Pericoloso ritorno


penadimorteC’è preoccupazione per le dichiarazioni del nuovo presidente delle Filippine Rodrigo Duterte che ha promesso la reintroduzione della pena di morte. Secondo Amnesty è necessario contrastare le violazioni dei diritti umani anziché aggravarle; presa di posizione anche da parte dei vescovi che chiedono una riforma delle carceri e dell’intero sistema della giustizia.

 

Nel corso della campagna elettorale Duterte ha fatto una serie di dichiarazioni che, se venissero tradotte in atti concreti, contravverrebbero agli obblighi internazionali assunti dalle Filippine: ad esempio, l’impegno a ridurre i tassi di criminalità attraverso l’esecuzione extragiudiziale di presunti malviventi. Nel novembre 2015 Amnesty International aveva pubblicato un agenda in cinque punti sui diritti umani, chiedendo a tutti i candidati di sottoscriverla e impegnarsi a realizzarla. Questi erano i cinque punti: porre fine alle esecuzioni extragiudiziali, agli arresti arbitrari, alla detenzione segreta e alla tortura; porre sotto controllo l’operato della polizia, dell’esercito e di gruppi che agiscono per conto dello stato; revocare l’ordine esecutivo 546 che autorizza la polizia ad appoggiare l’esercito nelle operazioni contro-insurrezionali, anche attraverso il ricorso a milizie e gruppi paramilitari; assicurare il ritorno volontario e incolume degli sfollati e inserire la protezione dei diritti umani all’interno dei negoziati di pace; rendere i diritti umani una priorità nell’azione degli organi di governo; ratificare i principali trattati sui diritti umani. Duterte è stato l’unico candidato a non aver risposto ad Amnesty International.