Caso scommesse: Mettiamoci in gioco punta il dito contro l’”enorme offerta di azzardo”


Guardare altrove

Il clamore mediatico intorno al nuovo caso scommesse nel calcio italiano, secondo la campagna Mettiamoci in gioco trascura un elemento fondamentale: l’enorme offerta di azzardo, cresciuta esponenzialmente negli ultimi 10 anni. I meccanismi che producono dipendenza sono presenti in tutte le piattaforme di gioco, legali e illegali.


Il comunicato

La vicenda Fagioli e degli altri calciatori che hanno fatto scommesse è accompagnata da un frastuono mediatico che rischia però di non cogliere il vero punto della questione. Per qualcuno si tratta di ragazzini viziati, il padre del calciatore chiama in causa i procuratori, che dovrebbero a suo avviso “mettere in guardia i giovani rispetto ai rischi a cui vanno incontro”, per altri sono invece proprio i genitori che dovrebbero educare meglio i figli. Poi c’è l’immancabile adagio secondo cui il sistema calcio sarebbe marcio, come se fosse una cellula avulsa dal resto della società. I pareri degli esperti, autorevoli psicologi e psichiatri, ci ricordano come il vuoto interiore, talvolta intriso di tinte depressive, sia generato dalle tante tensioni ed aspettative rivolte ad un calciatore e ci dicono come questo venga mitigato in uno spazio di fuga dalla realtà come il gioco d’azzardo.

Tutto vero, tuttavia, a nostro parere, il grande assente in tutte queste analisi che rischiano di guardare il dito e non la luna, è la roboante offerta d’azzardo esistente, sia sulle piattaforme illegali che su quelle legali, dove ci si ammala alla stessa maniera.

Negli ultimi dieci anni il comparto dell’azzardo legale online, completamente ristrutturato, ha avuto un’impennata di mercato senza eguali e le scommesse sportive sono più che raddoppiate. Nel solo 2021 nella fascia d’età 18/24 anni, sono stati aperti 1.360.000 conti di gioco, a cui vanno aggiunti, nella stessa fascia d’età, altri 1.816.000 conti di gioco già attivi. Questo mercato è la vera locomotiva in grado di legittimare, nella testa di un giovane, la possibilità di spingersi al largo nel mondo delle scommesse, compreso, ad un certo punto, il passaggio ai mercati illeciti. I meccanismi che producono compulsività sono presenti in tutte le piattaforme di gioco, legali e non. Sostenere il contrario sarebbe come dire che un pacchetto di sigarette comprato in tabaccheria nuoccia meno alla salute di un pacchetto di contrabbando.

La nostra preoccupazione dovrebbe superare i confini del campo da gioco e rivolgersi con altrettanta attenzione mediatica ai tanti giovani che giocano d’azzardo, portatori oggi di un problema di cui non sono nemmeno pienamente consapevoli, e che non faceva parte del corredo culturale giovanile fino a un decennio fa.

Come campagna Mettiamoci in gioco crediamo che occorra utilizzare gli inquietanti fatti di questi giorni per mettere in luce, di fronte ad una problematica in continua ascesa, la necessità di fare prevenzione. Principalmente nelle scuole, nelle fabbriche, dove spesso si incontrano quei tanti giovani “Fagioli” che non avevano lo stesso talento per diventare dei campioni, ma che hanno senz’altro respirato la stessa aria.

Occorre poi cominciare ad utilizzare le narrazioni e i linguaggi corretti: il gioco d’azzardo online, legale o illegale, non è un gioco come gli altri. In tanti casi può far sviluppare meccanismi di dipendenza, la cui sindrome non si chiama “ludopatia”, termine mediatico edulcorato, ma “disturbo da gioco d’azzardo”, come definisce il DSM 5 (il manuale diagnostico e statistico delle malattie mentali).

Ma soprattutto, riteniamo prioritario ridurre considerevolmente l’offerta di gioco d’azzardo legale, unico dispositivo di buon senso a salvaguardia della salute pubblica. E approvare, finalmente, una legge di riordino del settore, cresciuto vorticosamente in questi anni senza un’adeguata cornice legislativa.

Foto di lil artsy