Quello che non sappiamo sulla rivolta nelle carceri di 1 anno fa


 

Le rivolte in 49 carceri, con la morte di 13 detenuti e il ferimento di 40 agenti, avvenute dal 7 al 10 marzo del 2020, è un fatto senza precedenti nella storia della Repubblica Italiana.

Rivolte scoppiate a seguito delle restrizioni dei colloqui per limitare i contagi negli istituti penitenziari. Settimana scorsa, la Procura di Modena ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta su otto dei nove detenuti morti della casa circondariale Sant’Anna: il decesso sarebbe stato causato solo da overdose.

Sono effettivamente morti tutti di overdose? Inoltre, in che condizioni erano i quattro deceduti dopo o durante il trasferimento in un altro carcere la notte stessa della fine delle rivolte. Chi ha autorizzato il trasporto? “Abbiamo fiducia nella magistratura –  dice il Garante dei detenuti Mauro Palma -. Abbiamo deciso di seguire i procedimenti penali in corso sulle loro morti, nominando nostri avvocati e periti, anche per rassicurare la collettività, perché oltre alla magistratura c’è anche il Garante che vigila che non si arrivi a conclusioni affrettate”.

“Su questa strage senza precedenti è calata una cappa granitica di silenzio -ricorda Sergio Segio, referente del portale Diritti Globali e promotore dell’Appello per un comitato verità e giustizia -. Ma il drammatico numero dei morti e le voci di pestaggi di massa subito circolate avrebbero dovuto mobilitare l’attenzione dei media, delle associazioni e della politica”. Oggi alle 17.30, si tiene un evento on line per “ompere il silenzio”: è necessario sapere e fugare ogni dubbio su ciò che avvenne dietro i cancelli di quelle prigioni.

Giuseppe Manzo giornale radio sociale