Sport alla pari: la proposta di legge per l’uguaglianza di genere


Riscriviamo le regole. Depositata in Regione Lazio una proposta di legge sulle pari opportunità nella pratica sportiva, con cui fornire strumenti concreti per promuovere la partecipazione alla pari delle donne di ogni età al mondo dello sport, a livello amatoriale, agonistico e professionale. Il testo prevede anche l’adozione di una Carta dei diritti delle donne nello sport.

La prima firmataria è consigliera regionale del Pd Eleonora Mattia, presidente della IX Commissione alla Pisana, a giudizio della quale “le pari opportunità non possono essere solo principi, ma devono calarsi nella vita quotidiana con azioni concrete. E quello dello sport è un mondo che milioni di donne e uomini di tutte le età attraversano ogni giorno – circa il 10% degli italiani sopra i 3 anni è tesserato alle Fsn (Federazioni Sportive Nazionali) e alle Dsa (Discipline Sportive Associate) del Coni – e che, nonostante i grandi passi in avanti fatti negli ultimi decenni, continua a registrare evidenti disparità di trattamento, non solo economico”. Per questo è necessario scendere in campo con azioni concrete perché casi come quello di Lara Lugli e di Aurora Leone non si ripetano.

“Lo sport in molti casi è una vera e propria industria e uno spettacolo, ma l’intento di questa proposta di legge è quello di riscoprire nella pratica e nella cultura sportiva uno strumento di attuazione dell’uguaglianza di genere e di una nuova alleanza tra uomini e donne – precisa Mattia – Vogliamo intraprendere questo percorso insieme alle federazioni e alle associazioni per rimettere al centro la disciplina e i valori che lo sport trasmette come strumento educativo, oltre che nelle singole discipline atletiche, e come pratica collettiva, di autodeterminazione, di cura della comunità, di contrasto alla marginalità e alle discriminazioni tutte, a partire da quelle di genere”.

“Nonostante lo slittamento al 31 dicembre 2022, il Fondo per il professionismo negli sport femminili – con una dotazione complessiva di 10,7 milioni di euro – rappresenta un buon segnale. Le federazioni che vorranno accedere ai finanziamenti dovranno deliberare il passaggio al professionismo sportivo dei campionati femminili e di conseguenza potranno accedere a risorse per riorganizzare e migliorare le infrastrutture, ma anche per la formazione delle atlete e dei tecnici e la promozione del settore. Chiaramente – osserva la consigliera regionale – questo è un passaggio fondamentale, ma che arriva in grandissimo ritardo e senza una riforma complessiva del sistema sportivo nazionale”. Inquadrate come dilettanti, infatti, “le atlete tuttora sono costrette – prosegue – ad accettare contratti dove non c’è traccia di garanzie assicurative e contributive e la maternità – come dimostra il caso di Laura Lugli – diventa un rischio. Questo è inaccettabile ed è necessario monitorare soprattutto lo sport amatoriale e dilettantistico perché sono i settori dove si verificano la maggior parte degli episodi discriminatori e, inoltre, dove si formano i giovani sportivi e le giovani sportive del domani”.

Il testo della proposta di legge regionale prevede l’adozione di una Carta dei diritti delle donne nello sport “che sarà uno strumento cardine in cui stabilire i principi generali di azioni e tracciare un percorso. E poi – elenca Mattia – il piano degli interventi che partono dalla scuola con l’educazione sportiva per arrivare gli incentivi alla pratica sportiva fino alla terza età, il contrasto agli abusi, alle rappresentazioni discriminatorie e alle disuguaglianze di genere di ogni tipo. Abbiamo previsto un importante focus sulla formazione professionale e il relativo sviluppo occupazionale delle donne nel settore e, in particolare, il riconoscimento di premialità a favore delle organizzazioni sportive che dimostrino di aver adottato misure per il reinserimento professionale delle atlete a fine carriera, clausole non discriminatorie nei rispettivi statuti e regolamenti, atti di conferimento di incarichi dirigenziali o cariche apicali a donne o che attuino buone pratiche, rispettose dei diritti delle donne previsti dalla Carta”.