Calcio e inclusione: i successi della Rinascita Refugees, la squadra composta da rifugiati e richiedenti asilo


Un pallone per rinascere

Rinascita Refugees, squadra di calcio salentina composta da rifugiati e richiedenti asilo, è arrivata dalla terza categoria alla promozione in tre anni. La formazione è nata per abbattere le barriere e favorire processi di socializzazione.

In tre anni hanno scalato posizioni su posizioni. Hanno vinto un campionato di calcio dietro l’altro. L’ultimo trionfo solo pochi giorni fa, con la vittoria dei play off contro la formazione del Cursi per 3 a 1 che gli è valsa la promozione dal campionato di prima categoria pugliese a quello di promozione. Un balzo inaspettato, fatto di vittorie su campi polverosi, sacrifici, sogni e storie. Come quelle dei calciatori che in tutti questi anni hanno indossato i colori della maglia della Rinascita Refugees di Carmiano, la squadra di calcio composta da rifugiati e richiedenti asilo ospiti dei progetti Sai – Sistema di Accoglienza ed Integrazione – gestiti dalla cooperativa Rinascita nel Salento. Arrivano da Gambia, Mali, Costa d’Avorio, Egitto, Marocco, Senegal, Camerun. «Idiomi, religioni, etnie differenti provenienti dai Paesi dell’Africa che in alcuni casi non vanno molto d’accordo ed anche questa ha rappresentato un’importante forma di socialità» spiega Vincenzo Nobile, direttore sportivo della formazione con sede legale a Copertino.

Il calcio, quindi, come tentativo di risposta al viaggio migratorio di tanti giovani che lasciano i loro Paesi d’origine e le loro famiglie per cercare un futuro lontano da guerre, violenze, persecuzioni. Un futuro che attraverso il lavoro riesca anche a sostenere i familiari, che in molti casi sono rimasti nella loro terra. E’ il caso di Moustapha Elhadji Cissé, notato mentre giocava con Rinascita Refugees dagli scout dell’Atalanta che lo hanno portato nella loro squadra della primavera. Un lungo cammino, quello di Cissé, che dal Gambia è arrivato in Italia per poi essere accolto nel progetto Sai e farsi notare già all’età di 16 anni per il suo talento calcistico. All’esordio in Serie A, avvenuto a marzo dello scorso anno, Cissé è anche andato in goal, coronando un sogno simile a quello di tanti giovani calciatori migranti che proprio nella formazione salentina si stanno facendo apprezzare. Talenti ancora grezzi, da potenziare, anche perché nei loro Paesi mancano scuole calcio come quelle presenti in Italia.

L’idea di dare vita ad una formazione composta da rifugiati e richiedenti asilo è nata «perché abbiamo pensato di offrire attraverso lo sport ed il calcio un percorso di inclusione sociale ai migranti accolti nei progetti» dice Nobile. «Siamo partiti con una squadra amatoriale che ha partecipato al campionato dell’Acsi, vincendo titolo nazionale e coppa Italia. Molti nostri giocatori si sono distinti durante quell’anno e così abbiamo deciso di fare un salto di qualità e di iscriverci nel campionato nazionale dilettanti partendo dalla terza categoria, dall’ultimo gradino».

Probabilmente, neanche loro si aspettavano un simile successo in così poco tempo. Perché la formazione allenata da Hassane Niang Baye, arrivato dal Senegal ed oggi mediatore culturale, «anno dopo anno ha inanellato tre promozioni nelle categorie superiori. E quest’anno, dopo aver vinto i play off, andiamo a giocare in promozione».

Il calcio, quindi, che diventa occasione di incontro, confronto, condivisione tra la formazione di rifugiati e le varie comunità in cui entrano in campo per giocare. «Vogliamo abbattere le barriere, far socializzare, far incontrare storie, promuovere i diritti e l’attenzione su queste tematiche, raccontare il mondo dell’immigrazione attraverso il calcio, contrastare le varie forme di razzismo che a volte capita di incontrare, perché è una questione ancora presente in alcuni territori» evidenzia Nobile.