Paralimpiadi, in onda stasera su Rai 1 il film su Antonio Maglio


A muso duro. Andrà in onda stasera su Rai 1 il film per la tv sulla storia di Antonio Maglio, medico, accademico e dirigente dell’INAIL, grazie al cui lavoro nacque la prima Paralimpiade, in tempi in cui le persone con disabilità erano tenute nascoste al mondo. Maglio, invece, riuscì a creare a Ostia, una struttura avanguardistica, che puntava al recupero fisico e psichico grazie allo sport.

Oggi milioni di persone in tutto il mondo seguono con passione le gare paralimpiche e si emozionano di fronte alle immagini degli atleti. E ciò lo dobbiamo in buona parte a Maglio. La sua lungimiranza, unita a impegno, passione e lungimiranza, ha fatto sì che la diversità motoria non fosse più sinonimo di confinamento nello sport e nella vita di tutti i giorni.

A muso duro, il film tv che Rai 1 propone lunedì 16 maggio, racconta l’edificante storia di Antonio Maglio. Partendo dall’idea che lo sport possa essere un potente ed essenziale strumento riabilitativo, alla fine degli ‘50 il professor Maglio crea una struttura all’avanguardia apprezzata a livello nazionale e internazionale, che si distingue per la capacità di recupero fisico e psichico dei paraplegici. Cambiando completamente il metodo di cura ridà loro una motivazione per vivere nonostante la malattia.

Il passo successivo è nel 1960, quando il medico dirigente dell’INAIL riesce a far disputare a Roma la prima Paralimpiade del mondo, sfruttando gli impianti sportivi costruiti per le Olimpiadi appena concluse. Con pochi mezzi e superando difficoltà di ogni genere, immagina, concepisce e organizza un Torneo Internazionale ribaltando il concetto di disabilità. Fa’ uscire dall’ombra e pone per la prima volta al centro di una grande manifestazione sportiva persone con handicap fisici.

A quell’evento parteciparono quattrocento atleti provenienti da ventitré nazioni e cinquemila persone seguirono con passione le gare: tiro con l’arco, giavellotto, pallacanestro, nuoto, scherma. Per la prima volta degli “invalidi” uscirono dai luoghi dove prima vivevano confinati. Si mostrarono al mondo come uomini e donne, integri e orgogliosi dei risultati raggiunti. E per la prima volta il mondo li guardò come tali.

A muso duro racconta, quindi, la nascita di un progetto che molti considerarono folle. Folle perché negli anni ’50 essere vittima di una grave menomazione significava perdere lavoro e ruolo sociale. Perdere non di rado anche gli affetti per venire relegati in un limbo vuoto, essere peso e vergogna per le famiglie, oggetto di pietà o di scherno.

Una giovane donna affianca Maglio nella scelta che si rivelerà decisiva per lui e per un infinito numero di persone colpite da invalidità negli anni a venire. Si chiama Maria Stella e il loro rapporto è destinato a mutarsi in amore.

Ma A muso duro è anche la storia dei ragazzi che a Villa Marina, il centro riabilitativo davanti al mare di Ostia, trovarono in Maglio molto più di un medico illuminato. Trovarono in lui un padre. Molti di quei suoi ragazzi si sposarono. Qualcuno ebbe figli o li adottò. Si aprirono a una vita piena proprio quando una vita pensavano di non poterla più avere.

Con una sceneggiatura firmata da Grazia Giardiello, Roberto Jannone e Marco Pontecorvo (a partire da un soggetto di Paolo Bianchini, Stefano Busa e Valeria Doddi), il film tv di Rai 1 A muso duro ha in Flavio Insinna il suo protagonista. Tocca al conduttore di L’eredità e attore calarsi con credibilità nei panni di Maglio.

