“Next Stop Soweto”, musica dall’apartheid

next_stop_soweto_4Negli anni terribili dell’apartheid sudafricano la scena musicale nera era in grande fermento nonostante le rigide leggi che governavano la vita pubblica del paese.
La Strut Records di Londra ha pensato di raccontarla attraverso una serie di compilation dal titolo emblematico “Next Stop Soweto”, di cui è appena uscito il quarto volume.
Dentro c’è la musica che non ti aspetti: sperimentazioni sonore che vanno a mescolare le  tradizioni zulu con il rock e la disco. La scoperta del Mbaqanga, genere peculiare del Sudafrica dagli anni ’60 in poi, un jazz che riscopre le radici rurali zulu e le trasforma in moderna world music.
Il Sudafrica dell’apartheid scoraggiava l’integrazione, attraverso leggi che confinavano i musicisti a seconda della loro appartenenza geografica e tribale: a Sophiatown, sobborgo di Joannesburg, si sviluppò tuttavia il centro artistico della cultura nera sudafricana, che attrasse gli artisti più curiosi delle nuove forme musicali, diventando in breve tempo un punto di incontro dello sviluppo della cultura musicale nera.
Gli abitanti di Sophiatown vennero in seguito sgomberati e l’intero quartiere raso al suolo, ma nessuno potè  cancellare quello che era nato tra quelle strade: la musica non ha barriere e non ha mai voluto averne.
I quattro volumi di “Next Stop Soweto” raccolgono vari momenti della storia musicale del Sudafrica e sono un viaggio sonoro a 360 gradi: quello appena uscito è il periodo 1975 – 1985 e mette insieme rock progressive, soul funk e disco. Quello precedente va dal 1963 al 1984 e analizza il jazz sudafricano, mentre il volume 2 (1969-1976) ha dentro brani R&B, soul e psichedelia. Fino al primo volume della serie, che raccoglie le radici di quello che è stato.
I brani di Next Stop Soweto hanno una grande forza: ascoltarli e perdersi dentro queste note mutevoli significa rivivere un piccolo miracolo dentro una storia paurosamente drammatica.