Sport per la cura: consegnati quattro nuovi tandem all’associazione sarda Domu Mia


Pedala e vai!

Quattro nuovi tandem sono stati consegnati all’associazione sarda Domu Mia nell’ambito del progetto promosso da Cycling Pangea con l’obiettivo di proporre un percorso di riabilitazione in ambiente, uscendo dallo spazio di cura tradizionale. Il tandem, infatti, obbliga a mediare con l’altro per raggiungere insieme l’obiettivo prefissato.

Si tratta di quattro mezzi acquistati grazie al finanziamento concesso dalla Fondazione Vismara, che ha riconosciuto nel progetto “Pedala e vai!” indiscutibili meriti e peculiarità sociali. «Grazie all’aiuto della Fondazione Vismara possiamo far partire un’iniziativa che, dal nostro paese, vogliamo esportare in altri territori della Sardegna», commenta raggiante il presidente dell’Aps, Ninni Santus.

Nello scorso week end i tandem sono stati testati al cospetto dei TanDemoni, il nome che si sono attribuiti gli artefici del progetto lanciato un paio di anni fa da Cycling Pangea in collaborazione con i Centri di salute mentale – Csm, i Servizi per le dipendenze – Serd, l’Ufficio esecuzioni penali del Veneto (Uepe), la Uisp e la Società italiana di montagna-terapia.

Con Roberta Sabbion, psichiatra e direttrice del Dipartimento dipendenze della Ulss 8 di Vicenza, cerchiamo di capire l’impatto di questo progetto. È appena rientrata in Veneto, lei che è originaria di Padova, dopo l’esperienza maturata all’Asfo di Pordenone. E continua l’esperienza con i tandem. Ecco come è nata l’idea. «Il primo passo è stato quello della riabilitazione in ambiente, cioè la possibilità di uscire da uno spazio di cura (all’interno del quale le persone vanno per curare una parte malata) per entrare in un contesto di salute, dove ogni singola persona deve mettere in gioco la sua parte sana. È il presupposto della montagna-terapia».

«Lo strumento “camminare” può andare bene in alcuni contesti. Ma ci sono alcune disabilità che non consentono sempre un libero cammino», spiega la dottoressa Sabbion. «La prima esperienza specifica fatta da una coppia (Alessandro Da Lio e il cognato Lucio Morosin avevano percorso in tandem 20mila km dal Canada alla Terra del Fuoco, ndr), è stata eccezionale: ci ha permesso di capire che non ci sono limitazioni fisiche o psichiche per poter osare molto. Lo strumento tandem permette di raggiungere obiettivi terapeutico-riabilitativi diversi da altro. Per esempio, il tandem ti obbliga a un rapporto a due di compromesso, che è una delle cose più difficili della vita. Ti obbliga a mediare con l’altro per raggiungere insieme l’obiettivo prefissato e ti mette nella condizione di aumentare, dal punto di vista sensitivo, la conoscenza dell’altro».