Cambiare rotta – Anmil chiede al Governo di adeguare le retribuzioni italiane agli standard del salario minimo proposte dalla direttiva dell’Unione Europea. Secondo il presidente Antonio Di Bella una retribuzione dignitosa è la base necessaria alla costruzione di una reale tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.
“Dei 30 articoli contenuti nella Dichiarazione del ’48, nessuno trova piena realizzazione nella realtà internazionale. E per quanto riguarda il diritto a un lavoro dignitoso, posso affermare che i pilastri costruiti tra i due secoli, invece di consolidarsi grazie all’evoluzione sociale e tecnologica, stanno cedendo proprio dalle fondamenta.”
L’Italia continua infatti a registrare un incremento di infortuni e decessi sul lavoro – inclusi quelli in itinere e quelli occorsi agli studenti durante la formazione – oltre a un aumento delle malattie professionali. Secondo gli ultimi open data INAIL, da gennaio a settembre 2025 sono stati denunciati 435.883 infortuni rispetto ai 433.002 dello stesso periodo del 2024 (+0,7%), 784 morti rispetto ai 776 dell’anno precedente (+1,0%) e 71.682 malattie professionali contro le 65.333 del 2024 (+9,7%).
“Di fronte ai drammatici numeri riguardanti il fenomeno infortunistico che investe e stravolge quotidianamente le vite dei nostri lavoratori e delle loro famiglie, oggetto anch’esse di tutela da parte dello Stato disciplinata dall’articolo 16 della stessa Dichiarazione, non possiamo che tradurre la ricorrenza odierna in giornata di lotta e mobilitazione, ben lontana da qualsiasi tipo di celebrazione”, continua il Presidente ANMIL. “È importante ricordare che lo scorso 11 novembre la Corte di Giustizia Europea ha confermato la validità della direttiva UE sull’introduzione di un salario minimo adeguato in tutti i 27 Stati membri. Direttiva che il nostro Governo tarda a recepire”, sottolinea il Presidente.
“In questa giornata dedicata ai diritti umani, e in particolare al diritto al lavoro che è al centro dell’azione della nostra Associazione, chiediamo al Governo di adeguare le retribuzioni italiane agli standard della citata direttiva, date le carenze evidenti nei risultati della contrattazione collettiva, ribadendo con forza quanto un salario dignitoso e capace di provvedere al giusto sostentamento di singoli lavoratori e nuclei familiari sia la base necessaria alla costruzione di una reale tutela della salute e sicurezza di lavoratori e le lavoratrici, messi nella condizione di scegliere di non sottostare a condizioni rischiose ed imposizioni e contratti irregolari ed umilianti per il terrore di perdere il posto di lavoro”.





