Nuoto, il circuito a impatto zero ideato da Gregorio Paltrinieri


Dominate the water: è il circuito open di nuoto in acque libere ideato da Gregorio Paltrinieri che pone particolare attenzione nell’organizzazione delle manifestazioni a ecosostenibilità, valorizzazione dei territori e sicurezza. Con un decalogo di comportamenti da tenere in mare si punta a gare a impatto zero, per promuovere uno sport incredibile e a stretto contatto con la natura.

Dopo Rio 2016 hai iniziato a cimentarti nel nuoto in mare: questo quanto ha cambiato il tuo approccio con l’acqua e anche il tuo rapporto con l’ambiente?
Mi sono reso conto che nuotare in mare è molto più bello che nuotare in piscina. Ho iniziato a fare molte gare e a godermi la sensazione di libertà, a differenza della piscina che è racchiusa tra quattro mura. Per allenarmi ho passato tanti mesi all’anno in spiagge, anche all’estero, sono entrato in contatto con il mare: è un approccio davvero diverso, quasi non diventa più sport ma un’avventura.

Anche perché cambia ogni giorno …
Sì esatto. Sei tu che in qualche modo devi adattarti. Quando arrivo in piscina so cosa fare al 100% e faccio quasi in modo che la piscina si adatti a me. Invece col mare non è così, mi devo per forza adattare alla situazione. Soprattutto nelle gare occorre saper “leggere” la gara, l’ambiente in cui si è, le traiettorie, le correnti. In tutto questo processo mi sono avvicinato sempre di più al mare e ho iniziato ad amarlo. Da lì è nato un progetto, assieme ad uno amico, per organizzare gare e far conoscere questo sport che offre possibilità incredibili, dal nuotare all’aperto fino alla scoperta di spiagge e posti magnifici.

Da circa due anni c’è una nuova avventura, Dominate The Water, anche con questa iniziativa è possibile fare qualcosa di concreto per essere più green in gara, quando si è in acqua?
Ci sono diverse componenti alle quali fare attenzione. Per fare uno sport professionistico abbiamo bisogno di tante cose e quindi c’è il rischio di inquinare lo spazio d’acqua ma anche la spiaggia. Magari arrivano 500 persone sul lido e una volta finito tutto ci sono plastiche lasciate sulla sabbia. Quasi mi sento in colpa per aver rovinato un posto anche solo per due giorni perché poi non so come tornerà.
Un altro esempio è la 10km della gara olimpica che si compete in mare. Dobbiamo per forza fare rifornimenti. Parliamo di gel da mangiare o qualcosa da bere: sono rifornimenti volanti perché non si può aspettare 30 secondi per ridare la bottiglietta. Cerchiamo poi di tirarla verso il ponte dove sono gli allenatori ma non sempre finisce lì. In una maratona, dove le “bottigliette volanti” si buttano per strada, sono più semplici da recuperare; qui finiscono in acqua dove però ci sono le correnti. Quindi qualcuno, anche un sub, le va a raccogliere anche sul fondo. E poi le barche a motore: ci deve essere assistenza, un pronto intervento, perciò lungo tutto il corso della gara diverse imbarcazioni che controllano la zona. Da un certo punto di vista l’impatto ambientale è alto quindi noi vogliamo organizzare gare a impatto zero. O quasi a zero.

Avete una sorta di decalogo della buona prassi della gara?
Sì, perché si può fare! Non è fantascienza. Facendo rifornimenti in bicchieri di carta biodegradabile più facili da recuperare perché restano a galla. Oppure invece delle barche a motore si usano sup e kajak. È sostenibile e si può fare. Allo stesso tempo si partecipa a una competizione incredibile adatta sia a noi agonisti che gareggiamo alle Olimpiadi o ai mondiali che agli amatori, ai master, a tutte le persone che vogliono provare le gare in mare con un impatto meno dannoso per l’ambiente.

Anche il nuoto può “inquinare”? Sembra quasi che nessuno fino a oggi se ne sia accorto.
Forse perché si pensa che per nuotare basti un costume, una cuffia, un occhialino. Però quando una gara diventa importante va organizzata con accortezza. Come una maratona, che sporca una città, allo stesso modo noi facciamo delle maratone in acqua: sono stupende da vedere, è uno sport incredibile, sei veramente a contatto con la natura, semplicemente dovremmo cercare di non inquinare così tanto.

Ti è mai capitato di trovare rifiuti e plastiche durante le gare in acque aperte?
Sì … mi è capitato ed è davvero brutto, dispiace nuotare in una condizione di questo genere. C’è una gara storica italiana che è la CapriNapoli, io non l’ho disputata perché è una super maratona di 36 km a nuoto, al massimo ho fatto la 10 km. L’ho vista da una barca e osservare come cambia il mare con i rifiuti è veramente un peccato. Ma questo accade in molti posti, anche all’estero.

Come possono contribuire lo sport e i suoi campioni a diffondere messaggi di cambiamento nei gesti quotidiani per salvare l’ambiente?
Tanto. Noi siamo i protagonisti di ciò che facciamo, dobbiamo rispettare l’ambiente in cui troviamo. Intendo sia gli atleti che l’amatore che gareggia in mare e non si deve sentire autorizzato a fare quello che vuole. Se lo facciamo noi allora diamo l’input a tutti. Io vorrei dare il buon esempio perché sono fatto così, perché credo sia importante rispettare l’ambiente in cui ci troviamo, le persone … sento di doverlo fare. Magari chi mi guarda si ispira a me per tante ragioni: io rispetto l’ambiente e magati cominceranno a farlo anche gli altri.