Bombino, la via tuareg del rock

bombinoQuella di Bombino è una bella storia.
Il suo vero nome è Omara Moctar, è nato nel 1980, viene da Agadez, in Niger, ed è un tuareg della tribù Ifoghas.
A 10 anni, a causa della rivolta del suo popolo nel paese africano, è costretto a fuggire in Algeria, insieme al padre e alla nonna.
E’ lì che conosce lo strumento che gli cambierà la vita: Omara inizia a strimpellare una chitarra e si appassiona, fino a quando non incontra Haia Bebe, chitarrista tuareg che gli insegna i trucchi del mestiere.
Sarà proprio lui a dargli il nome d’arte con cui lo conosciamo:  Bombino infatti è una storpiatura dell’italiano bambino.
Il ragazzo cresce, e con lui la sua passione. Prima suona nella band di Haia Bebe, poi in Algeria e in Libia, dove conosce la musica di Jimi Hendrix e Mark Knopfler. E’ proprio grazie a questi artisti e all’incontro con altri musicisti che la sua formazione si amplia di elementi e mescolanze. Musica rock e cultura tuareg: per mantenersi Bombino fa il pastore fino a quando, nel 1997, riesce a tornare a casa sua, ad Agadez.
Da quel momento in poi è un crescendo di musica e popolarità. Omara non smette mai di suonare, forma diverse band e perfeziona la propria tecnica, fino a trovare uno stile che lo rende unico: quello che mescola il rock e il blues alla cultura millenaria dei popoli del deserto.
Affascinato dalle sonorità del musicista berbero, il regista Ron Wyman decide di raccontare la sua storia in un documentario sui tuareg.
La sua popolarità cresce con la registrazione dell’album “Agadez” del 2011, che incuriosisce Dan Auerbach dei Black Keys che decide di produrre “Nomad”, il nuovo album di Bombino. E’ così che il ragazzino appassionato diventa un musicista di fama mondiale, che suona in tutto il mondo e si fa conoscere anche nel nostro paese (lo scorso 23 agosto è stato tra i protagonisti della Notte della Taranta di Melpignano, in Salento)
Dotato di grande tecnica, la sua è una musica sanguigna che affascina e confonde. Un tocco inconfondibile e il cantato il lingua berbera, atmosfere arabeggianti e arrangiamenti robusti: l’ascolto di “Nomad” è un viaggio che vale la pena di compiere, perché la musica di Bombino unisce due mondi che si conoscono a malapena  e che non vengono in contatto quasi mai.