L’Italia immobile di Sanremo

salamoia2All’inizio di questa edizione di Sanremo, Virginia Raffaele, nei panni ben riusciti di Sabrina Ferilli, ha scherzato su quanto il Festival sia uguale a quello del 1996 in cui la showgirl romana ha partecipato come valletta.
Vent’anni fa c’erano Elio e le storie tese ed Enrico Ruggeri, quest’anno pure”.
E’ una battuta che mi ha fatto riflettere: cos’è cambiato su quel palco negli ultimi vent’anni?

 

Non la qualità degli artisti in gara, con un numero variabile di eccezioni in ogni edizione.  In ogni caso, vent’anni fa non c’erano i talent show, a quanto pare il più grosso serbatoio di facce nuove. Quest’anno ne contiamo addirittura 8 su 20 (9 se consideriamo il nuovo cantante dei Dear Jack).
Cosa rimane e cosa vola via col tempo: in quest’epoca di consumismo musicale, è divertente l’esperimento dei bravissimi Oblivion che in medley a cappella ci fanno ascoltare tutti i brani vincitori in appena cinque minuti.
Vent’anni fa c’erano anche Aldo Giovanni e Giacomo (25 per l’esattezza) anche se mai prima d’oggi sul palco dell’Ariston, come ci tiene a sottolineare il conduttore Carlo Conti. Ma il pezzo che propongono (“Pnor figlio di Kmer”) è così vetusto che più che risate fa scaturire ricordi e sbadigli.
Lo sguardo al passato continua con Laura Pausini, ieri in gara e oggi superospite, che duetta con l’impacciata sé stessa del 1993.
Anche vent’anni fa si diede il timone a un conduttore “affidabile”: ma più del Pippo Baudo di ieri, il Carlo Conti di oggi è così scialbo da risultare superfluo. Equilibrato fino all’estremo, non incide, non fa domande interessanti agli ospiti, e riempie il teatro e le televisioni degli italiani di tanta, sempre affidabile, banalità.

 

Guardare al passato  senza affrontare il futuro. Il festival capita quest’anno in contemporanea all’acceso dibattito sulla legge Cirinnà. Sul palco, più di un artista espone i colori arcobaleno, a sostegno di una sacrosanta battaglia di civiltà. Forse sono più di venti, gli anni di ritardo del nostro paese sul tema delle unioni tra persone dello stesso sesso, ed è triste pensare che i diritti non siano assodati ma ancora motivo di dibattito e divisione.
Fuori dalla fascia protetta (guai a mostrarlo in prima serata), sale sul palco Elton John, scelta pluricriticata nelle settimane precedenti (o polemica montata ad arte) perché l’artista inglese è gay, sposato  e padre  grazie all’utero in affitto.
Nessuno scossone: Elton John si limita a cantare, e il conduttore si guarda bene dal concedere all’artista inglese il minimo spazio di discussione.

 

Subito dopo l’uscita di scena, Marta Zoboli e Gianluca De Angelis danno vita allo sketch dei coniugi Salamoia, e lo fanno vestiti da sposi. Sposi tradizionali, ovviamente.
Sono passati vent’anni ma sì, l’Italia è sempre la stessa.