La sala di un pronto soccorso con file di letti. Poi l’inquadratura che si apre su un uomo riverso a terra nel bagno.
È deceduto, un corpo senza vita mostrato in primo piano da una persona che poi continua a girare il video. Siamo all’ospedale Cardarelli di Napoli, nell’area sospetti Covid e la sofferenza, la morte diventano virali sui social.
Ciò che emerge da questo video tremendo sono alcuni aspetti. La persona in modo disinvolto gira un video e poi lo pubblica commentando come se fosse al bar senza avere alcuna cognizione di quello che sta facendo. Potrebbe girare quel video nello stesso modo se stava allo stadio o in pizzeria, usando un tono ironico e in dialetto stretto per poi gettarlo in pasto ai social.
In questo video c’è tutta la brutalità del fenomeno che tutti pensano di saper comunicare scrivendo post, pubblicando foto e video solo perché hanno un telefonino. È il punto più basso di quella disintermediazione senza strumenti e senza talento che troppi danni ha fatto, a partire da quei giornali che hanno rilanciato e pubblicato questo video.
No, la comunicazione e il giornalismo non sono un telefonino tra le mani e una storia su instagram o una diretta facebook in mano a tutti. Bisogna tornare alla professionalità, alla competenza, alla mediazione di chi racconta e sa raccontare rispettando le persone.
Giuseppe Manzo giornale radio sociale