vivono in Italia sia  in condizione di irregolarità ma anche di precarietà giuridica, come i richiedenti asilo, dando il diritto al singolo cittadino straniero di presentare la richiesta di emersione.

Si vuole così “svincolare la regolarizzazione dal contratto di lavoro, consapevoli del grave fenomeno del “traffico” dei contratti che ha contraddistinto tutte le precedenti regolarizzazioni” afferma l’avvocata Nazzarena Zorzella (ASGI) “Non è la sola ipotesi prevista, in quanto è senz’altro delineata anche la possibilità di far emergere il lavoro in nero, ma si è ritenuto importante indicare l’ulteriore ipotesi, alternativa, che permetta il rilascio di un permesso per “ricerca occupazione”, previsto dall’originario Testo Unico immigrazione, 286/98, ma abrogato nel 2002 dalla legge Bossi-Fini, nonostante fosse l’unico meccanismo che non costringeva al farraginoso meccanismo del decreto flussi ed evitando pertanto il crearsi di ampie sacche di irregolarità.

Giuseppe Manzo giornale radio sociale