GRS WEEK 9-10 APRILE – IL RAPPORTO MONDIALE SULLA FELICITA’

Intro di Jeffrey Sachs
Sono le parole di Jeffrey Sachs economista e saggista statunitense e direttore dell’Earth Institute alla Columbia University che da tempo parla di economia sostenibile e di felicità dei paesi.
Chiedimi se sono felice non è soltanto il titolo di un film di successo. La risposta a questa domanda è la chiave di lettura che il rapporto mondiale sulla felicità 2016 ha utilizzato per interpretare e spiegare il livello mondiale di benessere di una nazione che ancora si misura tenendo conto del Pil.

Il rapporto, giunto alla quarta edizione, riunisce esperti mondiali nei campi dell’economia, della psicologia, della salute e della sicurezza pubblica, esperti di statistiche nazionali. In Italia solo due atenei, la LUMSA e Tor Vergata, hanno partecipato alla stesura del rapporto con l’obiettivo di promuovere l’utilizzo di diverse misure del benessere e della felicità nella valutazione del progresso delle Nazioni e classifica 156 paesi in base al loro livello di felicità.

Quest’anno, per la prima volta, il Rapporto sulla Felicità affida un ruolo speciale alla misurazione e le conseguenze della disuguaglianza nella distribuzione del benessere tra i paesi. Si evidenzia anche che la disuguaglianza di felicità è aumentata in modo significativo nella maggior parte dei paesi, in quasi tutte le regioni del mondo, e per la popolazione del mondo nel suo complesso.
Ascoltiamo la scheda di Elena Fiorani
Il Rapporto 2016 individua i primi 10 paesi nelle stesse posizioni dello scorso anno anche se l’ordine in classifica è cambiato nuovamente: la Danimarca riconquista il primo posto, seguita da Svizzera, Islanda e Norvegia. Seguono nella top 10 Finlandia, Canada, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Australia e Svezia. Gli Stati Uniti si classificano al tredicesimo posto, due posizioni più in alto rispetto allo scorso anno mentre l’Italia si aggiudica il 50 posto. Come nei rapporti precedenti, Il Rapporto Mondiale sulla Felicità 2016 esamina i trend dei dati registrando come le persone valutano la loro vita su una scala che va da 0 a 10. Le classifiche, basate su indagini in 156 Paesi nell’intervallo 2013-2015, rivelano un punteggio medio di 5,1 (su 10). Sette variabili fondamentali spiegano i tre quarti delle variazioni nei punteggi annuali medi nazionali: il PIL reale pro capite, l’aspettativa di vita in buona salute, l’avere qualcuno su cui contare, la libertà percepita nel fare scelte di vita, la libertà dalla corruzione e la generosità
Eppure l’Italia è stata la patria della felicità, perché mentre in Inghilterra l’economia nel ‘700 nasceva come “scienza della ricchezza”, in Italia a Napoli e in tutta la penisola la nuova scienza economica prendeva il nome di “scienza della pubblica felicità. Oggi l’Italia e l’Europa hanno un enorme bisogno di bene comune perché l’aumento delle diseguaglianze ci sta dicendo ormai da tempo che il bene dei singoli cittadini più ricchi può crescere a scapito dei più poveri. Ma come si valuta la felicità? Ai nostri microfoni Luigino Bruni docente della LUMSA:
SONORO BRUNI
Chi punta solo sul Pil rischia di avere brutte sorprese: le recenti elezioni irlandesi, in cui il governo è stato sonoramente sconfitto nonostante una crescita sulla carta del 7%, lo dimostrano chiaramente. Ma quali sono i fattori presi in considerazione? Ce lo dice Leonardo Becchetti docente di Tor Vergata
SONORO BECCHETTI
Ed è tutto da Pietro Briganò ed Elena Fiorani. Per notizie e approfondimenti www.giornaleradiosociale.it