 La Sea Watch resta ostaggio della politica, sulla pelle di 47 persone. Il servizio di Fabio Piccolino. (sonoro)
La Sea Watch resta ostaggio della politica, sulla pelle di 47 persone. Il servizio di Fabio Piccolino. (sonoro)
“Salvare in mare non è un crimine, tenere in ostaggio le persone sì”: è il messaggio lanciato dalla ong Sea Watch, in merito al divieto di sbarco che nega a 47 persone di abbandonare la nave a causa della chiusura dei porti da parte del governo italiano. E mentre in tutta Italia si moltiplicano le manifestazioni di solidarietà, venti associazioni tra cui Legambiente, Arci, Intersos, Action Aid, Medici Senza Frontiere, Oxfam e Save the Children, chiedono all’Italia e all’Europa di assumersi le proprie responsabilità nell’affrontare e prevenire ulteriori tragedie in mare. “La salvezza e la tutela delle vite umane – scrivono – devono avere la precedenza assoluta: queste persone, soprattutto le più vulnerabili come donne e bambini, non devono subire ulteriori sofferenze e deve essere loro garantita l’assistenza umanitaria di cui hanno diritto e le cure di cui hanno bisogno”.




