Storie di ordinario razzismo. Balotelli vittima dei “soliti scemi” a Coverciano ha chiamato in causa Firenze e Roma. Non è un problema di campanile, purtroppo: ha dimenticato Pomezia. Nel giorno in cui si è capito che nella mensa scolastica si va come al ristorante: il dolce solo ai bambini chi se lo possono permettere. Li chiamano amministratori, i sindaci. Noi lo chiamiamo razzismo, il razzismo.
Sia che si tratti di qualche scemo nascosto dietro un cespuglio a Coverciano, sia di un primo cittadino che ha scambiato la scuola per un resort cinque stelle. Chi se lo può permettere sauna, massaggio, ostriche. Gli altri niente.
Ieri abbiamo aperto con con una foto (che ci ha fatto un po’ discutere in redazione ma che abbiamo deciso di pubblicare) sull’emergenza povertà. La persona sulla panchina poteva permettersi altro? Forse no. Stiamo diventando un po’ tutti indifferenti al problema? Forse sì.
La scuola deve insegnare a stare al mondo, a tutti. Deve trasmettere i valori della convivenza e dell’integrazione. Tutto il contrario di discriminazione e razzismo. Mila Spicola, sulle pagine dell’Unità di oggi richiama le parole di don Milani: “non si divide in parti uguali una torta tra diseguali”. Questa frase ne richiama un’altra, di Norberto Bobbio, pietra angolare di ogni insegnamento di diritto: non c’è peggior diritto diseguale, del diritto uguale. Nella foto di oggi citiamo don Gallo, uno che conosceva bene i ragazzi, le periferie, la strada.
Se la politica abdica, prevale la forza del denaro. Se i sindaci abdicano al loro ruolo prevalgono gli amministratori.