“Maglio era un genio. Compra un piccolo peschereccio, progetta una carrucola per calare in mare i ragazzi e fargli fare il bagno. Diceva: “Dove sta scritto che un disabile non può sentire l’acqua del mare sulla pelle?”. Ha fatto tutto a livello altissimo, fino alle Paralimpiadi, ispirato dal dottor Guttmann che organizzava gare per i militari invalidi dopo la guerra. Una volta il disabile veniva lasciato al cronicario ingessato, con le piaghe. Maglio taglia i gessi, restituisce la dignità a chi pensava che la vita fosse finita. È stato emozionante interpretarlo anche se quando Marco mi ha chiamato mi sono nascosto dietro l’impegno dell’Eredità. Mi sarebbe piaciuto fare il medico”, ha raccontato in una recente intervista.

“Con Flavio ci siamo trovati davanti un personaggio complesso. Di grande umanità ma ruvida, cosciente della sua competenza, diretto, chiuso sentimentalmente, capace di vedere “oltre” e di grandi slanci”, ha dichiarato il regista Marco Pontecorvo. “Flavio conosceva bene quel mondo perché suo padre era medico. Collaborava con l’Istituto Santa Lucia per il recupero e il reinserimento dei disabili attraverso lo sport. Da piccolo aveva anche accompagnato la nazionale paralimpica ai Giochi che ebbero luogo in Canada”.

“Quindi Flavio aveva già quell’attenzione e sensibilità in comune con il nostro personaggio per cui bisognava andare a ricercare gli altri lati e le sfumature della personalità del nostro dottor Maglio”, ha proseguito Pontecorvo. “È stato un bel percorso per entrambi, Flavio ha anche dovuto forzarsi per raggiungere le caratteristiche più lontane dalla sua umanità. Ma credo che siamo riusciti a portare in scena quello che era lo spirito del protagonista di questa storia straordinaria”.

Al fianco di Insinna nei ruoli principali recitano attori del calibro di Paola Minaccioni (è Tiziana) e Claudia Vismara (è Stella). “Claudia aveva l’anima giusta per interpretare Stella. Combattiva, idealista ma anche dolce, con un viso e un portamento che erano giusti per quegli anni. Paola aveva l’ironia e la profondità per interpretare Tiziana, esperta caposala capace di confrontarsi con i pazienti. Ma anche di affrontare nei momenti difficili e di contrasto, il nostro Maglio”, ha spiegato il regista.

Sono tantissimi i volti noti che fanno parte del cast, a cominciare dal giovane Francesco Gheghi (visto in Il filo invisibile) fino ai più consolidati Massimo Wertmüller e Luca Angeletti). Ma sono anche tanti i ragazzi disabili che hanno ricoperto piccoli ruoli in A muso duro, film tv in onda su Rai 1 il 16 maggio.

“Il cast di ragazzi con la loro energia ci ha fatto divertire sul set. Ha portato un’aria leggera in una storia che apparentemente potrebbe sembrare di tinte più drammatiche. Ognuno di loro ha dato tanto e ci siamo divertiti a costruire personaggi tutti diversi tra di loro. È stato incredibile come siano riusciti a imparare le varie discipline e a far loro la gestualità dei disabili. Questo grazie anche alla collaborazione che abbiamo avuto con il Santa Lucia e con le varie federazioni paralimpiche”, ha sottolineato Pontecorvo.

I piccoli ruoli sono stati tutti ricoperti da ragazzi disabili, esperti nelle varie discipline sportive. Lo scambio e l’amicizia nati con il nostro gruppo di attori è stato importantissimo per il realismo della messa in scena. Era diventato un vero gruppo e ognuno dava consigli all’altro sia sul lato recitativo che sull’esperienza sportiva o vissuta. Massimo Wertmüller è una sorta di padre putativo del nostro protagonista. Devo dire che lo ha fatto portando con sé una sua ironia e leggerezza che aiutano la storia. Purtroppo, non posso citare tutti, ma devo dire che sono rimasto veramente contento di tutte le interpretazioni”.