Brutto tempo. La Commissione europea ha presentato una proposta di Legge sul clima, con l’obiettivo di eliminare le emissioni inquinanti entro il 2050. L’iniziativa prevede modifiche ai regolamenti europei sul tema ambientale e il coinvolgimento delle comunità locali. Critica l’attivista Greta Thunberg, che ha contestato i tempi previsti per il provvedimento.
L’unione Europea muove i primi passi verso un futuro ecosostenibile. La svolta verde annunciata dalla presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, nel suo discorso d’insediamento alla fine dello scorso novembre, viene ufficialmente messa per iscritto con la proposta di Legge sul clima presentata mercoledì 4 marzo a Bruxelles di fronte all’Europarlamento. Comincia a delinearsi il quadro del green deal europeo, piano di investimenti stimato intorno ai mille miliardi di euro per la transizione verde del continente, che la Commissione guidata dalla politica tedesca ha posto al centro del proprio mandato. E l’iniziativa legislativa fatta pervenire in questi giorni mira all’obiettivo centrale del piano: neutralità climatica entro il 2050. Per ottenere la totale eliminazione delle emissioni inquinanti la Legge ha in programma una riconversione ecologica di tutte le politiche europee. Inoltre sono previsti monitoraggi sui miglioramenti di ciascuna nazione e traguardi intermedi in modo da poter raggiungere uniformemente e gradualmente la meta finale.
In particolare sui vincoli che ogni Paese è tenuto a rispettare e sulla percentuale di emissioni inquinanti da ridurre sono sorte le principali critiche interne (tra gli Stati membri) ed esterne (movimento ambientalista) alla proposta. La giovane attivista svedese Greta Thunberg, che il giorno della presentazione della Legge sedeva accanto ad Ursula Von der Leyen, ha definito una resa l’obiettivo al 2050 esortando ad intervenire dal 2020. “Nessun piano, politica o impegno sarà neppure vicino a sufficienza finché continueremo a ignorare i limiti per la CO2 che dobbiamo rispettare oggi. Emissioni zero nette entro il 2050 equivale a dire resa. Non abbiamo solo bisogno di obiettivi per il 2030 o il 2050: ne abbiamo bisogno soprattutto per il 2020 e per ogni mese e anno a venire”. Messaggi di disappunto sono giunti anche dal nostro paese con Legambiente che attraverso un comunicato stampa ha sottolineato “la scarsa efficacia di una proposta che punta a ridurre al 2030 le emissioni di gas-serra del 55% rispetto ai livelli del 1990”. Un obiettivo intermedio che l’associazione definisce “poco ambizioso e non in linea con i parametri degli Accordo di Parigi che puntano a contenere il surriscaldamento del pianeta entro la soglia critica di 1,5°C”. La stessa associazione ha rilanciato una riduzione di “almeno il 65% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, in coerenza con le indicazioni dell’Emissions Gap Report delle Nazioni Unite”.
Ma gli interrogativi più corrosivi sembrano sorgere tra i decisori politici stessi. Infatti per garantire il rispetto del regolamento la Commissione potrebbe avvalersi dello strumento della “procedura d’infrazione” da aprire contro gli stati inadempienti. Una soluzione che però non convince una parte dei Paesi membri, soprattutto dell’est europeo, che reputano la soglia da rispettare troppo compromettente per i loro sistemi di produzione, dipendenti in larga parte da fonti inquinanti e non rinnovabili. Per la stessa ragione anche i Paesi più virtuosi hanno manifestato perplessità. Questi contestano la modalità per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni che saranno vincolanti per l’Unione nel complesso, non per i singoli stati. In questo modo potrebbe generarsi un cortocircuito nell’applicazione delle norme con il disallineamento di paesi come Polonia, Ungheria, Bulgaria e Romania che approfitterebbero degli sforzi altrui.
Il cammino dell’Europa per diventare il primo continente a neutralità climatica è appena partito. Purtroppo la meta finale è ancora tanto, troppo lontana.
di Pierluigi Lantieri