Sport e omotransfobia: la lezione inglese e il silenzio italiano


Tutti i colori dello sport. Lo scorso weekend in Inghilterra calciatori, giocatori di rugby e sportivi di ogni tipo sono scesi in campo con lacci arcobaleno a sostegno dell’annuale campagna Rainbow Laces, che da anni lavora per dire basta all’omotransfobia nello sport inglese. In Italia, invece, tutto tace, anche davanti ai messaggi di odio che ogni domenica riecheggiano dagli spalti.

L’allenatore del Liverpool Jurgen Klopp ne ha parlato pubblicamente: “Ho 54 anni, ho passato molti periodi bui nella mia vita ma molti problemi non li ho mai vissuti”. “Ho così tanti amici gay ma non ho mai pensato a cosa abbiano dovuto passare quando hanno dovuto dire, ‘a proposito, mamma, papà’ – e a tutti gli altri – ‘Non sono esattamente come ti aspettavi, forse’. “Questa è una sfida che nessuno dovrebbe affrontare“.

Jordan Henderson, centrocampista nonché capitano del Liverpool, ha sottolineato come anche solo parlare di simili argomenti abbia avuto un impatto “nell’aumentare la mia consapevolezza sull’argomento. Ogni stagione quando arriva questa campagna mi fa fermare e pensare a quanto il calcio in particolare abbia bisogno di crescere, prima che il gioco possa considerarsi adeguatamente inclusivo”. “Prima di essere un calciatore, sono un genitore, un marito, un figlio, un fratello e un amico per le persone della mia vita che contano così tanto per me. L’idea che qualcuno di loro si senta escluso dal giocare o assistere a una partita di calcio, semplicemente per essere chi è, mi fa impazzire“. Henderson era già stato elogiato per aver indossato i lacci arcobaleno nel match vinto dall’Inghilterra per 4-0 sull’Ucraina, durante Euro 2020.

Da quando la campagna Rainbow Laces è stata lanciata, nel 2013, è stata adottata da tutti gli sport professionistici, dal basket femminile al rugby in sedia a rotelle, incoraggiando le squadre sportive a mostrare il loro sostegno all’uguaglianza LGBT+ e a rendere lo sport più inclusivo. La campagna di Stonewall è iniziata giovedì 25 novembre e andrà avanti fino al 12 dicembre, incoraggiando gli atleti a supportare le questioni LGBT+.

Stonewall ha dichiarato: “I nostri iconici lacci arcobaleno sono diventati un simbolo di inclusione nello sport e nel fitness. Più di un milione di voi ha già indossato i lacci a sostegno dell’inclusione LGBT+“. Anche la squadra inglese di rugby si è espressa a sostegno della campagna. “Tutti sono i benvenuti nel nostro sport“, ha twittato l’account ufficiale della federazione. “Orgogliosi di supportare la campagna dei lacci arcobaleno“. Persino i fantini hanno indossato giacche rainbow e caschi con i colori della bandiera transgender.

E in Italia, invece, tutto tace. Se l’esempio del Regno Unito esiste da quasi 10 anni, nel Bel Paese Coni e Lega Calcio non hanno fatto nulla di concreto per sensibilizzare l’opinione pubblica, i giocatori e i propri tifosi su simili tematiche, nascondendo la testa sotto la sabbia dinanzi ad un’omotransfobia che ogni domenica, stadio dopo stadio, riecheggia tra gli spalti.

Nel 2015 un’iniziativa simile a quella inglese venne ideata da Paddy Power, ArciLesbica e Arcigay, con il romanista Radja Nainggolan testimonial. Ma fu un’eccezione, un episodio singolo che lo stesso Coni, organismo di governo dello sport in Italia, avrebbe dovuto far sua, ampliandola a tutti gli sport praticati. Errare è umano, perseverare sarebbe diabolico. Fare qualcosa ora, per vivere meglio lo sport domani, è la strada che Giovanni Malagò, Paolo Dal Pino e Gabriele Gravina dovrebbero intraprendere.