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GRS WEEK – 9-10 gennaio 2016

I dati Istat di questi primi giorni dell’anno fanno gridare al miracolo occupazione da parte del governo: “crescono i posti di lavoro” dicono da Palazzo Chigi. Ma stanno veramente così le cose? Da una più attenta letture delle statistiche emerge un quadro diverso come spiega sul Manifesto Roberto Ciccarelli:  “Al decrescere della disoccupazione corrisponde la crescita del tasso di inattività: l’Italia è al 36,4% e nel 2015 è rimasto invariato tra i 15 e i 64enni. In un anno sono stati registrati 206 mila occupati in più. Nello stesso periodo ci sono stati 138mila lavoratori che non cercano più un’attività e sono scoraggiati. Un record tutto italiano per un mercato del lavoro drogato dagli incentivi, precario e senza garanzie”.

Siamo di fronte a un’economia stagnante, dove a un +30mila occupati tra gli under 24 corrisponde un +37mila di inattivi. “Tra i 25 e 49enni in un solo anno l’occupazione è crollata di 98 mila unità – scrive Ciccarelli – Tra i 25 e i 34 anni: si contano 139 mila disoccupati in meno, ma anche 140 mila inattivi. Il saldo è negativo”. A questi numeri si aggiungono quelli passati sotto traccia relativi ai pensionati: la loro presenza è determinante per salvare le famiglie dal rischio povertà.

Infatti il rischio di povertà tra le famiglie con pensionati e’ stimato essere più basso di quello delle altre famiglie (16% contro 22,1%), a indicare come, in molti casi, il reddito pensionistico possa mettere al riparo da situazioni di forte disagio economico. L’evidenza è confermata anche dalla grave deprivazione, anche se con differenze meno marcate: l’incidenza di tale condizione è stimata nella misura del 10%, contro il 12,5% delle famiglie senza pensionati.

Insomma, i nonni rappresentano un welfare fondamentale per milioni di famiglie che al loro interno vedono componenti disoccupate o inattive. Gli hashtag non bastano, la crisi non è finita: il Paese è fermo e cammino su un filo sottilissimo.