SanPa, i drogati e decostruire il modello della colpa


 

La serie SanPa su Netflix ha scatenato dibattiti sulle droghe a distanza di 30 anni. La figura di Muccioli ha diviso il Paese in due curve da stadio.

Però ci sono anche analisi che inquadrano nel contesto culturale e con i numeri qegli anni ’80: circa 250mila tossicodipendenti, di cui un 50-60% sieropositivi e malati di Aids, e da circa 1500-2.000 morti l’anno per overdose.

Non c’era solo San Patrignano, come racconta a Redattore Sociale Riccardo De Facci presidente del Coordinazionamento nazionale comunità di accoglienza ma 300 realtà: dal Gruppo Abele di Don Ciotti alla Comunità di San Benedetto al Porto di Don Gallo.

De Facci ricorda come la politica avesse bisogno di risposte e Muccioli rappresentava la risposta immediata. Tutto viene azzerato per esaltare una visione che vede il consumatore di droghe come una persona colpevole verso sé stessa e la società: impostato così il discorso sulla “droga”, il passaggio conseguente non poteva che essere la sanzione penale, come avvenne con la legge Jervolino-Vassalli del 1990 e il carcere per il tossicodipendente.

Oggi con 150 nuove sostanze psicoattive immesse nel mercato soprattutto via dark web ogni anno negli ultimi cinque anni siamo in un’altra epoca: decostruire il modello dominante – colpevolizzante e repressivo – dovrebbe portare a un nuovo e assai più ampio investimento sociale e politico sulla questione sostanze psicoattive, in cui comprendere anche l’alcool.

Giuseppe Manzo giornale radio sociale