Baby boss


Il rapporto “Under”, realizzato dall’Associazione Antimafie daSud, analizza con dati e storie il contesto calabrese in cui i giovani diventano criminali. Il servizio di Anna Ventrella.

Giovani, spesso minori, uccisi e gambizzati. Un esercito cresciuto all’ombra dei clan e dei “cattivi maestri” pronto a morire o a uccidere, per soldi o per il solo fascino del potere che si trasforma in consenso sociale. Sono loro – con le tante storie di chi è cresciuto troppo in fretta, tra il degrado sociale e l’indifferenza,   –  i protagonisti del  rapporto “Under”,  realizzato dall’Associazione Antimafie daSud. Un reportage lungo dodici mesi che ha attraversato paesi del Sud Italia e del Lazio per capire cosa spinge questi ragazzi a diventare  membri di un’organizzazione mafiosa. I dati sono allarmanti se si pensa che a fare da apri pista nel malaffare è la droga, un tema  enorme, il cui impatto sociale è devastante e sottovalutato.  Ma non solo droga. I baby criminali sono coinvolti anche in riscossione di tangenti e intimidazioni, detenzione di armi, gambizzazioni e delitti su commissione, furti,  lesioni personali volontarie,  rapine. Ma la crescente povertà e l’abbondono precoce della scuola, sono due dei fattori che purtroppo portano più velocemente i ragazzi sulla strada della criminalità