[Apertura: Questi sono i momenti in cui all’autoporto di Ventimiglia un camionista ha fatto scendere, a colpi di cinghia con il terminale in acciaio, una dozzina di migranti tutti di origine africana che erano saliti sul rimorchio del suo tir, probabilmente per tentare di espatriare in Francia. Questa è Ad Alta Velocità, oggi 17 luglio 2024, anno III della guerra, anno 5° dalla pandemia. Ben trovati da Giuseppe Manzo].
Oggi parliamo del caso di Mario Paciolla. Il cooperante Onu, fu trovato morto in circostanze ancora non chiarite il 15 luglio 2020 nel suo appartamento a San Vicente del Caguán, in Colombia. In missione per il monitoraggio del processo di pace con le Forze armate rivoluzionarie della Colombia, Mario era impegnato a garantire il rispetto dell’accordo tra queste ultime e il governo colombiano.
Prima di lavorare per le Nazioni Unite, Mario Paciolla aveva collaborato come agente di collegamento per la Peace Brigades International a Bogotá e in Italia, India, Argentina e Giordania per varie organizzazioni umanitarie, sia come giornalista che come analista politico.
A Napoli il Comitato Giustizia per Mario Paciolla – sostenuto da Amnesty e altre associazioni – è sceso in piazza a 4 anni dalla morte con genitori Anna e Pino che non accettano la richiesta di archiviazione del caso e, insieme al loro team legale, continueranno a ribadire un concetto semplice: il caso non può essere archiviato, Mario non è morto suicida. Il ragazzo aveva infatti prenotato un biglietto aereo e aveva dichiarato di voler rientrare in Italia. Questo, insieme ad altri elementi, rende per la famiglia e i legali impossibile accettare l’ipotesi del suicidio. Ascoltiamo Anna Motta, la mamma di Mario.
Ascolta Ad Alta Velocità, rubrica quotidiana a cura di Giuseppe Manzo – giornale radio sociale